capitolo ventitré

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Il rumore di uno sparo ed il dolore lancinante di un proiettile che ti prende di striscio ti segnano per la vita.

«Jeri!» Jean si fiondò su di lei sfruttando il movimento tridimensionale, non indossava più la parrucca ed il viso era striato da schizzi del suo stesso sangue.

Con un calcio ben assestato, sommato alla spinta data dal dispositivo, sfondò una finestra dell'edificio vicino.

Il rumore del vetro che veniva infranto era acuto ed assordante, sembrava il grido di una madre alla quale veniva strappato il suo bambino via dal ventre.

Rea é morta.

Jean e Jeri rotolarono sul pavimento di quello che sembrava un ufficio. Sulla parete destra si trovava un'enorme libreria colma di volumi enciclopedici, una scrivania ben ordinata veniva immediatamente dopo ed un divanetto color verde oliva la interfacciava.

«Tutto bene?» le domandò il ragazzo, preoccupato. La bionda annuì guardandosi il braccio, il proiettile l'aveva presa proprio di striscio, il taglio era ampio, ma poco profondo e l'emorragia sembrava aver già cominciato ad arrestarsi.

«Ci ho quasi lasciato le penne» constatò Foster. «Ma da dove diavolo é sbucata quella?» fece Jean sbirciando fuori dalla finestra rotta.

Quella figura incappucciata era piombata nel bel mezzo della battaglia contro la Squadra di Soppressione Anti-Uomo ed aveva fatto fuori uno ad uno molti soldati del Corpo di Ricerca con colpi di pistola mortalmente precisi.

Solo dinanzi a Jeri aveva esitato.

Era una figura minuta, probabilmente femminile, il cappuccio le copriva il viso così che nessuno potesse vedere l'espressione che aveva dipinta sul volto mentre piantava un proiettile in mezzo alla fronte degli altri soldati.

La bionda si chiese che tipo di occhi potessero essere i suoi, se dietro quei colpi tanto freddi celasse uno sguardo colmo di incertezze e rammarico, oppure se fosse in qualche modo estasiato.

Era veloce, molto veloce, e forte, molto forte, possedeva una tecnica di combattimento troppo particolare per non essere riconoscibile, quasi inumana.

E poi il tarlo del dubbio cominciò a divorarle il cervello con dedizione.

«L'hai notato anche tu, non é vero?» le domandò Jean alzando su di lei le iridi color oro. Annuì in risposta.

Non era un'impressione, né una coincidenza, non poteva esserlo.

«É la stessa tecnica di combattimento del Capitano Levi, solo che lui la usa contro i giganti, non contro le persone, e non utilizza armi da fuoco» Jeri diede voce ai suoi pensieri mentre si portava un lembo della camicetta alla bocca e la lacerava, ricavandone una medicazione improvvisata.

La porse a Jean che si curò di fasciarle il braccio ferito e di stringere forte, per bloccare il flusso del sangue e premettere a Foster di combattere ancora.

«L'uomo con la bombetta, lo chiamano Kenny lo Squartatore, ha chiamato il Capitano per nome, credo che si conoscano, o almeno così ha fatto intendere. Se Ackerman e quel soldato col volto coperto fossero stati addestrati entrambi da quell'uomo, avremmo ben poche chances di sfuggirgli. Ma...»

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora