Capitolo 4

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OGGI

Sanem era ancora nella camera di Efe, con lo sguardo perso nel vuoto, quando arrivò Ayan.

Si conoscevano sin da bambine. Entrambe figlie uniche, erano cresciute come sorelle, l'una accanto all'altra, sempre pronte ad aiutarsi e sostenersi a vicenda. Sanem le era stata vicina alla morte dei genitori e Ayan aveva condiviso con lei la gravidanza, accompagnandola a tutti i controlli, tanto che le piaceva dire che, in un certo senso Efe era anche figlio suo.

Quella casa, in una zona tranquilla alla periferia d'Istanbul, era sua e l'aveva affittata per una cifra simbolica a Sanem, che con la nascita del bambino voleva avere un posto tutto suo, mentre lei si era trasferita in un piccolo appartamento in centro, più comodo, perché vicino al luogo in cui lavorava.

Dopo il rifiuto di Can e la sua partenza era stato grazie ad Ayan e al suo affetto che Sanem aveva riacquistato la serenità ed era riuscita ad andare avanti, costruendosi, con fatica e sacrifici, una vita che, se proprio non la rendeva felice, almeno l'appagava.

"Saneeem..."la chiamò a gran voce.

"Sono qui."

"Ehi, che ti succede? Sei pallida come se avessi visto un fantasma!"

"Beh, in un certo senso è così, Ayan."

L'amica le rivolse uno sguardo interrogativo e Sanem spiegò: "Can è appena stato qui!"

"Come è stato qui?"

"Sì, è venuto a conoscere suo figlio!"

"Spero che tu lo abbia rispedito al mittente..."

"Ayan, è suo figlio! Ha tutto il diritto di vederlo..."

"Non dopo come ti ha trattato e soprattutto non dopo tutto questo tempo durante il quale non si è fatto sentire neppure una volta!"

Sanem la guardò e un sorriso amaro le increspò le labbra: "Lo so, hai ragione ma mi ha colto alla sprovvista e inoltre ha detto di aver dato incarico a Metin di procedere con la pratica di riconoscimento...e se me lo volesse portare via?"aggiunse spaventata.

"Non dire sciocchezze, nessun giudice gli affiderebbe Efe dopo che lo ha abbandonato per quasi due anni...e poi non ce lo vedo proprio a fare il padre 24 ore al giorno!"

"Invece ti sbagli...è stato di una dolcezza disarmante ed Efe si è comportato come se lo conoscesse da sempre, quasi sapesse che è suo padre! E' cambiato sai..."

"In che senso?"

"Fisicamente, intendo. E' dimagrito e ha lasciato crescere i capelli, che ora porta raccolti in una specie di codino, e la barba...e anche la sua espressione non è più la stessa. Ora sembra più posato, più riflessivo, come se in lui ci fosse una consapevolezza nuova..."

"Sanem, tesoro, ti prego non ricascarci di nuovo. Ricordati quanto ti ha ferito e tutto quello che hai sofferto a causa sua."

"Stai tranquilla Ayan, tutto quello che provavo per lui è morto e sepolto. La mia era una semplice considerazione...Tu, piuttosto, cosa ti porta qui?"

"Avevo voglia di vedere il mio figlioccio e la mia migliore amica/quasi sorella e visto che è una bellissima giornata pensavo che potremmo passarla fuori, che ne dici?"

"Dico che è una splendida idea. Inoltre mi farà bene uscire e rilassarmi un po' dopo quello che è accaduto...dammi solo mezz'ora e io ed Efe saremo pronti!"

Dall'altra parte della città, intanto, Can ripensava all'incontro avuto quella mattina con Sanem. Era stato facile, più di quanto si fosse aspettato, ma non si illudeva che sarebbe stato sempre così. Quel giorno l'aveva colta di sorpresa, impreparata, ma ora? Come si sarebbe comportata con lui? Sarebbe stata sempre così tollerante, addirittura comprensiva? Ne dubitava.

Quando aveva aperto la porta chiedendo chi fosse e cosa desiderasse, il suo cuore aveva perso un battito. Allah era molto più bella di quanto ricordasse e lui aveva dovuto fare uno sforzo enorme per evitare che i suoi occhi percorressero desiderosi la sua intera figura. L'aveva seguita, trattenendo il respiro, fino alla camera di Efe e lì, alla vista di suo figlio, aveva temuto di crollare. Il piccolo era bellissimo e, guardandolo negli occhi, si era rivisto bambino lui stesso. Quegli occhi sembrava lo avessero riconosciuto e lo chiamavano, come se una forza ancestrale li guidasse l'uno verso l'altro.

Prenderlo tra le sue braccia e stringerlo al petto era stato un gesto naturale, forse la sola cosa giusta che avesse fatto negli ultimi due anni. Non avrebbe mai creduto di poter provare tanto amore e tanto dolore in un solo istante. Amore perché era innegabile che quella creatura fosse parte di lui e dolore per avervi dubitato e per non esserci stato al momento della sua nascita, del suo primo vagito, quando, invece, il suo posto avrebbe dovuto essere lì accanto a lui e a Sanem.

Amareggiato scosse tristemente la testa: come aveva fatto a essere così stupido? Davvero aveva creduto che Sanem lo avesse tradito? No, in realtà sapeva che era impossibile, ma quello era stato il modo più semplice per scappare, per giustificare un comportamento codardo e vigliacco, che gli aveva fatto perdere il rispetto per se stesso.

Ogni giorno, durante la sua permanenza in Congo, aveva cercato di espiare la sua colpa, rischiando la vita più del necessario, quasi a voler sfidare la volontà di Allah, ma Lui, o il destino, lo avevano risparmiato, riportandolo a casa, dove avrebbe fatto di tutto per cercare di porre rimedio al male fatto. Forse per Sanem sarebbe stato tardi, ma per suo figlio avrebbe smosso mari e monti, fosse anche l'ultima cosa che faceva!

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