Capitolo 27

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OGGI

"Sono felice che tu ti trasferisca da Can, ma mi mancherai, anzi mi mancherete sia tu che Efe", disse Ayan mentre Sanem era intenta a mettere le sue cose in una valigia.

"Potrai comunque venire a trovarci ogni volta che vorrai", cercò di consolarla Sanem.

"Lo so, ma non sarà la stessa cosa... Piuttosto come hanno preso la notizia i tuoi genitori?"

Sanem si fermò e un'ombra di tristezza attraversò i suoi occhi.

"Mio padre ha rispettato la mia decisione, anche se non ha fatto certo i salti di gioia... Mia madre si rifiuta di parlarmi...la conosci, sai com'è fatta. Spero solo, che con il tempo accetti la situazione."

"Ne sono sicura! L'amore che provate tu e Can le farà cambiare idea... Piuttosto lui cosa ha detto riguardo all'impossibilità di avere altri figli?"

Di nuovo Sanem si fermò e affranta si lasciò cadere sul letto a fianco dell'amica.

"Non gli ho ancora parlato..."

"Come non gli hai ancora parlato?! E cosa aspetti?"

"Ho paura Ayan... Inoltre i medici non hanno escluso una futura gravidanza, ma hanno detto solo che potrebbe essere rischiosa..."

"Tanto rischiosa da rimetterci la vita!... Sanem tu glielo devi dire, lui ha il diritto/dovere di saperlo. E non credo proprio che questo possa cambiare le cose tra di voi o quello che lui prova per te. In fondo la gioia di diventare padre, tu, gliel'hai data, se lui non l'ha goduta fino in fondo deve incolpare solo se stesso."

Sanem sapeva che Ayan aveva ragione, ma quando guardava Can giocare con Efe, prenderlo in braccio, aiutarlo a mangiare, quando leggeva sul suo viso quell'espressione di pura gioia, quasi di estasi, si diceva che non poteva fargli un torto simile, non poteva negargli la possibilità di diventare nuovamente padre, se lo avesse voluto.

Sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare la questione, ma segretamente sperava in un miracolo, in un qualcosa che risolvesse, come per magia, quell'angusto problema senza che fosse necessaria una confessione da parte sua. In questo caso lei non avrebbe mentito e lui non avrebbe sofferto.

Trasferirsi da Can non fu comunque indolore.

Il piccolo Efe, per quanto si fosse affezionato al papà, non conosceva la casa e la sua nuova cameretta e spesso faceva fatica ad addormentarsi, o si svegliava nel cuore delle notte piangendo e chiamando la mamma. Sanem, allora, si alzava, correva da lui e lo cullava tra le braccia finché non riprendeva sonno, ma, talvolta questo richiedeva ore e capitava che si facesse giorno.

Can, pensò di risolvere il problema portando il bambino a dormire con loro e funzionò, salvo dover rinunciare all'intimità appena ritrovata e alla possibilità di stringere Sanem tra le braccia, perché quel posto venne definitivamente occupato dal piccolo.

"Te l'avevo detto che era una pessima idea", lo rimproverò scherzosamente Sanem una mattina "ma tu non hai voluto darmi retta..."

Lui si limitò a guardarla in cagnesco senza replicare, ma quella sera trovò un compromesso che sembrò accontentare tutti: trasferì il lettino di Efe nella loro camera.

"In questo modo potrò dedicarmi silenziosamente a te, che ne dici?" la provocò, sorridendo dell'imbarazzo che le aveva imporporato le guance.

La convivenza, costrinse Can e Sanem a confrontarsi anche sulle piccole cose, quelle che compongono la nostra quotidianità: riordinare la casa, cucinare, fare la spesa e tutte le altre incombenze più o meno sgradite che possono capitare.

Quando si vive da soli non bisogna rendere conto a nessuno, se non a noi stessi ed è più facile "glissare" certe responsabilità o rimandarle, ma quando si divide la propria vita con altri, certe "libertà" non possiamo prendercele.

Così Can imparò a non lasciare i piatti sporchi nel lavello, ad indossare SEMPRE le pantofole per entrare in casa e Sanem a riporre nell'armadio i propri abiti, anziché abbandonarli sul letto e a tenere nella dispensa un'abbondante scorta di tè.

"Allora com'è vivere insieme a me?" chiese una sera Can mentre cenavano.

Sanem posò la forchetta e lo guardò, fingendosi pensierosa.

"Non male", rispose riprendendo a mangiare.

"Non male?! Tutto qua?"chiese nuovamente Can, leggermente offeso.

"Cosa vuoi sentirti dire? Che è meraviglioso svegliarmi ogni mattina accanto a te? Che non vedo l'ora che tu rientri dal lavoro? Che adoro le serate trascorse accoccolati sul divano? Che è tutto perfetto?"

"Beh, per esempio..."

"Mi dispiace Can, ma non è così", rispose seria Sanem per poi aprirsi in un ampio sorriso e aggiungere: "perché è più che perfetto... Dopo anni posso affermare con assoluta certezza che sono felice e questo lo devo a te!"

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