Capitolo 43

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Zulema continua a guidare lungo un viale ben tenuto, con abitazioni di un solo piano rivestite di legno, dove i bambini giocano a calcio nei cortili o girano in bicicletta o corrono per strada.
Tutto sembra ricco e sano, con le case immerse tra gli alberi.
Forse andiamo a fare visita a qualcuno? Chi?
Qualche minuto più tardi, svolta a sinistra e si ferma davanti a un cancello di metallo bianco, incastonato in un muro di arenaria alto due metri.
Digita una combinazione sul tastierino numerico e il cancello si apre.
Mi guarda, e la sua espressione è cambiata.
Sembra insicura, nervosa.

"Che cosa c'è?" le chiedo e non riesco a mascherare la preoccupazione nella mia voce.

"Un'idea"
mi dice e guida la macchina attraverso il cancello.

Procediamo lungo una stradina costeggiata dagli alberi, larga appena per due macchine.

Da un lato c'è un'area boschiva molto folta, e dall'altro un vasto prato, dove una volta doveva esserci un campo coltivato, ora incolto.
Erba e fiori selvatici lo hanno invaso, creando una specie di paradiso terrestre...
La brezza serale soffia muovendo l'erba e il sole al tramonto colora d'oro i fiori selvatici.
È un posto meravigliosamente tranquillo, e mi immagino distesa sul prato a fissare il cielo estivo azzurro sopra di me.
L'idea è allettante, eppure, per qualche strana ragione, provo un po' di nostalgia di casa.
Che strano.
La stradina fa una curva e si allarga nell'ampio viale d'accesso di un'impressionante casa di pietra rosa chiaro in stile mediterraneo.
È magnifica.
Tutte le luci sono accese, ogni finestra brilla nel crepuscolo.
C'è un'elegante BMW Zulema si ferma davanti al grandioso portico.

"Mmh..."
Mi domando chi viva qui.
A chi stiamo facendo visita.
Zulema spegne il motore e mi lancia uno sguardo pieno d'ansia.

«Continuerai ad avere una mente aperta?»
mi chiede.
Aggrotto la fronte.
parcheggia di fronte al garage quadruplo.
"Zulema, ho avuto bisogno di una mente aperta dal giorno in cui ti ho conosciuta."

Lei mi fa un sorriso ironico e annuisce.

«Un punto per te, Bionda. Andiamo.»

La porta di legno scuro si apre, e una donna con i capelli castani, un sorriso sincero, e un abito attillato lilla, ci accoglie.

Sono contenta di aver
indossato il mio nuovo tubino blu scuro per fare bella impressione sul dottor Jhon.
Okay, non ho i tacchi vertiginosi che ha questa donna, ma almeno non sono in jeans.

"Signora Zahir."
Lei sorride calorosamente e si scambiano una stretta di mano.
La tipa mi sorride e mi porge la mano, che stringo.
Il suo fugace sguardo da
è-bella-come-un-sogno-e-vorrei-che-fosse-mia
non passa inosservato.

"Isabel Mebarak"
si presenta, spigliata.

"Macarena Ferreiro" mormoro in risposta.
"Chi è questa donna?"
Lei si fa da parte, accogliendoci in casa.
Quando entro, provo uno shock.
La casa è vuota.
Completamente vuota.
Ci troviamo in un grande ingresso.
Le pareti sono di un color giallo primula, con alcuni segni dove un tempo dovevano essere stati appesi dei quadri.
Tutto quello che rimane è l'antico lampadario di cristallo.
I pavimenti sono di legno opaco.
Ci sono porte chiuse sia alla nostra destra sia alla nostra sinistra, ma Zulema non mi dà il tempo di rendermi conto di cosa sta succedendo.

"Vieni" dice, e mi prende per mano, guidandomi, attraverso un arco, in un ampio vestibolo.
È dominato da un grande scalone con una ringhiera di ferro dal disegno complicato, ma Zulema non si ferma.
Attraversiamo il salone, che è vuoto a parte un enorme tappeto di un oro sbiadito... il tappeto più grande che abbia mai visto.
Oh... ci sono anche quattro lampadari di cristallo.
Le intenzioni di Zulema diventano chiare quando puntiamo verso una portafinestra e usciamo su una grande terrazza di pietra.
Sotto di noi c'è un prato curatissimo grande almeno quanto mezzo campo da calcio, e oltre quello la vista.
"Wow."
Il panorama, ininterrotto, mozza il fiato: è incredibile.
Crepuscolo su Madrid.
Sfumature rosso vermiglio si disperdono nel cielo ceruleo, con toni opale e acquamarina, e si mescolano con il viola scuro delle poche nubi a batuffolo e della terra sotto Madrid.
È la natura al suo meglio.
Mi perdo di fronte a questa vista, cercando di assorbire tanta bellezza.
Mi rendo conto che sto trattenendo il fiato, in soggezione, e Zulema mi sta ancora tenendo la mano.
Quando, con riluttanza, riesco a distogliere gli occhi dal panorama, lei mi sta guardando, ansiosa.

𝐹𝐼𝐹𝑇𝑌 𝑆𝐻𝐴𝐷𝐸 𝑂𝐹 𝑍𝑈𝑅𝐸𝑁𝐴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora