Capitolo 26

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Sono sopravvissuta al terzo giorno
"dopo Zulema" e al mio primo di lavoro.
È stata una gradita distrazione.
Il tempo si è dissolto in una nube di volti nuovi, cose da fare, e il signor Josè Fernadez.

Josè... mi sorride, i suoi occhi azzurri luccicano, mentre si china sulla mia scrivania.

"Ottimo lavoro, Maca.
Credo che diventeremo una grande squadra."

Riesco a piegare le labbra in una specie di sorriso.

"Ora me ne vado, se per te va bene" mormoro.

"Certo, sono le cinque e mezzo. Ci vediamo domani."

"Buona serata, Josè."

"Buona serata, Maca."

Fuori, nell'aria del tardo pomeriggio di Madrid, faccio un bel respiro.
Non riempie affatto il vuoto che ho dentro e che sento da sabato mattina, un buco doloroso che mi ricorda la mia perdita.
Cammino verso la fermata dell'autobus a testa bassa, fissandomi i piedi, e rifletto sul fatto che non ho più la mia adorata Macchina, il vecchio Maggiolino, né l'Audi.
Reprimo subito quel pensiero. No.
Non pensare a lei.
Certo, posso permettermi una macchina, una bella macchina nuova.
Sospetto che sia stata più che generosa nel compilare l'assegno, e il pensiero mi lascia l'amaro in bocca, ma lo caccio via e cerco di tenere la mente più ovattata e vuota possibile. Non posso pensare a lei.
Non voglio iniziare a piangere.
Non qui, per la strada.
L'appartamento è vuoto.
Kabila mi manca, e la immagino sdraiata su una spiaggia a Barbados mentre sorseggia un cocktail ghiacciato.
Accendo la tivù in modo che un po' di rumore riempia il silenzio e mi dia una parvenza di compagnia, ma non ascolto né guardo.
Mi siedo e fisso assente il muro di mattoni. Sono vuota. Non provo altro che dolore.
Per quanto tempo riuscirò a sopportarlo?
Il suono del citofono mi fa trasalire, e il mio cuore manca un battito.
Chi può essere?

"Una consegna per la signorina Ferreiro."
dice una voce annoiata e incorporea, e la delusione mi annienta.
Scendo fiaccamente le scale e trovo un ragazzo appoggiato al portone che mastica rumorosamente un chewing-gum, reggendo una grande scatola.
Firmo la ricevuta e porto il pacco di sopra.
È voluminoso, ma sorprendentemente leggero. Dentro ci sono due dozzine di rose bianche a gambo lungo e un biglietto.

Congratulazioni per il tuo primo giorno di lavoro.
Spero che sia andato tutto bene.
E grazie per l'aliante.
È stato un pensiero molto carino.
Ha un posto d'onore sulla mia scrivania.
Zulema.

Fisso il biglietto scritto al computer, il buco nel mio petto si espande.
Senza dubbio è stata la sua assistente a spedirlo.
Probabilmente Zulema non ha nemmeno visto i fiori. Fa troppo male pensarci.
Osservo le rose.
Sono bellissime e non riesco a decidermi a buttarle nella pattumiera.
Per senso del dovere, vado in cucina e cerco un vaso.
E così si sviluppa uno schema:
svegliarsi, lavorare, piangere, dormire.
Be', cercare di dormire.
Non posso sfuggirle neanche nei sogni.
Ardenti occhi verdi, il suo sguardo smarrito,
i suoi capelli neri, tutto mi perseguita.
E la musica... così tanta musica.
Non sopporto di ascoltare alcun tipo di musica. Sto attenta a evitarla a ogni costo.
Perfino i jingle pubblicitari mi fanno rabbrividire.
Non ho parlato con nessuno, neppure con mia madre.
Non ho la forza di perdermi in chiacchiere ora. Non voglio saperne. Sono diventata un'isola. Una terra distrutta, devastata, dove non cresce più niente e gli orizzonti sono desolati.
Sì, questa sono io.
Posso interagire in modo impersonale in ufficio, ma niente di più.
Se parlassi con la mamma, so che potrei spezzarmi ancora.
E non è rimasto più niente da spezzare.
Trovo difficile mangiare.
Mercoledì, a pranzo, sono riuscita a mandare giù uno yogurt ed è stata la prima cosa che ho mangiato da venerdì.
Sopravvivo grazie a una ritrovata tolleranza per il caffellatte e per la Coca cola.
È la caffeina che mi tiene in piedi, ma mi rende ansiosa.
Josè ha iniziato a starmi addosso.
Mi irrita. Mi fa domande personali.
Che cosa vuole?
Io sono gentile, ma devo tenerlo a distanza.
Mi siedo e inizio a esaminare una pila di corrispondenza indirizzata a lui, e questo lavoro ripetitivo è una piacevole distrazione.
Il segnale sonoro mi avverte dell'arrivo di una mail.
Controllo subito chi mi ha scritto.
Merda. Un messaggio di Zulema.
Oh, no, non qui... non al lavoro.
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Da: Zulema Zahir
A: Macarena Ferreiro
Data: 9 giugno 2021
Oggetto: Domani

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