Capitolo 33

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OGGI

Disteso accanto a Sanem, che dormiva tranquillamente, Can ripensò alle parole di sua madre:

"Ogni volta che le neghi uno sguardo, un abbraccio, tu la uccidi", "Lei ha stravolto la sua vita per te", "Regalale la favola..."

Doveva ammettere che era tutto vero. L'aveva allontanata di nuovo!

Questa volta non se n'era andato, ma aveva fatto in modo che fosse lei a lasciarlo, chiudendosi in se stessa, come un riccio.

Non era per nulla facile ripartire, per quanto lo desiderasse.

Significava mettere da parte l'orgoglio, il risentimento e a parole era sembrato facile, ci aveva creduto, ma poi, quando la guardava non poteva fare a meno di chiedersi quanto ancora di lei non sapesse e se ci fossero ancora delle verità che gli teneva nascoste. Così rimaneva bloccato in una sorte di limbo, incapace di fare quel passo che lo avrebbe riavvicinato a lei.

Si girò su un fianco, a guardarla e in quell'istante le apparve così fragile, così bambina... Non gli aveva mai chiesto nulla, ma gli aveva concesso tutto di se stessa e lui quel tutto se l'era preso, dando per scontato che sarebbe sempre stato così, che lei per lui ci sarebbe sempre stata.

Lentamente, cercando di non svegliarla, le spostò una ciocca di capelli dal viso, scoprendo le sue labbra.

Da quanto non le baciava? Piano si chinò a sfiorarle in una timida carezza. Lei a quel contatto aprì gli occhi, ma non disse nulla, rimase in attesa.

"Ti amo", le sussurrò per poi baciarla di nuovo, questa volta con più decisione, lasciandosi guidare dal sentimento che provava per lei. Sanem si aggrappò a lui, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo e lui la cinse con le braccia attirandola a sé e cullandola dolcemente finché non si riaddormentò.

Finalmente aveva capito cosa doveva fare, sperava solo di risultare abbastanza convincente.

L'indomani si alzò di buon'ora e con la scusa di dover fare un salto allo studio fotografico, si diresse dai genitori di Sanem.

Quando questi lo videro si allarmarono: "E' successo qualcosa a Sanem?" chiesero ad una voce, spaventati.

"No, tranquilli Sanem sta bene, ma ha bisogno di voi, in questo momento più che mai!"

Lo guardarono indecisi, poi il sig. Aydin si fece da parte per farlo accomodare, mentre sua moglie accennò ad andarsene.

"La prego signora rimanga. Ho bisogno di parlare con entrambi. Le chiedo solo di ascoltarmi e poi decida..."

"Va bene Can, ma non credo che la mia idea su di te possa cambiare, mi dispiace."

Can fece un cenno di assenso con il capo come a dire che era d'accordo e poi iniziò:

"In fondo avete ragione a detestarmi perché quando ho conosciuto Sanem non avevo proprio intenzione di avere con lei una relazione seria e duratura. Stavo per partire per il Congo per un lavoro che avrebbe lanciato definitivamente la mia carriere da fotografo e per niente al mondo ci avrei rinunciato. Sanem mi aveva colpito al primo istante per la sua bellezza, la sua freschezza, la sua ingenuità e ho voluto conquistarla. Ne avevo fatto, quasi, una questione di orgoglio personale e di questo non vado fiero... ma poi una volta conosciuta, senza quasi che me ne rendessi conto, lei mi ha stregato. Ancora oggi non so come sia potuto accadere, perché non mi era mai capitato prima, ma Sanem ha cominciato a dominare i miei pensieri. Avevo bisogno di vederla ogni giorno, di ascoltare la sua voce, di parlare con lei. Lei mi ha insegnato a guardare alla vita in modo diverso, ma allora non l'avevo capito. Quando mi disse di essere incinta, mi sono visto proiettato in una dimensione, quella di padre, che non avevo cercato, pensando che mi avrebbe tolto la libertà...e sono scappato lasciandola sola.

Diversamente da quello che credevo, però, in Congo non ho trovato la realizzazione di me stesso e il mio unico obiettivo è diventato quello di tornare qui a Istanbul da Sanem e da mio figlio, il prima possibile. Laggiù ho compreso che la mia vita, prima di lei, era stata vuota, superficiale e io non volevo tornare a essere così. Sanem mi ha insegnato ad amare in un modo totalmente nuovo per me: con le mente e con l'anima, mi ha fatto assaporare l'idea di famiglia, quella che io non ho mai avuto, mi ha dimostrato che si può e si deve perdonare se vogliamo andare avanti ed essere migliori, mi ha tenuto per mano aiutandomi a superare le mie paure e i miei limiti, mi ha ridato speranza e fiducia, mi ha dimostrato che si può cadere e rialzarsi e io, adesso, vorrei che diventasse mia moglie.

Ma non posso farlo senza il vostro consenso. Non voglio costringere Sanem a decidere tra voi e me, non posso chiederle un tale sacrificio, perché le si spezzerebbe il cuore, in qualunque caso,e so che non lo volete neppure voi.

Non vi sto chiedendo di spalancarmi le braccia e di accettarmi, ma di perdonare lei per amare uno come me. Non la merito, lo so, ma prometto di impegnarmi ogni giorno della mia vita affinché lei non smetta mai di sorridere..."

Aveva finito. Aveva parlato col cuore ed era stato stranamente facile. Le parole gli erano uscite d'istinto, senza che ci pensasse, come se fosse un altro a parlare al posto suo. Guardò i genitori di Sanem: avevano gli occhi umidi e lui stesso si accorse che stava piangendo, ma non se ne curò.

Fece per andarsene ma la madre di Sanem lo fermò: "Hai avuto coraggio a venire qui Can, lo devo ammettere e, forse, tu ami veramente mia figlia come dici, però io ho bisogno di tempo. Non posso ignorare cosa le hai fatto passare, ma non la lascerò sola ... Puoi avvertirla che domani passeremo a trovarla? ... Per il momento è tutto quello che posso fare..."

Can sorrise, grato: " E' più di quanto avessi sperato e la ringrazio di cuore. Tutto quello che voglio, ora, è che Sanem sia serena e senza di voi al suo fianco, questo, è impossibile."

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