Capitolo 23

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OGGI

Le sciolse i capelli, con movimenti lenti e studiati e lei chiuse gli occhi. Poi si chinò a baciarle le palpebre, quindi le gote. Con il pollice le disegnò il contorno delle labbra, che lei schiuse leggermente in una muta richiesta alla quale lui non seppe, né volle resistere. Le loro bocche si sfiorarono per poi appropriarsi l'una dell'altra, risvegliando sensazioni sopite nei loro cuori ma mai dimenticate, perché l'amore, quello vero, quello che ti fa ridere e piangere, che ti fa toccare il cielo con un dito per poi schiantarti a terra, quello che ti da tutto per poi togliertelo subito dopo, quell'amore, non si può dimenticare.

Quando, alla fine, si staccarono lei riaprì gli occhi e incontrò quelli di Can che la scrutavano attenti.

Timidamente alzò le mani a sbottonargli la camicia, che poi fece scivolare lungo le spalle e le braccia.

Alla vista del suo petto martoriato si lasciò sfuggire un gemito, ma fu solo un attimo, poi l'amore che provava per lui le suggerì cosa fare. Delicatamente lo accarezzò, soffermandosi su quelle cicatrici che baciò, una a una e lo stesso fece con la sua schiena, che portava i segni delle frustate. Nessuno dei due parlava, non ce n'era bisogno, i gesti esprimevano a gran voce quello che stavano provando. I loro corpi avevano conservato memoria l'uno dell'altro e tuttavia il loro non fu solo un ritrovarsi, ma un riscoprirsi, un rimparare ad amarsi in maniera più consapevole e attenta.

Si nutrirono delle carezze reciproche, delle espressioni, dei sorrisi e degli sguardi che si scambiarono fino all'alba, quando esausti ma appagati, si addormentarono abbracciati.

Furono svegliati un paio d'ore dopo da Efe, che chiamava la mamma.

Sanem, forse per la prima volta, si alzò contrariata, perché avrebbe voluto godere ancora delle braccia di Can che la tenevano stretta a sé con fare possessivo.

Arrossì leggermente ripensando alla notte appena passata. Anche nel fare l'amore Can era cambiato: non era più impetuoso come un tempo, ma molto più dolce, delicato, premuroso e l'aveva fatta sentire davvero speciale e unica.

"Hai parlato con tua madre?"gli chiese, poco dopo, mentre facevano colazione.

"Sì", rispose conciso Can per farla stare sulle spine.

"...E..."

Lui sorrise enigmatico, ma non rispose.

"Can ti prego, dimmi com'è andata! Perché vuoi torturarmi così?"

"Perché adoro quando sei impaziente. Ti comporti proprio come Efe!"

"Ascoltami bene Can Divit. Sono stata tollerante con te, anche fin troppo, per cui non farmi arrabbiare, altrimenti vedrai se non sarò tale e quale a Efe!"

"Cioè?"chiese curioso Can.

Per tutta risposta Sanem si alzò e si avvicinò al bambino, che, seduto a terra accanto a loro, era intento a giocare e gli sfilò il ciuccio dalla bocca, cosa, questa, che lui non sopportava proprio.

Infatti scoppiò in un pianto disperato che cessò immediatamente non appena il ciuccio fu rimesso al suo posto.

"Ho capito", si affrettò a dire Can.

"Ne ero certa", ribatté trionfante Sanem.

"Beh, a essere sincero la sua reazione mi ha sorpreso. Ha detto che si era accorta che tra di noi c'era qualcosa e quando le ho parlato del bambino è rimasta contenta e lo vuole conoscere. Non ha fatto scenate, come mi aspettavo... E i tuoi? Lo sanno che siamo tornati insieme?"

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