Capitolo 2

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OGGI

"Sono venuto a conoscere mio figlio!" Sanem era rimasta immobile, sulla soglia, cercando di dare un senso a quello che aveva appena sentito.

Aveva sperato e atteso per mesi quel momento e, adesso, che era arrivato, non sapeva cosa fare.

Non riusciva ad articolare parola o a muovere un solo passo. Sentiva che le lacrime le stavano offuscando la vista. Con uno sforzo le ricacciò indietro. Quelle non erano lacrime di gioia, ma di rabbia, delusione, dolore. Come poteva presentarsi così, dopo tutto quel tempo, come se nulla fosse? Come se fosse, addirittura, la cosa più naturale del mondo?

"Sta ancora dormendo, mi dispiace", disse, cercando di sembrare convincente.

"Ora non più", obiettò Can, che aveva sentito il bambino svegliarsi e chiamare Sanem.

Lei lo guardò indecisa, ma il richiamo insistente di Efe la costrinse a cedere.

"Va bene", acconsentì "vieni."

Can la seguì all'interno della casa, nella camera del piccolo. Lui era lì, in pedi, aggrappato alla sponda del lettino che si guardava attorno con gli occhi spalancati.

Quando vide la mamma, un sorriso sdentato gli illuminò il faccino e protese le braccia per essere preso da lei.

"Buongiorno topolino, ben svegliato!" disse Sanem prendendolo in braccio e baciandolo dolcemente. Il bimbo, allora, si accorse della presenza di Can e, pur essendo la prima volta che lo vedeva non ne ebbe paura, al contrario, fece capire che voleva andare da lui.

Sanem ne fu meravigliata, ma assecondò la sua richiesta e lo affidò a Can, che, senza esitare, lo strinse al petto. Efe alzò le sue manine ad accarezzargli la barba che, poi, prese a tirare facendo sorridere Can. Poi furono le collane ad attirare la sua attenzione. Le osservò curioso, ne afferrò una e se la portò alla bocca, in quel modo, tipico che hanno tutti i bambini, di conoscere ed esplorare il mondo attraverso quell'organo tattile che permette loro d'imparare le forme, la consistenza degli oggetti e il loro sapore.

Sanem osservò commossa la scena, dimenticandosi, per un attimo, tutto il rancore che nutriva nel cuore.

"Se te la senti puoi tenerlo mentre io vado di là a preparargli il biberon", disse.

"Certo non c'è problema", rispose Can, che, poi, rivolto a Efe proseguì: "che ne dici, ometto, se io e te ci conosciamo un po' intanto che la mamma ti prepara la colazione?"

Il piccolo sembrò essere d'accordo, perché rimase tranquillo mentre Sanem si allontanava.

Quando riapparve, qualche istante dopo, con il biberon tra le mani chiese: "Vuoi provare a darglielo tu?"

"Ne sarei felice..."

Sembrava che per Can compiere quei gesti fosse la quotidianità e Sanem ne rimase fortemente colpita, ma, poi, la rabbia si riaffacciò in lei e dovette uscire per non scoppiare a piangere. Non voleva farsi vedere così emotiva e vulnerabile, non da lui.

Can, però, se ne accorse e, dopo aver rimesso il bimbo nel suo letto, la raggiunse.

"Cosa c'è che non va?" le chiese.

Lei fece un profondo respiro e, cercando di controllare il tremito della voce, disse: "Con quale coraggio ti presenti qui dopo tre anni durante i quali non una volta, una sola volta ti sei mai fatto sentire? Cosa vuoi?"

Can la guardò sapendo benissimo che aveva ragione, ma lei non conosceva tutta la verità, anche se quella verità non lo avrebbe comunque assolto completamente.

"Voglio solo conoscere mio figlio, te l'ho detto!"

"E ti ci sono voluti quasi tre anni per prendere questa decisione? E poi sei proprio sicuro che sia TUO figlio Can?" lo provocò.

"Sanem ti prego non fare così..."

"Così come?" gridò "Non sei forse stato tu quello che ha avuto dei dubbi quando ti dissi che ero rimasta incinta? Credi che io abbia dimenticato quello che mia hai detto, Can? Sono bastate due parole, due sole parole per spezzare quella magia che io credevo ci fosse tra di noi, ma che evidentemente era solo una mia stupida fantasia...e io adesso cosa dovrei fare Can, dimmi, dovrei fare finta di nulla e riprendere da dove ci eravamo lasciati?"

"Non potrei mai chiederti una cosa del genere... Ricordo anch'io cosa ti dissi e me ne pento ogni giorno..."

"E allora cosa vuoi?"

"Voglio far parte della vita di Efe, solo questo... Ho chiesto a Metin di procedere con il riconoscimento..."

"E lo hai fatto a mia insaputa, senza dirmi niente?" lo accusò Sanem.

"Te lo sto dicendo ora..."

"Ascolta credo  sia meglio che tu te ne vada...ti prego, ho bisogno di stare sola..."

"Non posso lasciarti così", cercò di opporsi Can.

"Ti prego", ripeté Sanem "prometto di chiamarti, ma adesso vattene..."lo supplicò e lui lo fece.

Quando se ne fu andato lei tornò dal piccolo che stava giocando tranquillamente e mentre lo osservava ripensò con amarezza al loro ultimo incontro...

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