Capitolo 10

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Come ho potuto arrivare fino a questo punto? Fingere di essere un'altra persona, a quale scopo? Per Jake?

La mia non era una semplice rivincita. L'ho amato così tanto e così a lungo, e il vederlo continuamente attratto dalle altre ragazze, belle e magre, mi ha fatto soffrire tantissimo, ma questo non era un piano pensato per vendicarmi e farlo soffrire.

Io volevo dire subito tutta la verità ma inizialmente non volevo deludere Megan e poi... Lui era attratto da me e io mi sono trovata ancora innamorata di lui, volevo solo viverlo. Con quale risultato?

Non vuole essere il mio ragazzo e nemmeno essere mio amico. Mi odia. E non è il solo.

Sono passati sei giorni dall' incontro / scontro con Jake nella mia camera e li ho trascorsi tutti, nessuno escluso, a letto, a piangere e a riflettere sul casino combinato. Ad ogni nuovo messaggio ricevuto sussulto e mi affetto a controllare che non si tratti di Jake, o Robert, o Josh, e la delusione è sempre la stessa quando scopro che il mittente è o Megan o Spencer. Un centinaio di volte ho scritto un nuovo messaggio comprendente solamente la parola SCUSAMI, ma mai ho trovato il coraggio di premere il tasto invio.

Anche il resto della Eaton sembra volermi evitare dopo la scenata e non oso immaginare quali fantasiose storie aleggino nei corridoi della Columbia adesso.

Forse dovrei scappare di nuovo e tornare dai nonni, e l'anno prossimo potrei iscrivermi ad un'altra università.

***

Oggi inizia lo stage. Prendo dall'armadio una camicia color panna e un paio di pantaloni grigio scuri aderenti. Raccolgo i capelli in uno chignon in cima alla testa credendo di avere un'aria più professionale, ma li sciolgo immediatamente lasciandoli cadere liberi in morbide onde sulle spalle. Il pensiero di rivedere Josh mi sta tormentando. Trucco appena gli occhi con matita nera e ombretto color pesca, e passo un lieve strato di lucidalabbra. Alla fine infilo ai piedi stivaletti basso con tacco medio e prendo il cappotto nero.

Megan si è offerta di prestarmi la sua auto ma ho rifiutato, prenderò l'autobus. Peccato che il tragitto sia di oltre 40 minuti e che preveda un doppio cambio di mezzo. Quando finalmente giungo di fronte al palazzo di giustizia decido che dal giorno seguente utilizzerò la sua Porsche senza farmi tanti problemi. In fondo lei la mattina ha lezione e non le serve.

Entro all'interno del palazzo passando attraverso il metal detector e presentandomi alle guardie come una delle nuove stagiste. Quest'ultimi, controllata la mia borsa, mi invitano ad entrare. Seguo le indicazioni per la Procura svoltando prima a destra e poi a sinistra.

L'edifico è pieno di uomini in giacca e cravatta e donne elegantemente vestite, sicuramente avvocati, che freneticamente percorrono i corridoi verso le varie aule. Alcuni di loro sono accompagnati da ragazzi giovani, probabilmente praticanti, che portano le loro borse e fascicoli. Sorrido notando come potrebbero essere tranquillamente scambianti per facchini invece di giovani laureati in giurisprudenza che intraprendono la carriera di avvocato. Spero non tocchi anche a me la stessa sorte.

Continuo per la mia strada fissando una povera ragazza molto magra che a fatica trasporta un faldone che peserà quasi quanto lei, mentre il suo dominus, un uomo di circa quarant'anni, la precede a mani vuote. Che cavaliere.

Senza smettere di compatire la poverina urto un uomo sulla settantina che indossa una toga nera lunga quasi fino ai piedi e sul davanti un bavero bianco merlettato, sembra arrivare direttamente dall'ottocento. Deve trattarsi sicuramente di un magistrato.

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