Capitolo 44

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Fisso le fiamme, ipnotizzata.
Danzano e ondeggiano, di un arancione ardente e luminoso con punte blu cobalto, nel camino dell'appartamento di Zulema.
E nonostante il calore che proviene dal fuoco e la coperta intorno alle spalle, ho freddo.
Ho freddo nelle ossa.
Sono consapevole delle voci che bisbigliano, molte voci che bisbigliano.
Ma sono in sottofondo, un brusio lontano.
Non sento le parole.
Tutto quello che voglio sentire, tutto quello su cui voglio concentrarmi, è il sibilo del camino a gas.
I miei pensieri tornano alla villa che abbiamo visto ieri e all'enorme camino.
Un camino vero, in cui far ardere la legna.
Mi piacerebbe fare l'amore con Zulema davanti a un fuoco vero.
Mi piacerebbe fare l'amore con Zulema davanti a questo fuoco.
Sì, sarebbe divertente.
Senza dubbio lei troverebbe il modo per renderlo indimenticabile, come tutte le volte in cui abbiamo fatto l'amore.
Sbuffo sarcastica verso me stessa... anche le volte in cui abbiamo solo scopato.
Sì, anche quelle sono state memorabili.
Dov'è Zulema?
Le fiamme oscillano e guizzano, tenendomi prigioniera, mantenendo il mio stato di torpore.
Mi focalizzo solo sulla loro sgargiante e rovente bellezza. Mi stregano.
"Macarena, sei stata tu a stregarmi."
Me l'ha detto la prima volta che ha dormito con me nel mio letto. Oh, no...
Mi stringo tra le braccia, mentre tutto il mondo mi crolla intorno e la realtà sanguina nella mia coscienza.
Il vuoto strisciante dentro di me si espande. L'elicottero è disperso.

"Maca. Ecco."

Esposito mi blandisce gentilmente, la sua voce mi riporta nella stanza, nel momento attuale, nell'angoscia.
Mi porge una tazza di tè.
La prendo, grata, e il tintinnio della porcellana tradisce il tremito delle mie mani.

"Grazie" mormoro, ma la mia voce è roca per le lacrime non versate e per il nodo che ho in gola.

Mia è seduta davanti a me sull'enorme divano a forma di U, e tiene la mano a su madre.
Mi guardano, dolore e ansia sono incisi sui loro volti.
La mamma sembra più vecchia, una madre in pena per sua figlia.
Le guardo senza tradire emozioni e sbatto le palpebre.
Non posso offrire loro un sorriso rassicurante, e neppure una lacrima.
Non c'è niente, solo il vuoto crescente.
Guardo Remy, Sandoval, i ragazzi che sono in piedi intorno al bancone della cucina, le facce serie, e discutono di qualcosa a voce bassa.
Dietro di loro, Esposito si tiene occupata riordinando.
Kabila è nella stanza della tivù, a guardare il notiziario locale.
Sento il debole gracchiare del televisore.
Non riesco a vedere il servizio un'altra volta: Zulema Zhair, scomparsa.
Il suo bellissimo viso alla tivù.
Penso oziosamente che non ho mai visto tante persone in questa stanza, così grande da farle sembrare tutte piccole.
Piccole isole sperdute e ansiose in casa di Zulema.
Cosa direbbe lei vedendoli qui?
Da qualche parte, Sandoval ha ordinato ai suoi uomini di buona parlare con le autorità, che ci forniscono informazioni con il contagocce, ma niente ha un senso.
Rimane il fatto che lei è dispersa da otto ore. Nessun segnale.
Le ricerche sono state sospese.
Questo è tutto ciò che so.
È troppo buio.
E non sappiamo dove sia.
Potrebbe essere ferita, affamata, o peggio.
"No!"
Offro un'altra silenziosa preghiera a Dio.
"Per favore, fa' che Zulema stia bene.
Per favore, fa' che Zulema stia bene."
Lo ripeto più volte, nella mia testa.
È il mio mantra, la mia ancora di salvezza, qualcosa di concreto a cui aggrapparmi nella mia disperazione.

Mi rifiuto di pensare al peggio.

"Tu sei la mia ancora di salvezza."

Le parole di Zulema tornano a perseguitarmi.
Sì, c'è sempre una speranza.
Non devo disperarmi.
Le sue parole riecheggiano nella mia mente.

"Ora sono una decisa sostenitrice dell'appagamento immediato.
Carpe diem, Maca."

Perché non ho colto l'attimo?

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