1

460 17 23
                                    

Un raggio di sole penetrava, solitario, dalla sua finestra.

Illuminava il suo viso, faceva risplendere la sua pelle olivastra, e provocava in lei una piacevole sensazione di calore. I suoi occhi erano chiusi, le labbra leggermente aperte per permettere ad un po' d'aria di penetrarle nei polmoni, ed il suo petto si alzava ed abbassava in maniera lenta e costante. Non aveva nessuna voglia di alzarsi: un uccellino cantava fuori dalla sua finestra, il sole splendeva e c'era una tale calma nell'aria che non c'era motivo di distruggere tutta quella pace.

Alla fine, a fatica, si mise a sedere sul letto e si portò una mano all'occhio destro, per toccarlo leggermente e scoprire che, anche quel giorno, si era svegliata con le lacrime.

Non c'era un motivo particolare per cui le succedesse, ma era una cosa che le capitava almeno tre o quattro volte a settimana: si svegliava normalmente, poi si toccava l'occhio e lo scopriva pieno di lacrime. A detta sua, era una cosa che le capitava quando sognava la sua infanzia, ma non era del tutto vero: se lo raccontava per darsi una spiegazione, ma era una cosa che capitava principalmente quando non sognava, o meglio quando sognava ma non si ricordava nulla al mattino.

Alla fine, si vide costretta ad alzarsi in piedi ed andare a sciacquarsi il viso: nuovo giorno, nuova avventura. O almeno, così si fa per dire pensò, sorridendo al suo riflesso nello specchio del bagno. Era una ragazza alta e snella, il suo viso leggermente arrotondato era contornato da dei folti capelli castani, che creavano contrasto con il verde sgargiante dei suoi occhi. Le labbra erano sproporzionate rispetto al resto del viso, perché troppo piccole e strette per essere davvero adatte a quel viso tutto un po' largo, ma la cosa non la metteva a disagio.

Lei, infatti, era quel genere di persona che se cammina per strada lo fa a testa alta e con il sorriso sulle labbra, che alza il dito medio in bella vista se qualcuno le fischia dietro, che fa autoironia tutto il giorno per evitare che le altre persone possano prendersi le battute migliori su di lei, che risponde a tono perfino al suo capo, che porta sempre con sé un alone di profumo misto a sicurezza e felicità, che fa le battute peggiori nei momenti più seri e che, alla fine, sa sempre cosa è meglio fare. Era quel genere di persona che alla fine tutti conoscevano, chi per una ragione chi per un'altra, e che non solo conoscevano ma stimavano, rispettavano e, forse, anche un po' invidiavano.

"Buongiorno Hanako"

La voce era arrivata dalla signora Okada, la domestica, che stava già lavando le pentole quando Hanako fece il suo ingresso nella stanza. Era una donna sulla cinquantina, con i capelli bianchi raccolti in uno chignon un po' disordinato e tenuti in dietro da un cerchietto fuxia non proprio adatto alla sua età. Portava un grembiule del medesimo colore del cerchietto, ed ai piedi aveva due pantofole che parevano fatte di pelle di coccodrillo. Veniva in quella casa da anni, e la aiutava a fare tutte le faccende di casa che lei, lavorando dalla mattina alla sera, non sarebbe mai riuscita a fare.

"Buongiorno" rispose Hanako, sorridendo ed aprendo il frigo per vedere cosa poteva mangiare per colazione: non c'era un granché, a dire la verità: sarebbe dovuta andare a fare la spesa... Ma quando? La mattina doveva essere al quartier generale, mentre il pomeriggio aveva promesso al suo fidanzato che sarebbe andata da lui...

"Oggi andrai al lavoro o rimarrai qui con me?" Hanako sorrise a quella domanda: la signora Okada gliela faceva tutte le mattine, ed era il suo modo per chiederle se stava bene. Se lei avesse risposto che voleva rimanere lì con lei, avrebbe voluto dire che stava male e non se la sentiva di andare al lavoro.

"Temo che anche oggi dovrai rimanere da sola, ma ti prometto che ti porterò dei Dorayaki per consolarti." rispose Hanako, sorridendo gentilmente e dirigendosi verso la sua camera da letto per andare a cambiarsi.

"Neanche oggi mangi?" le urlò dietro la signora Okada, e lei rispose che aveva cose più urgenti da fare. Se le avesse detto che non aveva niente in frigo, infatti, la signora si sarebbe subito preoccupata e sarebbe corsa a farle la spesa, ma Hanako non voleva recarle tanto disturbo.

Si vestì con calma - un taxi sarebbe venuto a prenderla direttamente a casa qualche minuto più tardi - e diede un'occhiata alle notifiche del cellulare prima di andare verso la porta d'ingresso della casa: il suo ragazzo le aveva mandato il buongiorno, come al solito, e la cosa la fece sorridere. Come al solito. Le era arrivato anche un messaggio dal suo capo: diceva che la riunione di quella mattina era stata posticipata di mezz'ora a causa di un ritardo del treno, e di farsi trovare in orario nella sala riunioni. Hanako alzò un sopracciglio: ritardo di un treno? Lì i treni non erano mai in ritardo... Doveva essere successo qualcosa.

Quando arrivò il taxi, Hanako chiese all'autista di portarla alla sua agenzia, e lui le rivolse un sorrisetto prima di partire.

"Anche oggi riunione, eh signorina Yoshida?" Hanako sorrise e fece scrollare le spalle: era il suo autista di fiducia. La portava al lavoro tutti i giorni da quando lei lavorava in quel posto, e non era mai mancato ad un appuntamento. Ormai la conosceva benissimo, e si potrebbe dire che tra loro c'era una certa confidenza, anche se entrambi si mantenevano a debita distanza: non si erano mai visti al di fuori di quel taxi.

"Non ne posso più, vorrei passare all'azione ma non mi fanno fare nulla" rispose, sorridendo, e si allacciò la cintura.

"Beh, vedete, lo sapete come la penso..." Hanako non rispose.

Sì, lo sapeva perfettamente come la pensava lui. Come tutti la pensavano. Che una ragazza con un quirk come il suo non poteva fare altro che contare sulla consulenza: non aveva grandi poteri, non poteva combattere con il suo dono, non poteva usarlo per difendere gli altri e non poteva fare grandi cose. L'unica cosa che poteva fare, era correre.

Correva, e basta: aveva un quirk che le permetteva di correre più veloce degli altri, tanto che aveva pure fatto a gara con Hawks, qualche volta - aveva sempre perso, ma in maniera dignitosa. Aveva provato a fare mille cose: imparare ad usare le sue gambe per l'attacco, portarsi sulla schiena altre persone, tirare dei pesi per vedere se riusciva a portarli con sé, ed era giunta ad un'unica conclusione: lei poteva correre solo da sola. Non aveva molto senso come quirk: anche stando in testa, non poteva difendersi in alcun modo dai nemici, e così si era buttata sulla consulenza.

Appena finita la scuola, Hanako era stata coinvolta in un incidente con alcuni Villain, ed era stata mandata a chiamare le autorità. In un modo o nell'altro, le era capitato di parlare con colui che lei definiva il suo angelo custode: il signor Yamada. Lui si era accorto che in lei si celava una grande intelligenza e velocità di reazione, che era in grado di prendere decisioni difficili in poco temo, che non si perdeva a pensare prima di agire ma faceva le cose d'impulso ed in un modo o nell'altro andavano sempre bene, e così se l'era presa sotto la sua ala. L'aveva fatta entrare nella sua agenzia, la AAUV - Agenzia Anti Unione dei Villain - che operava in segreto ed in maniera molto ristretta, per cercare di fermare l'Unione. A coprire il tutto, c'era la Commissione di Pubblica Sicurezza degli Eroi, che mascherava la AAUV presentandola come una semplice parte del loro personale.

Una volta arrivata davanti all'entrata dell'agenzia, Hanako rivolse un cenno al taxista e lo pagò, per poi auguragli una buona giornata e dirigersi a grandi passi verso la porta principale.

"Oh buongiorno signorina Yoshida, come sta oggi?" le chiese la sua assistente, affiancandola non appena mise piede all'interno della struttura.

"Tutto bene, e tu? Notizie?"

"Sto bene grazie, nulla di nuovo. Si ricorda che oggi arrivano i ragazzi, vero?" Hanako si fermò di colpo. No, non se n'era affatto ricordata: quel giorno dovevano venire a lasciare le loro testimonianze alcuni studenti del liceo UA che avevano avuto direttamente a che fare con l'Unione.

"No, affatto" ammise Hanako, riprendendo a camminare, e la sua assistente le corse dietro "mi ripeteresti i loro nomi?"

"Certamente signorina, allora vediamo... Katsuki Bakugou è quel ragazzo che era stato rapito, si ricorda? E poi ci sono i suoi amici che erano andati a salvarlo: Eijirou Kirishima, Shoto Todoroki, Midorya Izuku, Iida Tenya e Momo Yayorozu." Hanako sorrise.

"Ah, sì, ora ricordo. Uno è il figlio di Endeavor, giusto? Mentre gli altri... Non mi ricordo di averli mai sentiti prima" l'assistente sospirò.

"Arriveranno a momenti, signorina, dove li faccio sistemare?" Hanako la guardò con un sopracciglio alzato.

"Come al solito, Yachi, sistemali nel mio ufficio e dà loro dei biscotti, io arriverò presto."

Parlami nel buio - Dabi, BNHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora