Capitolo 28

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Fabio

Fissai l'uomo davanti a me e poi guardai la donna che si era sposato dopo mia madre.

- Pensavo fossi morto - disse mio padre in italiano con un forte accento.

- Si lo so, mi è giunta voce - risposi.

La donna, che si era presentata con il nome di Annabelle, mi mise davanti una tazza di caffè.

- Köszönöm (grazie) - dissi.

- Sul serio, Fabio. Mi dispiace -

Sospirai.

Annabelle mi aveva invitato ad entrare in casa quando aveva capito chi ero e aveva chiamato mio padre che era uscito dal suo studio, guardandomi scioccato.
Mi aveva guardato come si guarda un fantasma, poi aveva sospirato, mi si era avvicinato e mi aveva preso il viso tra le mani, studiandomi, come se non credesse ai suoi occhi.

Mi aveva chiesto scusa troppe volte.
Non lo avrei perdonato così facilmente dopo quello che mi aveva fatto passare ma aveva ragione Sofia, dovevo smetterla con il rancore e la rabbia.
Mio padre mi guardava con il pentimento negli occhi così simili ai miei e forse, era giunto il momento di smetterla con la rabbia.
Era pur vero che non gli avrei fatto passare liscia la morte della mamma.

- Ero convinto che...ti ho cercato, te lo giuro - mi disse - Ma non sono riuscito a trovarti e ho pensato davvero che... -

Scossi il capo per fermarlo.

- Va bene - dissi sospirando - Sono stato io a far sparire le mie tracce per un pó -

- Mindennek ellenére beszélsz magyarul (parli Ungherese nonostante tutto) - mi disse.

Annuii.

- Preferisco l'italiano - risposi però.

- Mi perdonerai mai? -

- Per avermi abbandonato forse, per la mamma...non credo proprio - risposi.

Lui annuì e provò ad allungare una mano nella mia direzione ma poi sembrò ripensarci, tirandola indietro.

- Megyek folytatni Irvin (vado a riprendere Irvin) - disse Annabelle interrompendoci - Maradsz Fabio? Találkozni akar majd veled (Resterai Fabio? Vorrà conoscerti) -

La guardai. Quella donna mi stava chiedendo se volevo conoscere suo figlio, il mio...fratellastro.

Guardai mio padre che annuì, sorridendo.

- A me e ad Anne...piacerebbe se volessi far parte della famiglia - disse lui sorprendendomi - Vorrei recuperare il tempo perso, per quel che vale -

- E vi sta bene? Sul serio? Dopo tutto questo tempo... -

- Mi sono pentito di quello che ti ho fatto Fabio. Dammi la possibilità di rimediare sul serio. Annabelle...mi ha cambiato, non sono più l'uomo dei tuoi ricordi, te lo giuro - mi disse.

E lo fissai negli occhi. Cercando un minimo cedimento, una bugia o un qualcosa che me lo facesse odiare ma...ma, non sentivo più quella rabbia verso di lui.
Non l'avevo sentita nemmeno quando ero entrato in casa e l'avevo visto dopo più di dieci anni.

E da quello che vedevo era cambiato, rispetto a ciò che ricordavo. Chi meglio di me sapeva che una donna poteva cambiarti, non solo la vita ma anche te stesso?

Quindi era il momento.

Di fare due cose in realtà.

- Non mi chiedi perché sono qui? Solitamente non ti avrei cercato per fare pace - ammisi - Ma potrei provarci lo stesso -

- Stavo aspettando che me lo dicessi - rispose - Ma credo c'entri il fatto che risulti...morto -

Annuii.

- L'ho saputo perché...mi servivano i documenti...per il matrimonio - dissi.

Lui mi guardò, sorpreso.

- Matri....monio? -

- Già...dovrei sposarmi il mese prossimo e...già che ci sono, non credo che la mia fidanzata si farà problemi ad aggiungere tre persone tra gli invitati - dissi sforzandomi.

E mi sforzai parecchio, visto e considerato che mio padre si mise a piangere, lasciandomi senza parole...

                               ***

Ewan

- Il fatto che chiami me e non la tua ragazza mi preoccupa - dissi al telefono.

- Fa meno l'imbecille - ribatté Fabio - È incazzata? -

Mi misi a ridere, lasciandomi cadere sul divano.

Erano tre giorni che Fabio non si faceva sentire, da quando se l'era svignata nel cuore della notte lasciando solo un biglietto.

- Sofia? Ma quando mai! - risposi divertito - Non ti ha preso a calci quando l'hai lasciata la prima volta, figurati se lo fa ora che ti sei allontanato per la storia dei documenti -

Lo sentii sospirare sollevato dall'altra parte del telefono.

- Si bè...ho risolto - mi disse - Ho tutti i documenti necessari, appena torno dille di farsi trovare pronta che andiamo a mettere queste benedette firme, almeno riusciamo a sposarci nei tempi che avevamo deciso -

Guardai la parete, indeciso se dargli la notizia degli ultimi giorni.
Non era compito mio, in teoria, toccava a Sofia ma...il mio più o meno amico sembrava già abbastanza in difficoltà, forse era il caso di dirlo.
Anche perché lui non si era fatto problemi ad aiutare me quando ne avevo avuto bisogno.

- Senti... - iniziai - Non so se...quando torni Sofia sarà pronta. Insomma sono tre giorni che passa la maggior parte del tempo abbracciata al bagno con Lidia che ti maledice tra l'altro -

Sentii silenzio dall'altra parte, troppo, tant'è che pensai fosse caduta la linea.

Lo sentii trattenere il fiato.

- Che cos'ha? Sta male? Quanto male, l'avete fatta visitare? Perché cazzo non mi avete chiamato? -

Ad ogni frase alzava sempre di più la voce e alla fine mi sentii il timpano fischiare.

- Una cosa. No. No...non lo so - risposi in ordine alle sue domande.

- Cosa? -

Lo sentivo muoversi agitato.

- Lascia stare! - disse dopo un pó - Prendo il primo aereo -

- Tranquillo, ci pensiamo noi - fece.

- Fanculo McAllister! La mia donna sta male e nessuno ha avuto la decenza di dirmelo! - sbottó.

- L'unica cosa di cui devi preoccuparti è di muovere il culo e sposarvi, perché...parole di Sofia, tra qualche mese non entrerà più nel vestito - dissi lanciandogli la risposta.

Silenzio, di nuovo.
Stavolta gli era preso un colpo, ne ero sicuro.

- No... - fece.

- Invece si bello - dissi - Tanti auguri due volte -

Dopodiché mi chiuse sul serio il telefono in faccia.

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