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"Cosa ne pensi, Hanako?" le chiese il signor Yamada, guardandola con fare interrogativo. Erano due ore e mezza che parlavano dell'Unione, escogitando piani e strategie di attacco, e Hanako era intervenuta sì e no tre volte, per dire semplicemente se era d'accordo o meno.

"Penso che stiamo perdendo tempo" rispose, alzandosi in piedi e prendendo su le sue cose "oggi un ragazzino mi parlava di un attacco imminente, e noi siamo qui a parlare di situazioni ipotetiche ed interrogatori a persone di cui non conosciamo il volto. C'è bisogno di azione qui, non di teoria" concluse, alzandosi e dirigendosi verso la porta "con permesso" disse, uscendo.

Fece qualche passo all'interno del corridoio, infastidita, e si chiese per quanto ancora l'avrebbero tenuta in quel buco di culo a lavorare sul nulla. Non andavano avanti da mesi con le indagini, gli Hero professionisti non sapevano nulla e gli studenti non erano una fonte poi così affidabile: in fondo, i loro pensieri potevano benissimo essere influenzati da tutto quello che vaga nella testa degli adolescenti.

"Ti pare il modo di rispondere?" le gridò dietro il signor Yamada, allungando un braccio di dieci metri per metterglielo sulla spalla. Lei sorrise sarcasticamente, si girò verso di lui e si tolse la sua manona dalla spalla.

"Ho ragione" rispose, spavalda, guardandolo con sguardo di sfida. Il signor Yamada scosse il capo: era una ragazza irrecuperabile, diceva sempre e solo quello che pensava, non era possibile parlare con lei, eppure era la più intelligente di tutti i suoi sottoposti.

"Sei incredibile Hanako, te ne esci così anche davanti a tutta quella gente" la rimproverò, indicando la porta dalla quale erano entrambi usciti qualche secondo prima, e lei scosse le spalle. Non sarebbe rimasta a guardare mentre l'Unione faceva quello che voleva ed i suoi compagni se ne stavano lì a girarsi i pollici in maniera completamente inutile, lei voleva agire anche se sapeva perfettamente di non poterlo fare.

"Signor Yamada..."

"Hanako, ascoltami" la interruppe lui "sei la persona più intelligente che conosca e lo sai perfettamente, sei sveglia e sai sempre cos'è meglio fare, ti muovi con tranquillità anche in ambienti che non ti appartengono e vivi la vita con la leggerezza di una bambina nonostante tu viva a costante contatto con scenari orribili"

"Grazie" rispose Hanako, sorridendo.

"Sì, prego" le disse lui, scuotendo il capo "ma non basta, capisci? Ti devi dare una regolata" Hanako abbassò lo sguardo. Glielo dicevano da quando era piccola che doveva abbassare i toni, che non poteva trattare tutti come fossero i suoi migliori amici, che in un contesto di lavoro lei doveva starsene tranquilla e non poteva dire sempre quello che pensava, eppure non riusciva a contenersi. Perché? Perché doveva stare zitta anche quando aveva ragione, perché doveva assecondare le idee di uomini (o donne) stupidi ed egocentrici, che pensavano solo al proprio benessere e non a quello della società.

Perché infondo, tutti quanti vivono in un proprio universo egocentrico.

Non è che Hanako fosse convinta di non far parte di quel tutti, ma ci provava tutti i giorni ad essere la versione migliore di se stessa, di mettere al primo posto la sicurezza degli altri, di non pensare al suo io ma a quello che era meglio per chi le stava attorno.

"Va bene" rispose soltanto, rivolgendo un ultimo sorrisetto al signor Yamada e dirigendosi verso il suo ufficio: aveva ancora tanto lavoro da fare per lui quel giorno.

"Hanako" la chiamò il suo capo, facendola girare ancora una volta "non occorre che fai niente, per oggi torna pure a casa" lei sorrise. Era una cosa che succedeva spesso: il signor Yamada ormai la conosceva bene, e sapeva che quando era arrabbiata e/o infastidita da qualcosa non lavorava al massimo delle sue capacità, quindi la congedò a cuor leggero. Preferiva fare un po' di lavoro da solo che darlo da fare ad una Hanako infastidita.

Parlami nel buio - Dabi, BNHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora