capitolo ventiquattro

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La maschera che aveva indossato fino a quel momento, di impassibe freddezza e calma risoluta si era sciolta come neve al sole, lasciandola nuda sotto gli occhi dei suoi compagni.

Jeri Foster non aveva mai rivelato la sua natura prima di allora.

Ma quando si ritrovò con la schiena schiacciata contro il tronco di un albero, appena sollevata da terra, con il Capitano Levi che sembrava volesse squarciarle la gola, aveva riacquisito completamente il controllo di sé.

Guardava l'uomo dinanzi a lei con gli occhi semichiusi, quasi infastidita dalla situazione, mentre Levi si sgretolava sotto quello sguardo tagliente.

Era la prima volta in vita sua che faceva i conti con l'impulso di picchiare una donna.

«Quando cazzo avevi intenzione di dirci che hai una sorella?» la voce era dura, le parole pronunciate con una lentezza disarmante, gli occhi plumbei avrebbero potuto incenerire il corpo della giovane Foster con tanta veemenza da carbonizzarlo.

«Non lo ritenevo un dettaglio importante» rispose Jeri pacata, tuttavia non nascose l'espressione di profondo disagio causata dalla situazione.

«Vediamo, Foster, se tua sorella é una macchina da combattimento addestrata da Kenny lo Squartatore, allora sì, é un dettaglio importante» ringhiò lui, sottolineando la parola "dettaglio".

«Adesso basta, Levi, stai esagerando» lo fermò immediatamente il Caposquadra Hange posandogli una mano sul braccio.

Lo scontro con Kenny lo aveva reso inquieto come mai era stato prima d'ora ed i suoi cadetti risentivano di quello stato d'animo tanto agitato.

Il Capitano fece saettare lo sguardo da Jeri ad Hange e poi di nuovo a Jeri e la lasciò andare controvoglia, forse Zoë aveva ragione e lui si stava infervorando troppo.

Ma perché tutto quello che aveva a che fare con Rea Foster doveva causare problemi?

«Io non ho più notizie dei miei fratelli, so solo che Aslan lavora alla corte del re, ma questo é tutto. Non sapevo neanche se Junko fosse ancora viva, come facevo a dire che era dalla parte di Kenny?» si giustificó immediatamente lei.

Si andò a rifugiare dietro la schiena di Jean, un po' perché il Capitano le faceva paura, un po' perché Jean era alto ed aveva spalle larghe e forti che la facevano sentire al sicuro.

L'espressione di Hange si addolcì visibilmente nel vederla in quello stato, sembrava un bambino che va a nascondersi dietro la gonna della madre stringendo la stoffa del vestito nei piccoli pugni.

«Credo sia opportuno che tu vada a parlare con tuo fratello a Mitras, non c'è tempo per comunicare via lettera. Se sa qualcosa devi scoprirlo» le consiglio il Caposquadra Hange sistemandosi l'elastico degli occhiali dietro la testa.

Il Capitano Levi, intanto, si era divincolato dalla sua presa di si era allontanato, doveva calmarsi, altrimenti qualcuno ci avrebbe rimesso un occhio.

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Jean non disse nulla quando Jeri posò la fronte sulla sua spalla, non disse nulla nemmeno quando la ragazza iniziò a piangere in silenzio, con la schiena scossa da deboli singhiozzi, né fece domande.

I suoi compagni d'altronde, mossi dalla curiosità, avevano avanzato qualche quesito guadagnandosi un'occhiataccia da Kirschtein.

«Perché non ce ne hai mai parlato?» fu Connie a fare quella domanda, chinandosi dinanzi a lei che aveva ancora la testa nascosta nella spalla di Jean e gli occhi umidi di lacrime.

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora