capitolo quaranta

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«Jeri!» la mano di Jean afferrò la sua, riconobbe la stretta calda e confortante a lei tanto familiare, la tirò su con un gesto secco e la ragazza per poco non si accasciò sul pavimento del dirigibile che li avrebbe riportati a Paradi.

«Stai bene?» le domandò immediatamente l'altro Caposquadra, cercando gli occhi color giada di lei con le sue iridi dorate.

Foster annuì e tossicchiò un paio di volte sbarazzandosi di tutta quella ferraglia che aveva addosso.

Le nuove divise del Corpo di Ricerca erano davvero belle a vedersi, eleganti, le aveva definite Jeri, molto più pratiche per confrontarsi con esseri umani, dati i colori scuri del tessuto.

Contro i giganti indossare divise mimetiche non avrebbe portato a nulla di buono, giacché questi erano in grado di fiutare gli uomini, ma adesso che si trovavano a fronteggiare soldati marleyani, confondersi nel buio era fondamentale.

I nuovi dispositivi di manovra erano molto più pratici, veloci e consumavano meno gas, ma porca miseria se erano pesanti!

«Abel?» chiese immediatamente dopo, guardandosi attorno cercando il suo secondo.

«Presente, Caposquadra» disse il giovane comparendo nella sua visuale «L'unità é integra, abbiamo accertato sei perdite tra le fila del Corpo di Ricerca per il momento»

Non poteva di certo rallegrarsi per i compagni caduti, ma perlomeno la sua unità non aveva subìto perdite.

«Mikasa ed Armin sono nella cabina di controllo» la informò Jean, aiutandola a disfarsi della pettorina d'acciaio rinforzato, che fungeva da schermo per i proiettili delle armi nemiche.

«Lui c'è?» «Sì» rispose solo Kirschtein, già sapeva dove la bionda aveva intenzione di andare a parare e l'idea non gli sorrideva per niente.

«Torno subito» disse Foster, facendo per raggiungere Ackerman, Arlert ed Eren nella cabina di controllo.

«Jeri, aspetta» fece il ragazzo prendendola per un braccio, in modo tale da bloccarla «Almeno facci atterrare a Paradi»

«Voglio solo parlare» rettificò lei, divincolandosi. Non aveva intenzione di fare nessuna scenata, non su quel dirigibile, almeno.

Jean la lasciò andare, sapeva che tentare di persuaderla sarebbe stato solo tempo sprecato, se si metteva in testa di fare una cosa doveva farla per forza, tuttavia le riservò un'occhiataccia che non la lasciò indifferente.

Si diresse verso la cabina di controllo, varcata la porta che la separava dalla camera del dirigibile dove si trovavano i soldati del Corpo di Ricerca, si ritrovò davanti il Comandante Hange, il Capitano Levi, Armin, Mikasa e Yelena, oltre che l'oggetto del suo interesse, i fratelli Jaeger.

Chiuse il portellone alle sue spalle e si appoggiò alla superficie in metallo, alzando lo sguardo su Eren.

Non si vedevano da mesi, i capelli erano molto più lunghi e gli coprivano gran parte del volto, la barba era corta, ma non curata, indossava abiti lerci offertigli dall'ospedale di Liberio, una fascia di riconoscimento per gli eldiani grigia campeggiava sul suo braccio.

I suoi occhi color smeraldo erano spenti, vuoti, quelli di Jeri, al contrario, non erano cambiati da quando era ancora nel Corpo di Addestramento, chiari, vispi, vivi.

Questa é la differenza tra me e te, Eren, io non sono mai cambiata.

«Che cazzo hai combinato, Jaeger?» gli chiese. Gli altri presenti nella cabina stettero in silenzio, possibile che nessuno ci avesse capito un'accidenti di tutta quella situazione?

Solo il ragazzo dagli occhi verdi aveva il suo disegno in testa, troppo grande perché loro ne cogliessero i contorni, troppo lungimirante, andava ben oltre la loro comprensione.

«Jeri, su, andiamo. Avrai tutto il tempo di fare domande ad Eren quando saremo atterrati» la esortò il Capitano Levi.

La bionda non lo ascoltò, fece invece schioccare la lingua sul palato e ripeté la sua domanda scandendo bene ogni parola.

«É tutto come vi ho descritto nella lettera, credevo che avreste capito» sussurrò il ragazzo, tenendo gli occhi vacui fissi al suolo.

«Che coraggio che hai» ribatté Foster «Quella faccia... ne ho viste tante simili tra i bastardi della Città Sotterranea e adesso sei così anche tu. Hai ucciso civili, anche bambini, gente che non c'entrava niente e non aveva commesso alcun crimine!»

«Jeri» la richiamò Armin con tono fermo, Mikasa la guardava in silenzio con il volto affossato nella sua sciarpa rossa.

«In cosa sei diverso da loro quel giorno, eh, Eren?» l'immagine di Berthold e Reiner si fece prepotentemente spazio tra le menti dei presenti, riportando sulla superficie della memoria dolorosi ricordi ed il sapore amaro del tradimento impregnò le loro lingue.

«Foster!» tuonò il Comandante Hange, intimandole di tacere, la bionda ammutolì ed incassò la testa nelle spalle, ma non si riguardò dal rilassare il volto, che ancora guardava Eren come se volesse incenerirlo.

«Assolutamente in niente, Jeri, é proprio questo il punto»

Le parole si spensero nell'aria, il forte rumore del sangue che scorreva nelle vene copriva ogni suono, le ossa scricchiolavano sotto il peso della coscienza.

Paradi aveva vinto con successo la sua prima battaglia nella guerra contro Marley, che ben presto si sarebbe trasformata in una guerra contro tutte le nazioni.

Noi contro il mondo, poetico, no? Pensò ironicamente Foster pizzicandosi il ponte del naso con le dita.

Odiava non capirci niente, odiava dover eseguire ordini che non comprendeva, odiava Eren e tutti gli altri, avrebbe solo voluto starsene da sola in santa pace a riflettere con calma su quanto accaduto, ma i soldati dall'altra parte facevano un tale baccano che a stento riusciva a sentire i suoi pensieri.

«Hai scelto, Eren» mormorò, i compagni la guardarono accigliati, non avendo recepito bene le parole che si era trascinata sulle labbra, solo Jaeger la osservava attento, lui sicuramente aveva colto e compreso nel profondo le sue parole.

Scelta, avevano mai potuto scegliere? Quel giorno, quando erano andati a vedere il mare, tutto aveva assunto un duplice significato.

«Potevi essere salvezza, e invece hai scelto di essere distruzione»

La porta alle sue spalle si aprì costringendola a voltarsi, Jean comparve sulla soglia accompagnato da due bambini, legati ed in ginocchio, il volto scuro come solo quello di chi ha il cuore spezzato può essere.

«Sasha...»

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AUTHOR'S NOTE,
capitolo quaranta signori, non posso crederci, non ho mai scritto una storia così lunga in vita mia e non é neanche completa. Mi sto divertendo un sacco a portare avanti questa fanfiction, "Salvation" ha avuto i suoi alti e bassi e non é di certo la storia perfetta, ma mi ha aiutata tanto e mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, così come avete fatto voi commentando e lasciando voti al mio tesssoro. Grazie a tutti, siete speciali <3 dunque passiamo alle cose più "tecniche". La morte di Sasha mi ha distrutta peggio di quella di Marco, quindi non ce l'ho fatta a descriverla, nel prossimo capitolo cercherò di essere quanto più realistica possibile e di trattare un po' il tema del lutto per Jeri e Jean che si ritroveranno ancora una volta a combattere non contro i giganti, non contro gli uomini, ma contro i loro demoni. Vi saluto e vi mando un bacio virtuale perché ve lo meritate, muah

Adelaide xx

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora