capitolo ventinove

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Quando Junko aprì gli occhi il sole era già alto nel cielo.

Si mise a sedere portandosi una mano alla testa, colpita da una fitta lancinante. I capelli biondi le ricadevano disordinati sulla fronte ed aveva le braccia ed il busto fasciati.

La stanza in cui si trovava era piuttosto spoglia, vi era solo un letto, una scrivania accanto ad esso, sottostante una finestra, ed un quadretto ritraente una natura morta appeso alla parete di fronte.

«Ben svegliata» Jeri sedeva ai piedi del giaciglio con un libro tra le mani, era diventata proprio una bella donna ed assomigliava terribilmente alla loro madre, i capelli le accarezzavano con eleganza le spalle.

«Che fai?» le chiese la sorella lanciando un'occhiata stranita al libro. «Un balletto. Cosa ti sembra che stia facendo?» domandò retorica la maggiore, canzonandola.

«Perché? Sai leggere?» «Sì, ho imparato. Tu?» «No, Kenny mi ha insegnato tante cose, ma non a leggere»

Jeri chiuse il tomo tenendo il segno con il dito ed abbandonandolo pigramente sul suo grembo.

Allungò un braccio verso il suo viso e lo sfiorò con delicatezza con il dorso della mano, Junko non si ritrasse, anzi, assecondò quel movimento, un tiepido ricordo della vita nel Sottosuolo, quando erano ancora insieme.

«La Squadra di Soppressione Anti-Uomo é stata eliminata, sei rimasta sola adesso»

La minore le prese la mano e la strinse nella sua, portandosela alle labbra e baciandone le nocche. «Perché mi hai salvata?»

Jeri rise e ritrasse il braccio. «Diamine, Junko, non sei mai stata una cima, ma non mi aspettavo una domanda tanto idiota» disse alzandosi e mettendosi in piedi davanti alla finestra che offriva una visuale quasi completa del distretto di Orvud.

«Io ho cercato di ucciderti, e tu mi hai salvata comunque, perché?» «Perché la famiglia non si abbandona»

Nella stanza calò il silenzio, sembrava che non ci fosse altro da dire, bastava all'una la presenza dell'altra, ogni parola sarebbe stata superflua.

Junko sussurrò un flebile "grazie" e si abbandonò contro il cuscino, senza staccare gli occhi dalla sorella.

Non avevano mai conosciuto l'amore di una madre, il concetto di famiglia era un'idea molto astratta per loro, eppure si erano aiutati.

Aslan, Jeri e Junko si erano presi cura gli uni degli altri, nonostante non fossero mai stati particolarmente legati, a dirla tutta l'unico vero motivo che li spingeva ad avere una certa considerazione reciproca era il sangue di Rea che scorreva in loro.

«Dimmi un po', June, tu mi vuoi bene?» la voce di Jeri era ferma, ma i suoi occhi erano pieni di lacrime. Non la chiamava June da un sacco di tempo.

Junko non rispose, si limitò a mettersi in piedi e ad affiancarla, guardando anche lei fuori dalla finestra.

«Cosa succederà adesso?» le chiese, la maggiore guardò il cielo e sospirò «Credo che in pomeriggio pioverà» «Intendo... a me, a noi»

Jeri si mordicchiò il labbro inferiore, spostando il peso da una gamba all'altra «Non ne ho idea, credo che verrai processata quando avranno avuto da te tutte le informazioni più utili»

«Ho ucciso dei membri del Corpo di Ricerca, credi che mi condanneranno a morte per questo?» «La Costituzione é abbastanza chiara, suppongo di sì»

Junko ridacchiò e si pizzicò il naso con le dita «Hai fatto tutto questo per salvarmi ed ora mi vedrai andare alla gogna, ironico, no?»

Jeri sorrise e scosse la testa «Io sono un soldato, perciò dovrei fare sì che l'ordine pubblico venga mantenuto ed i criminali punti secondo la legge, ma sono anche tua sorella e, in quanto tale...» portò una mano al chiavistello della finestra e lo spostò, aprendola.

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora