capitolo undici

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Che mal di testa, pensava Armin. Si portò una mano alla fronte, coperta dalla benda che Reiner gli aveva stretto attorno al capo alla meno peggio.

Era confuso e poco lucido, le fitte dolorose gli attraversavano il cranio come se gli avessero impiantato un punteruolo nella tempia.

Eppure quel dubbio se ne stava lì, e non riusciva a distogliere l'attenzione.

Qual è il parassita più resistente? Un batterio? Un virus? Una tenia intestinale? Un'idea! Resistente, altamente contagiosa.

Ed ora non riusciva a non vederlo. Non riusciva ad ignorare tutti i segnali che rendevano palese il fatto che quel gigante dalle fattezze femminili fosse dotato di intelligenza.

Oppure il modo in cui gli aveva abbassato il cappuccio, o quello in cui aveva scrutato Jeri.

E l'incredibile somiglianza con...

Una volta che un'idea si è impossessata del cervello, è quasi impossibile sradicarla. Un'idea pienamente formata, pienamente compresa, si avvinghia.

No, non poteva essere, era un'assurdità. Eppure se fosse...

«Tutto questo mi sembra una vera follia» Jean ruppe il silenzio che si era formato attorno ai soldati, in piedi sui rami più alti degli alberi della foresta nei territori interni al Wall Maria.

«Prima abbiamo rinunciato all'idea di costruire una base logistica, poi quand'era arrivato il momento di ritirarci abbiamo allungato il percorso per raggiungere una famosa meta turistica dove si sono infilati solo un pugno di uomini. Questi sono degli ordini veramente assurdi»

Alcuni giganti si erano radunati ai piedi degli alberi, tendevano le braccia verso i soldati, che se ne stavano tuttavia troppo in alto per poter essere raggiunti da loro.

«Ti sentiranno» fece Armin preoccupato, la benda sulla fronte umida del suo sangue.

«E allora? Avrò pur il diritto di ragionare a voce alta e comunque da quello che vedo non mi sembra poi tanto convinto neanche lui» disse il maggiore scuotendo le spalle.

«Che vuoi dire?» «Niente, ma non é poi così raro che un comandante non all'altezza della situazione muoia per un misterioso attacco portato da uno dei suoi sottoposti. Ti assicuro che è già successo molte volte in passato»

«Jean» lo richiamò il più piccolo «Che cosa intendi fare?»

«Niente, stai pure tranquillo. Sono solo irritato per la situazione» lo calmò il ragazzo volgendo lo sguardo a Christa, sul ramo vicino «Se vuoi sapere cosa intendo fare é ubbidire agli ordini e non far entrare i giganti nel bosco. Non credi anche tu che sia la cosa giusta da fare, Armin? Hai l'espressione di chi sa qualcosa»

«No, io─» «E piantatela!» il tono aggressivo di Jeri Foster lo fece ammutolire di colpo.

Era seduta su un ramo, la testa appoggiata al tronco dell'albero, il volto contratto in una smorfia insofferente.

Uno dei soldati, una donna con corti capelli scuri e grandi occhi chiari, le stava vicino.

«Ancora un po' di pazienza, Foster. Voglio assicurarmi che non ci siano costole rotte o incrinate, altrimenti rischierebbero di danneggiare i polmoni o altri organi interni» disse la donna.

Jeri annuì e trattenne un lamento di dolore quando il soldato portò le mani sul suo busto, tastando una ad una tutte le costole.

Quel gigante l'aveva stretta talmente forte nel suo pugno che, se non l'aveva schiacciata come un'oliva, era per puro miracolo.

«Scusaci, Jeri. Come ti senti?» domandò Jean con un sospiro.

La ragazza mugugnò in risposta, persino respirare era doloroso.

«Bene, é tutto apposto. Posso vedere se si sono formati lividi o contusioni?» le chiese il soldato dopo aver constatato la situazione delle sue costole.

Jeri lanciò un'occhiata ad Armin e Jean, poco distanti da lei, che la stavano guardando.

Capendo, sussultarono e si voltarono dall'altra parte, ostentando indifferenza.

Jeri prese l'orlo della camicetta della divisa e la sollevò lentamente, fin dove cominciava la fasciatura al seno, che ogni giorno lei e le sue compagne si curavano di stringere attorno al torace per evitare che le loro forme fossero d'intralcio.

La donna dagli occhi chiari non riuscì a nascondere lo stupore, pur ricomponendosi immediatamente dopo.

Foster abbassò lo sguardo sul suo stesso corpo, sembrava irreale, sembrava non fosse il suo.

Le ossa avevano resistito alla stretta letale del gigante, ma non si poteva dire lo stesso dei capillari, che erano scoppiati sottopelle formando dei grossi coaguli di sangue e lividi violacei che imbrattavano le carni bianche e belle della ragazza.

La camicetta tornò al suo posto e nessuno disse nulla, il soldato sorrise.

«Sono solo dei lividi, passeranno»

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«Scusate il ritardo» il Comandante Erwin fece il suo ingresso nella stanza dove Eren e Levi lo stavano aspettando.

«Ma che? Ma che cosa sono quelle facce?» domandò Jaeger guardando i volti seri dei suoi compagni.

«Abbiamo individuato l'ospite del Gigante dalle Fattezze Femminili e questa volta non potrà sfuggirci» lo informò Smith con tono fermo «Il piano scatterà dopodomani, nel distretto di Stohess, che dovremo attraversare per rispondere alla convocazione del re, questa sarà la nostra ultima occasione. Se falliamo ci verrà revocata la custodia di Eren e anche le nostre indagini su chi vuole la distruzione delle Mura verranno bloccate. Ecco perché é assolutamente vitale che tutto possa procedere come previsto» spiegò.

Smith e le reclute del Corpo di Ricerca si sedettero attorno al tavolo, i compagni del ragazzo se ne stavano in religioso silenzio, composti nelle loro divise, solo Jeri indossava abiti civili, poiché in convalescenza, eppure ci teneva a partecipare a quella "riunione".

«Allora, ecco il mio piano. Quando attraverseremo il distretto di Stohess, Eren farà da esca per attirare l'ospite in questo passaggio sotteraneo. Se riuscirete a farlo, considerando la sua solidità, dovrebbe essere impossibile qualunque movimento, anche dopo un'eventuale trasformazione, ma se dovesse trasformarsi prima che scatti la trappola, Eren, dovremo fare affidamento su di te»

«Sissignore, ma noi siamo sicuri che l'ospite si trovi effettivamente nel distretto di Stohess?» chiese Eren rivolto al Comandante «Sì, perché fa parte del Corpo di Gendarmeria»

«Ma davvero?» «É stato Armin ad individuarlo. Noi supponiamo sia stato lui ad uccidere i due giganti che avevamo catturato vivi ed anche che abbia frequentato il vostro stesso corso di addestramento»

«No. No, ora aspetti un momento. Se é veramente così...» ragionò Eren ad alta voce, aveva capito tutto, eppure sperava di essersi sbagliato, di aver frainteso le parole del Comandante.

«Il nome dell'ospite del gigante dalle fattezze femminili─» «No, no non dica altro»

«É Annie Leonhart»

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AUTHOR'S NOTE,
questo capitolo mi fa abbastanza schifo perché Jeri é quasi assente e anche Jean, vabbé é un capitolo di passaggio, mi serviva per tutta la questione di Annie che, dato il rapporto che c'è tra lei e Jeri, é abbastanza importante. Ho letteralmente sbobinato due episodi di Attack on Titan per questo, ma mi seccava rielaborare i discorsi e poi questa é un oc x universo canonico, quindi credo ci possa stare. Non ho più niente da dire, nel prossimo capitolo cerco di fare meglio le cose, un bacio a tutti. Ah sì, le frasi all'inizio sono prese da "Inception", se l'avete notato siete dei bravi cinefili

Adelaide xx

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora