Capitolo 34

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Non posso contenere la gioia.
La mia vocina interiore non riesce a emettere suoni, si soffoca in un silenzio sbalordito, e io faccio un sorriso radioso, mentre guardo Zulema con ardore.
La sua dolce, tranquilla confessione mi colpisce a un livello primitivo e profondo,
come se lei stesse cercando un'assoluzione.
Quelle tre piccole parole sono manna dal cielo per me.
Le lacrime mi pungono gli occhi ancora una volta. "Sì, mi ami. Lo so che mi ami."
Capirlo è come liberarsi di un peso enorme.
Questa donna bellissima e complicata,
che una volta pensavo fosse il mia eroina romantica
– forte, solitaria, misteriosa –
è anche fragile e distante e piena d'odio per se stessa.
Il mio cuore è gonfio di gioia, ma anche di pena per la sua sofferenza e, in questo momento,
capisco che è grande abbastanza per entrambe. Almeno lo spero.
Prendo tra le mani il suo caro e bellissimo volto e lo bacio teneramente, infondendo tutto l'amore che provo in questo dolce contatto.
Zulema geme e mi prende tra le braccia, tenendomi stretta come se fossi l'aria di cui ha bisogno per vivere.

«Oh, Maca» sussurra, con la voce roca.

«Ti voglio, ma non qui.»

«Sì» mormoro con fervore.

Chiude il rubinetto della doccia e mi prende per mano, conducendomi fuori e coprendomi con l'accappatoio.
Dopo essersi avvolta con un asciugamano intorno al corpo, ne prende uno più piccolo e inizia a tamponarmi i capelli con movimenti delicati. Quando è soddisfatta, mi mette l'asciugamano sulla testa, cosicché, guardandomi nello specchio sopra il lavabo, mi sembra di indossare un velo.
Lei è in piedi dietro di me e i nostri occhi si incontrano nello specchio.
Mi viene un'idea.

«Posso contraccambiare il favore?» chiedo.

Lei annuisce, un po' sorpresa.
Prendo un altro asciugamano dalla ricca dotazione del bagno e, in punta di piedi davanti a lei, inizio ad asciugarle i capelli.
Lei si china in avanti, per facilitarmi il compito, e noto di sfuggita che sorride come un ragazzina.

«È passato molto tempo da quando qualcuno ha fatto questo per me. Molto, molto tempo» mormora. Poi aggrotta la fronte.
«Anzi, in realtà penso che nessuno mi abbia mai asciugato i capelli.»

«Di certo La mamma di Saray l'ha fatto.
Ti avrà asciugato i capelli quando eri bambina.»

Lei scuote la testa, intralciando il mio lavoro.

«No. Ha rispettato i miei confini fin dal primo giorno, anche se è stato penoso per lei.
Ero una bambina autosufficiente» mi dice pacata.

Mi sento stringere il cuore se penso a quella bimba dai capelli neri che bada a se stessa perché nessun altro si occupa di lei.
Il pensiero è talmente triste da farmi stare male.
Ma non voglio che la malinconia rovini l'intimità che si sta creando tra noi.

«Be', ne sono onorata» dico, scherzando dolcemente.

«Sì, lo sei, Bionda. O forse sono io a essere onorata.»

«Lo so, signora Zahir» ribatto.

Dopo aver finito con i suoi capelli, prendo un altro asciugamano e mi sposto dietro di lei.
I nostri sguardi si incontrano nello specchio, e il suo è guardingo, interrogativo.

«Posso provare una cosa?»

Lei esita un attimo, poi annuisce.
Con cautela e delicatezza le faccio scorrere la salvietta morbida su un braccio, asciugando le gocce d'acqua che le imperlano la pelle.
Alzo lo sguardo, per controllare la sua espressione nello specchio.
Lei sbatte le palpebre, i suoi occhi ardono nei miei.
Mi protendo per baciarle un bicipite, e le sue labbra si schiudono appena.
Asciugo l'altro braccio nello stesso modo, lasciando una scia di baci sul bicipite.
L'ombra di un sorriso le aleggia sulle labbra.
La tampono con attenzione la schiena sotto l'evanescente linea di rossetto, che è ancora visibile. Non le ho girato intorno per lavarle la schiena.

𝐹𝐼𝐹𝑇𝑌 𝑆𝐻𝐴𝐷𝐸 𝑂𝐹 𝑍𝑈𝑅𝐸𝑁𝐴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora