capitolo venticinque

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Città Sotterranea,
cinque anni prima

«Robert, dovrai sbrigarti se non vuoi che la tua bella Sylvia Ray venga invitata al piano di sopra da qualcun altro» un soldato dai ricci capelli color rame fece un gesto al suo compagno, che si stava affrettando nella sua direzione.

«Arrivo, arrivo» disse Robert, ripiegando il mantello per nascondere lo stemma del Corpo di Gendarmeria.

I bordelli della Città Sotterranea erano molto famosi, tuttavia gli ingressi erano sempre celati ad occhi indiscreti.

«Sbrigati» lo incitò ancora il soldato con i capelli rossi. Robert, un giovane sui venticinque anni con i capelli scuri e gli occhi chiari, sbuffò in risposta.

Erano anni ormai che quel tira e molla andava avanti, da quando era entrato a far parte della Gendarmeria, più o meno.

Il rosso sollevò la botola e sparì oltre il bordo, imitato immediatamente dopo dal compagno.

Quando Robert toccò la struttura della scala a pioli che conduceva all'atrio del Lux ─ ironico dare un nome del genere ad un bordello del Sottosuolo ─ raggelò, e non per il contatto con il metallo freddo.

Discendere nella Città Sotterranea lo faceva sempre sentire sporco e gli faceva salire un groppo in gola, quando esattamente la sua rigida morale era stata compromessa da quella sua condotta scandalosa?

Lo spirito é forte, ma la carne é debole.

Era bastato davvero poco per farlo precipitare in quella spirale senza uscita che era il Lux, ogni volta che si ritrovava a scendere per quella scala a pioli si ripeteva che sarebbe stata l'ultima visita, per poi infrangere sistematicamente quella promessa.

Si maledisse quando i suoi piedi toccarono il pavimento sudicio dell'atrio del bordello, se la Città Sotterranea era immersa nel buio, quel luogo si trova sul fondo di un pozzo di tenebre.

«Due camere» disse il soldato con i capelli rossi mimando il numero due con le dita.

Il direttore, un uomo tarchiato con due grossi baffi giallastri a ciondolargli sulle labbra, rivolse loro un'occhiata seccata.

«Avete qualche preferenza?» chiese loro con tono del tutto disinteressato, anche se di certo i due gendarmi non si aspettavano un caloroso benvenuto con tanto di pacca sulla spalla.

«Io vorrei vedere Freya, il mio amico qui, invece, gradirebbe un incontro con Sylvia Ray» continuò a parlare.

Robert se ne stava un passo più indietro, rosso per la vergogna, erano quasi dieci anni che, periodicamente, si recava al Lux per vedere Sylvia Ray, ma ancora doveva fare i conti con quel briciolo di pudore che gli era rimasto.

Tuttavia, nonostante la mortificante consapevolezza di quello che stava facendo gli ciondolasse sulla testa come una Spada di Damocle, non riusciva a biasimarsi del tutto.

In fondo al suo cuore sapeva infatti di star facendo tutto questo per amore.

Amore, che parola terrificante, si ritrovava a pensare di tanto in tanto durante le lunghe e noiosissime ronde al palazzo del re.

Robert si era innamorato di una prostituta.

Poco gli importava del suo lavoro, degli altri uomini o del fatto che amasse una puttana, tutto diventava improvvisamente questione di poco conto quando quella donna meravigliosa, più grande di lui di svariati anni, era tra le sue braccia.

Sylvia era l'angelo più bello che fosse mai disceso su quella Terra, cacciato dal Paradiso e capitato nelle viscere di Mitras per espiare le sue colpe.

Robert era rimasto ammaliato dalla sua bellezza quando aveva solo quindici anni, quasi un decennio più tardi era ancora della stessa opinione.

Il suo unico desiderio era portare quella donna in superficie, lontana da quel girone infernale che era la Città Sotterranea, a costo di vivere da eterno fuggitivo o di rimetterci la pelle, per amore avrebbe fatto molto di più.

Scendeva al Lux, chiedeva di lei, pagava la sua quota, faceva l'amore con la donna che gli aveva rubato il cuore e poi le proponeva di andare via insieme a lui, l'avrebbe nascosta e le avrebbe offerto la possibilità di vivere una vita migliore, a patto che quella che stesse conducendo adesso potesse chiamarsi vita.

Ma la donna puntualmente rifiutava, «Non posso lasciare questo posto» diceva e, quando le veniva chiesto il perché, non rispondeva.

Allora Robert se ne andava adirato, rivestendosi in fretta e furia, giurando che laggiù non ci sarebbe più tornato.

Passavano settimane, a volte mesi, e poi cedeva, discendeva nel Sottosuolo con il suo compagno dai capelli color rame e tutto ricominciava da capo.

La Città Sotterranea era un vero inferno, perché Robert si ritrovava a subire in eterno la stessa dolorosa punizione.

Finché un giorno, quel circolo demoniaco non venne brutalmente spezzato.

«Per Freya non ci sono problemi, ma purtroppo Sylvia Ray é morta» lo disse con poco riguardo, come se stesse parlando di un piatto del servizio buono che era caduto a terra e si era rotto.

Quelle parole colpirono Robert dritto al cuore come una coltellata.

Sylvia Ray é morta.

«Come?» domandò l'altro soldato, incredulo. «É successo circa un mese fa, un balordo ci é andato giù davvero pesante, dovevate vedere quanto sangue c'era su quelle lenzuola. Un vero peccato, era una così bella donna»

Robert si ritrovò in strada, quando era uscito dal Lux? Era fuggito come se improvvisamente nell'atrio del bordello fosse divampato un incendio.

Sylvia Ray é morta.

Gli edifici presero a vorticargli intorno, il fiato venne meno ed anche il sostegno delle sue ginocchia, doveva uscire dall'inferno, assolutamente.

Rimase accovacciato a terra per un lasso di tempo indeterminabile, potevano essere trascorsi minuti, ore, o persino giorni, nella sua testa si ripetevano solo all'infinito quelle parole.

Fece per alzarsi, inciampando nei suoi stessi piedi, per puro istinto di sopravvivenza cercava di arrancare verso l'uscita. Forse una volta per tutte avrebbe lasciato la Città Sotterranea e non ci sarebbe più tornato.

Una mano piccola e fredda prese la sua e lo costrinse a voltarsi confuso e molto spaventato, quando rivide davanti a sé il volto della bella Sylvia Ray temette che si trattasse di un brutto scherzo della sua immaginazione.

Ma non era immaginazione, piuttosto una bambina, bella come poche, con i capelli biondi e gli occhi color giada, lo guardò e Robert si aggrappò a quelle iridi come se, scavandovi dentro, avrebbe potuto ritrovare Sylvia.

«Il mio nome é Jeri Foster e credo di essere tua figlia»

No, non uno scherzo del destino, ma una seconda occasione.

Avrebbe offerto a Jeri la vita che sua madre non aveva mai voluto.

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AUTHOR'S NOTE,
e anche questo l'ho spiegato, Jeri ha lasciato la Città Sotterranea perché Robert, uno degli amanti di sua madre ha deciso di salvarla. Prima di fare confusione no, non si sa se effettivamente Robert é il padre di Jeri, per quanto ne sa lei suo padre potrebbe essere chiunque, ma questo a Robert non importa, perché, non essendo riuscito a salvare Rea, vuole almeno portare in superficie tutto ciò che rimane della sua amata (ovviamente lui é all'oscuro dell'esistenza di Aslan e Junko). Jean é sparito, ci manca, ma, come ho già detto, preferisco metterlo da parte per qualche capitolo così da farvi conoscere finalmente la storia di Jeri. Nel prossimo capitolo si ritorna al presente, quello in cui Jeri ed Aslan si rincontrano per la prima volta in superficie. Avrei inoltre una domanda per voi: pensate che il capitolo sia andato troppo veloce e che debba dedicargli più spazio? Peace

Adelaide xx

𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐈𝐎𝐍, jean kirschtein Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora