Capitolo 3

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Le auto sfrecciano davanti a noi provocando uno spostamento d’aria tale che se non fosse per il braccio di Mr Crab che mi cinge prontamente un fianco rischierei di cadere dalla sua postazione.
La rabbia mi ribolle dentro ancor prima di vedere il ghigno divertito sul suo volto, mentre gongolante esce dall’auto e ci raggiunge.
«E come sempre il vincitore è JAKE HAIDEN!» Esulta Mr Crab al mio fianco sollevando il braccio destro di Jake. «Tra un attimo potrete ritirare le vostre vincite!»
«Ho fatto bene a non lasciarti scommettere» ride strafottente avvicinandosi a me. «Io vinco sempre!»
Annuisco dipingendomi abilmente sul volto un’espressione annoiata. «Dipende dall’avversario, e vorrei farti notare per la maggior parte del tragitto sei stato secondo. Hai avuto solo fortuna» concludo indignata.
«Solo per creare suspance nella corsa, tesoro» ride ancora poggiando entrambe le mani sui miei fianchi e avvicinandomi a lui. «Dove hai lasciato Robert?» Sussurra al mio orecchio, impedendomi di nascondere un sorriso. Allora è caduto nel mio gioco. «Sei decisamente più bella quando sorridi» soffia tremendamente vicino, togliendomi il respiro. Per un istante riesco a pensare al solo desiderio di annientare la distanza che ci divide e alla paura che sia lui a farlo.
«Oh merda. La polizia.» Urla Megan sentendo il suono delle sirene pericolosamente vicine a noi e riportandomi alla realtà, mentre tutti i ragazzi del piazzale sembrano impazzire improvvisamente.
Jake afferra il mio polso intimandomi di seguirlo «Vieni con me!»
Rifiuto controvoglia la sua offerta, ma devo occuparmi di Spencer, l’ho portata io in questo guaio e la devo tirare fuori. Lei è l’unica a non capire la gravità della situazione, rimane ferma guardando tutti correre alle loro auto. L’afferro per un braccio e la tiro verso di me appena in tempo per evitarle uno scontro diretto con un ragazzo che è oltre il doppio di lei e che l’avrebbe sicuramente travolta e stesa al suolo. Se non ricordo male deve far parte della squadra di football della Columbia.
«Dobbiamo andarcene prima che ci trovino qui» urlo alle mie amiche sovrastando le altre voci. In quel momento la decisione di andare a vedere le corse mi sembra ancora più stupida di quanto mi fosse sembrata un’ora fa. Non oso immaginare l’espressione della mia famiglia se venissi arrestata. Sia Spencer che Megan annuiscono e insieme corriamo verso la Porsche, ma ormai le sirene sono troppo vicine a noi. Megan mi fissa sgranando gli occhi terrorizzata. «Ci arresteranno» grida immobile davanti alla sua auto mandando anche Spencer nel panico.
«No, Megan, non succederà se ce ne andiamo ora.»
Lei scuote la testa, le sue mani tremano così forte da non riuscire a premere il pulsante per aprire le portiere. «Non posso guidare così. Non faremo un kilometro prima di essere fermate. Io non sono così brava.»
Mi fissa dritta negli occhi e posso leggere chiaramente la sua supplica silenziosa, incapace di esprimerla a parole. Sa bene cosa mi sta chiedendo e quanto mi costa.
Le sorrido appena. «Dai qua.» Afferro le chiavi e la spingo per farla salire sul sedile del passeggero. Poi mi rivolgo a Spencer che è già balzata sul sedile posteriore. «Allaccia la cintura e tieniti forte. Adesso si corre.»
Infilo la chiave e premo il pedale dell’acceleratore inebriata dal rombo dell’animale che sto per dominare. Guidare era per me come l’alcool per un alcolista o la droga per un drogato. Posso aver fatto di tutto per uscirne ma mi è stato sufficiente ricaderci una sola volta, riprovare per un solo secondo, e tutti gli sforzi fatti in anni di astinenza forzata spariscono. Ingrano la marcia e, stando ben attenta a non investire nessuno e a non sbattere contro le altre auto in fuga, raggiungo la strada. Una volta imboccata mi trovo le auto della polizia ad un paio di macchine da noi e accelero per distanziarle. Scalare dalla prima alla sesta è praticamente automatico, come il passaggio dai 30 ai 120 km orari, superando le auto più lente dei nostri compagni.
Dallo specchietto retrovisore noto un’auto della polizia che ci insegue, sicuramente attirata dal modello dell’auto, dalla velocità e dalla mia abilità nella guida.
Spingo ancora di più sul pedale dell’acceleratore – 140 – e sorpasso una fila di auto rientrando nella mia corsia poco prima di scontrarmi con un’auto che percorre il senso di marcia opposto, incurante delle urla provenienti dal sedile posteriore.  – 160 – Il poliziotto non sembra mollare ma quale velocità può mai raggiungere una volante? Non riesco ad individuare il modello, ma sicuramente non è una Porsche 997 S e non credo che, a differenza mia, possa superare i 200 km/h. L’occasione mi si presenta appena imbocchiamo il ponte di Brooklyn in direzione di Manhattan. Poco meno di due chilometri per far perdere le mie tracce. Spingo ancora sull’acceleratore superando i 230 km/h e sentendo fremere sotto di me l’alto numero di cavalli, la volante della polizia ormai letteralmente un lontano ricordo.
Non dovendo più prestare attenzione allo specchietto retrovisore fisso lo sguardo sulla seconda parte del ponte che mi rimaneva da percorrere e sorrido riconoscendo l’auto di fronte a me.
Un’Audi R8, grigio metallizzato.
Jake.
«Vogliamo divertirci?» chiedo a Spencer e Megan che finalmente hanno smesso di urlare.
«Cosa vuoi fare?» mi domanda Megan vedendomi sorridere malignamente. Senza degnarla di una risposta accelero affondando il pedale fino al limite per raggiungere la velocità massima e, a pochi metri dalla fine del ponte, riesco ad affiancarmi all’auto Jake e, dopo un breve testa a testa, a sorpassarlo con una raggiante Megan che agitava la mano per salutare lui e suo cugino Charlie. Con la coda dell’occhio posso vedere lo stupore sul suo volto. Di fronte a lui mantengo la velocità massima per non farmi raggiungere e, raggiunto il primo semaforo, dopo essermi accertata di essere in grado di attraversare senza causare alcun incidente, attraverso con il rosso lasciandomi alle spalle Jake Heiden che invece è costretto a fermarsi dal sopraggiungere di un taxi.
“IO VINCO SEMPRE!” Urlo soddisfatta rallentando e svoltando in direzione della Columbia.

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