Capitolo 18

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OGGI

Il luogo scelto da Can per trascorrere quei due giorni era davvero incantevole, da cartolina!

Si trattava di un piccolo villaggio, non molto distante da Istanbul, composto da bungalow, adagiati sulle rive di un laghetto artificiale e circondati da una ricca vegetazione.

Sanem ne rimase conquistata all'istante e anche il piccolo Efe sembrò apprezzare, perché volle immediatamente scendere dal braccio della madre per andare a catturare un anatroccolo che sembrava stesse valutando se tornare in acqua oppure no.

"Ti piace?" le chiese Can che l'aveva raggiunta dopo aver recuperato i bagagli.

"E' un posto davvero meraviglioso! Come lo hai scoperto?"

"Ci venivo con mio padre a pescare."

"Tu, Can Divit, peschi?" chiese incredula Sanem.

"Beh sì, è un'attività rilassante che ti lascia molto tempo per riflettere... Comunque laggiù c'è anche un piccolo spaccio nel caso i pesci non abbocchino. Vieni, entriamo", la invitò.

Il bungalow, interamente in legno, aveva una piccola veranda e pur non essendo molto grande disponeva di tutte le comodità: un angolo cottura, un soggiorno, un bagno e una camera da letto dotata di un lettino da campeggio per il bambino. Prima che Sanem potesse dire qualcosa Can l'anticipò, rassicurandola che lui avrebbe dormito in soggiorno.

Quando ebbero finito di sistemarsi si era fatta ormai ora di cena.

"Come vuoi che ci dividiamo i compiti?" domandò Can.

"Se per te va bene, io potrei preparare la cena, mentre tu fai il bagnetto a questa piccola peste che si è ricoperta di polvere dalla testa ai piedi", rispose sorridente Sanem riferendosi al bambino.

"Perfetto! Forza ometto, andiamo a farci belli per la mamma".

Mentre li osservava sparire in bagno, Sanem, per la prima volta da anni, si sentì serena, leggera, come se qualcuno le avesse tolto un grosso peso dalle spalle, che la faceva procedere china, con lo sguardo rivolto verso terra, mentre adesso, finalmente poteva guardare davanti a sé e al futuro e quello che vedeva, doveva ammetterlo, le piaceva: la possibilità di formare una famiglia. Si sforzò di non pensare al passato; almeno per quei due giorni voleva liberarsi dal rancore, dal dolore e gioire solo del presente.

Dopo cena, si sedettero in veranda a godersi la brezza della sera e ad ammirare il cielo stellato, finché Efe si addormentò tra le braccia di Can.

"Puoi darlo a me ora", disse Sanem "lo metto a letto e poi credo proprio che andrò a dormire pure io. Sono esausta. Sei sicuro di riuscire a riposare sul divano?"

"Certo non ti preoccupare, ho provato di peggio. Buona notte e fate bei sogni..."

"Buona notte Can...e grazie!"

Addormentarsi in realtà non fu così facile. Sapere che lui era nell'altra stanza a pochi passi da lei la faceva agitare. Si girò e rigirò nel letto senza mai riuscire a trovare la posizione giusta, finché, contrariata, decise di alzarsi per prepararsi del latte caldo.

Quando arrivò in soggiorno, si accorse che Can non era ancora rientrato. Guardò l'ora: erano le due di notte. Preoccupata uscì a controllare e lo trovò ancora seduto lì, dove lo aveva lasciato.

"Non dormi?"le chiese quando lei si palesò.

"Avevo sete", rispose "e tu? Come mai ancora qui fuori?"

Lui si strinse nelle spalle "ultimamente non dormo molto", rispose.

Il tono che usò nel pronunciare quelle parole strinse il cuore di Sanem che, in piedi davanti a lui lo costrinse ad alzare il viso per guardarla.

"Non puoi rimanere qui tutta la notte..."e poi, porgendogli la mano aggiunse "vieni con me."

Can la guardò, incerto e sorpreso, ma lei sembrava convinta, così le afferrò la mano e si lasciò condurre all'interno verso la camera da letto.

"Sanem..."cercò di fermarla ma lei ponendo un dito sulle labbra gli fece cenno di non parlare.

Si sedette sul letto, con la schiena contro la testiera e lo invitò a distendersi accanto a lei facendogli appoggiare il capo sul suo ventre. Gli disse di chiudere gli occhi e di rilassarsi, mentre lei gli massaggiava le tempie. Lui non oppose resistenza e si lasciò guidare, godendo di quel contatto, di quelle carezze delicate che lo accompagnarono, finalmente, in un sonno profondo senza incubi.

Sanem sentì il respiro di Can farsi sempre più regolare e pesante e il suo corpo abbandonare la tensione, segni che si era addormentato. Sorrise e si arrese a ciò che sentiva nel cuore.

Amava quell'uomo.

Nonostante tutto il male che le aveva fatto lo amava ancora, forse anche più di prima. Con Efe aveva mostrato una dolcezza e una sensibilità senza eguali, che l'avevano prima spiazzata e poi conquistata.

Sarebbe riuscita ancora a fidarsi di lui? A liberarsi di tutte le sue paure? Non lo sapeva, ma era consapevole dei tentativi fatti da Can per riavvicinarsi a lei, li vedeva ogni giorno e anche il fatto che avesse abbandonato i suoi impegni per correre in ospedale, dimostrava che teneva a lei e al bambino.

Si chinò per lasciargli un bacio sulla nuca e la sua attenzione fu catturata da un segno circolare alla base de collo. Non riuscendo a distinguerlo bene, ci passò sopra il polpastrello e comprese che era una cicatrice. Incuriosita, gli scostò la maglia e, grazie al chiarore che filtrava dalla finestra, vide altri segni identici. Ebbe la netta sensazione di averli già visti e improvvisamente ricordò...l'ultima immagine alla mostra di Parigi: l'uomo di quella fotografia, che tanto l'aveva colpita, era lui!

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