Capitolo 25

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DUE ANNI E MEZZO PRIMA

"Ayan, Ayan, ti prego svegliati! Svegliati Ayan"

"Che c'è Sanem, perché urli così? Che ti prende?"

"Il bambino Ayan, c'è qualcosa che non va..."cercò di spiegarsi Sanem, ma il dolore e la paura le fecero morire le parole in gola. L'amica la guardò stranita e vedendola pallida come un lenzuolo comprese che diceva sul serio e che non c'era tempo da perdere.

Si alzò e si vestì velocemente, indossando le prime cose che le capitavano sotto mano, poi aiutò Sanem a salire in auto e si precipitò in ospedale.

"Per favore, qualcuno mi aiuti... La mia amica è incinta e sta male. Ha forti dolori al basso ventre e non riesce a camminare. E' fuori in macchina..."

Alcuni infermieri presero una sedie a rotelle e si precipitarono all'ingresso dove Ayan aveva lasciato l'auto, aiutarono Sanem a scendere e la portarono al reparto di ginecologia, intimando ad Ayan di aspettare in sala d'attesa, perché non essendo un familiare non poteva entrare.

Le ore che seguirono furono le più lunghe della sua vita.

A parte le nausee, tipiche dei primi mesi, Sanem era stata sempre bene e anche tutti i controlli ai quali si era sottoposta avevano confermato che la gravidanza procedeva bene e che tutti i parametri erano nella norma. Cosa poteva essere accaduto così improvvisamente? Si chiese Ayan che non riusciva a darsi pace.

Era stata vicina alla sua amica fin dalle prime settimane, quando il rifiuto di Can e il suo abbandono l'avevano gettata nello sconforto. Ma con una forza straordinaria lei aveva reagito, aveva preso in mano la sua vita ed era andata avanti. Ayan l'ammirava per questo anche se non si rendeva conto di quanto tutto ciò fosse costato a Sanem, che, nel suo intimo, si sentiva squarciata in due: da una parte l'amore che ancora provava per Can, a dispetto di tutto e dall'altra il rancore per il suo comportamento così meschino; nel mezzo quella creatura che stava crescendo dentro di lei e che non aveva nessuna colpa.

Sanem aveva sempre pensato che un figlio fosse la testimonianza, la prova più vera dell'amore che lega due persone, mai e poi mai un errore. Per questo non aveva mai preso in considerazione l'idea di abortire. Aveva sbagliato lei a fidarsi così ciecamente del primo uomo che l'aveva corteggiata, a donarsi completamente, senza riserve, a credere che i sentimenti di Can fossero profondi come i suoi.

Dopo un tempo che parve infinito, due medici comparvero nella sala d'attesa.

"E' lei che ha accompagnato qui la signorina Aydin?"chiesero ad Ayan ormai prossima ad una crisi di nervi.

"Sì, sono io", rispose balzando in piedi.

"E il padre del bambino?"chiesero ancora.

"Non c'è... Sanem, cioè, la signorina Aydin è una madre single, il padre ha abbandonato lei e il bambino", spiegò.

I due medici sospirarono scambiandosi un'occhiata eloquente.

"Capisco", disse uno dei due, il più anziano "purtroppo la sua amica ha avuto un distacco della placenta e ha rischiato di perdere il bambino. Ha avuto una grossa emorragia, che, fortunatamente siamo riusciti a fermare, ma dovrà rimanere qui in osservazione per alcuni giorni. Poi se la situazione dovesse confermarsi stazionaria potrà tornare a casa, ma dovrà rimanere a letto, a riposo, fino al parto."

Ayan non riusciva a capire se questa fosse una bella o una brutta notizia perché l'espressione dei dottori era indecifrabile.

"C'è dell'altro?"osò chiedere.

"In effetti sì...", risposero "ma non essendo un familiare non ci è possibile rilasciare altre informazioni".

"Vi prego... Sanem e io siamo cresciute insieme, viviamo insieme...praticamente è come se fossimo sorelle..."

"D'accordo", finirono con l'acconsentire i sanitari "purtroppo abbiamo dovuto avvertire la signorina Aydin che altre gravidanze sono altamente sconsigliate. Ne andrebbe della sua vita..."

Ayan non seppe cosa dire. Rimase imbambolata a guardare i medici e poi chiese loro di poterla vedere. Acconsentirono a patto che si trattenesse per pochissimo perché doveva riposare.

Quando entrò nella stanza dove Sanem era stata ricoverata e la vide, lì, nel letto ancora molto pallida, che si teneva la pancia e piangeva in silenzio, le si spezzò il cuore e maledisse Can che era il responsabile di tutto quello.

"Come stai?" le chiese in un sussurro.

Sanem voltò il capo nella sua direzione, ma sembrava non la vedesse e non avesse neppure compreso la domanda perché disse: "Non posso perdere il mio bambino... E' tutto quello che mi rimane... che mi rimane di lui!"

Fortunatamente, gli ultimi mesi trascorsero senza ulteriori problemi.

Sanem seguì alla lettera le raccomandazioni dei medici. Lasciò il lavoro e passò la maggior parte del tempo a letto accudita da Ayan e i suoi genitori che si alternavano senza sosta, finché nacque il piccolo Efe che fece dimenticare in un attimo tutta la paura e la sofferenza di quei giorni!

Nella maternità Sanem riuscì a trovare la cura per le sue ferite e tutto l'amore che aveva nel cuore lo riversò su quella piccola creatura che l'avrebbe legata per sempre a Can. Nelle sue vene scorreva anche il suo sangue e questo glielo faceva sentire vicino anche se non aveva idea di dove fosse.

Quando lo guardava negli occhi, erano quelli di Can che vedeva, quando gli sorrideva, rivedeva il sorriso di Can e quando lo stringeva al petto, era il cuore di Can quello che sentiva battere.

Lui non c'era, ma era presente come non mai!

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