TRE ANNI PRIMA
"Sig. Divit c'è una ragazza mandata dall'avvocato Metin che la vuole vedere. Dice di avere dei documenti da farle firmare..."
"Grazie Deren, falla pure accomodare, la stavo aspettando."
Sottoscrivere quel contratto avrebbe significato dare una svolta importante alla sua carriera di fotografo e non vedeva l'ora di farlo. Can era stanco dei soliti scatti a modelle troppo magre, capricciose, che sculettavano davanti al suo naso con la speranza di far breccia nel suo cuore e, magari, diventare la signora Divit. Lui voleva qualcosa di più. Per questo aveva accettato, senza esitare, la proposta che gli era arrivata da una nota rivista americana di un servizio fotografico nella Repubblica Democratica del Congo, nel cuore dell'Africa. Insieme a lui, in quel territorio devastato da anni di guerra civile, ci sarebbe stato anche un giornalista americano, Kevin Ross. Lo scopo era quello di raccontare e documentare il conflitto, che vedeva coinvolti numerosi gruppi armati ribelli, dando voce ai più deboli: le donne e i bambini.
Can era consapevole dei rischi che quell'incarico portava con sé, ma era pronto a correrli e poi si sarebbe trattato solo di un paio di mesi; con un po' di attenzione e accortezza era convinto che non ci sarebbero stati problemi.
Dalla firma del contratto alla partenza sarebbero passati circa sei mesi, il tempo necessario per ottenere tutti i visti e i permessi necessari, trovare una guida locale che li scortasse e traducesse per loro, insomma per organizzare ogni cosa. In una situazione simile nulla poteva essere lasciato al caso, ne andava della loro incolumità.
Il suo sguardo vagò pensieroso per l'ufficio, fino a posarsi su una fotografia posta lì accanto sulla scrivania. Risaliva a qualche anno addietro e lo ritraeva insieme a suo padre Aziz, un noto reporter.
Era per lui che aveva avviato quello studio, lì, a Istanbul, per stargli vicino durante la malattia che lo aveva colpito e contro la quale aveva combattuto con le unghie e con i denti, senza però riuscire a sconfiggerla.
Come il padre, Can odiava le costrizioni, gli obblighi, le formalità, a meno che non ci fosse una valida giustificazione per il loro esistere.
Amava il confronto perché apriva la mente a nuove conoscenze e prospettive, ma, allo stesso tempo, sapeva godere della solitudine come condizione ideale per ritrovare se stesso e il proprio equilibrio.
Non gli interessava avere l'approvazione degli altri e non faceva nulla per compiacere loro. Valutava e decideva autonomamente e per questo non si era mai legato a nessuna persona e a nessun luogo. Il suo non era egoismo, semplicemente non era ancora pronto a dedicarsi a qualcuno o a qualcosa al di fuori di se stesso, ma ciò non significava affatto che non avrebbe potuto farlo in futuro.
Dalla madre, invece, una giornalista francese, aveva ereditato il fascino. La sua presenza, anche se silenziosa, non passava inosservata, come una specie di calamita che attirava su di sé l'attenzione generale. Non era soltanto per il suo fisico alto, forte e atletico, decisamente bello, ma, soprattutto, per il portamento che denotava sicurezza e per il suo modo di guardare, osservare, simile a quello di un cacciatore in cerca della sua preda. Anche il suo stile era particolare, molto comodo e casual, ricco di accessori come collane, bracciali e anelli.
Un lieve bussare lo fece alzare e avviare alla porta dell'ufficio per accogliere l'ospite che gli aveva annunciato Deren.
"Avanti!"disse.
Apparve una giovane donna.
"Buongiorno, Can Divit", si presentò lui tendendo la mano alla ragazza che gliela strinse intimidita.
"Buongiorno, Sanem Aydin. Mi manda l'avvocato Metin..."
"Sì lo so, mi aveva avvertito...prego si accomodi", la interruppe, scostandosi per farla passare.
Sanem avanzò nella stanza porgendogli una cartellina che lui prese, tornando alla scrivania.
Mentre esaminava i documenti, firmandoli, di tanto in tanto le lanciava un'occhiata interessata.
Era decisamente bella! Una bellezza inconsapevole, naturale, acqua e sapone.
Aveva un viso dolcissimo, da bambina, quasi, incorniciato da lunghi capelli castani che ricadevano sulle spalle in morbide onde e Can pensò che gli sarebbe piaciuto accarezzarli.
Gli occhi scuri, leggermente a mandorla, guardavano curiosi, ma evitavano di posarsi su di lui quasi ne avesse timore e quando Can riuscì a catturarli gli parve che un lieve rossore le salisse alle guance.
Le sorrise, incoraggiante e lei ricambiò, dapprima, distendendo appena le labbra e poi aprendole in uno splendido sorriso che avrebbe fatto capitolare chiunque.
"Da quant'è che lavora per Metin?"le chiese.
" Solo un paio di mesi."
"E le piace?"
Sanem rise. Una risata spontanea. "In realtà bisognerebbe chiederlo a lui, che praticamente si è visto costretto ad assumermi...sa i nostri genitori si conoscono da una vita e l'avvocato Metin non ha potuto opporsi alla richiesta del padre, come io d'altronde...ma mi trovo molto bene con lui, è molto paziente..."
"Oh sì, Metin si può dire sia la calma in persona", concordò Can restituendole la cartellina.
"Ecco fatto, può riprendersi tutto", disse e poi aggiunse "ascolti Sanem sarebbe disposta a posare per alcuni scatti?"
"Chi? Io?"chiese incredula.
"Sì! Dobbiamo realizzare un calendario per un'associazione che tutela i diritti delle donne lavoratrici e l'idea è proprio quella d'immortalarle mentre sono impegnate nelle loro mansioni...e mi manca una modella..."
Sanem lo guardò, in un primo momento sembrò convinta, ma poi disse: "la ringrazio dell'offerta, ma queste cose non fanno per me sig. Divit..."
"Ti prego Sanem", insistette Can, passando a darle del tu per risultare più convincente "mi toglieresti da un grosso guaio", concluse lanciandole uno sguardo supplichevole, al quale sapeva lei non avrebbe resistito.
E infatti: "E va bene mi ha convinta, ma se poi non funziona non se la prenda con me...io l'avevo avvertita!"
"Funzionerà, stai tranquilla...ancora una cosa...vorrei che mi dessi del tu! Detesto tutti questi formalismi, non aiutano sul lavoro."

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Ricominciare da Noi
Roman d'amourLe parole possono ferire più di un coltello dalla lama affilata e i silenzi possono costruire muri difficili da abbattere. Amare, allora, diventa difficile. Un atto di coraggio indispensabile per ricominciare da dove Can e Sanem si sono lasciati.