Capitolo 26

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Sofia

Fabio prese una birra dal frigo e la stappò, attaccandosi direttamente al collo della bottiglia.

- Vi ho detto altre volte che... - disse Thomas fulminandolo ma il mio ragazzo lo fermò alzando una mano.

- Ci manchi solo tu, sul serio - disse Fabio - Va già tutto di merda -

- Fabio... - lo richiamò il prof beccandosi anche lui un'occhiata di fuoco.

Lui alzò le braccia e se ne andò, portandosi la bottiglia e continuando ad imprecare.

Eravamo tornati a casa dopo che ci avevano comunicato quali erano tutti i documenti che avremmo dovuto richiedere da Budapest e avevamo subito informato il prof e Thomas.
I gemelli erano tornati a casa loro e avevano portato Lidia e Karl con loro, avevo preferito così. Ora come ora Fabio era estremamente suscettibile e meno persone ci giravano intorno meglio era.

- Risolveremo la questione Sofia, Fabio è parte di questa famiglia non è solo il tuo ragazzo, non permetterò che lo mandino via da qui, da dove è cresciuto - mi disse mio padre.

- Lo so - risposi - Se siamo fortunati basterà contattare l'anagrafe a Budapest e farci mandare i dovuti documenti, anche per richiedere la cittadinanza italiana per lui. Ma se così non fosse... -

Sospirai portandomi le mani tra i capelli e guardando il vestito che avevo scelto per quella giornata.
Mi ero anche impegnata, a pensarci.

Ora mi toccava annullare, o meglio rimandare, la cerimonia. Ci sarebbe voluto del tempo per ottenere i vari documenti e altro tempo per far confrontare Fabio con la sua infanzia.
Speravo fortemente che non fosse costretto a tornare a Budapest per questo o peggio...incontrare suo padre, l'uomo che sapevo odiava più di chiunque altro.

Era questo a preoccuparmi soprattutto, il resto erano bazzecole.

- Ce la caveremo - disse il prof - Se la caverà, a te dopotutto -

Annuii e feci per raggiungere il mio ragazzo ma mio padre mi prese per mano e mi abbracciò.

- E tu hai noi - mi sussurrò - Per qualsiasi cosa potete entrambi contare su tutti noi -

Ricambiai l'abbraccio.

- Lo so, lo so -

                               ***

Fabio

Presi il telefono e lo lanciai dall'altra parte della stanza.
Dal rumore che sentii ero sicuro di averlo fatto a pezzi.

Una cosa, solo una cosa desideravo nella mia vita del cazzo: vivere il resto della mia esistenza con la donna che amavo. La volevo al mio fianco in tutti i sensi, legalmente e non.
E invece? Invece ci mancava pure questa.

Mi ero rintanato nello studio di George e avevo chiamato l'anagrafe del mio paese di nascita e la risposta che mi avevano dato mi aveva fatto perdere ancora di più le staffe e il bisogno di andare a prendere a calci in culo l'uomo che mi aveva messo al mondo era impellente ormai.

Mi lasciai cadere sulla poltrona e ripresi a bere la mia birra, scolandola.
Non mi fece un accidente, avevo bisogno di qualcosa di più forte.

Fanculo a mio padre e alle leggi: secondo l'anagrafe di Budapest ero morto e sepolto da anni.

Mi stava venendo voglia di andare a casa di quell'uomo anche solo per fargli prendere un colpo, magari avrebbe creduto che fossi tornato dal regno dei morti e gli sarebbe venuto un infarto.

Sbuffai passandomi le mani tra i capelli e buttai la testa all'indietro, guardando il soffitto.
Poco dopo gli occhi della mia donna e il suo bellissimo viso apparvero nella mia visuale.

- Rilassati - disse - Possiamo risolverla pacificamente -

Feci una risata amara.

- Fabio... - mi chiamò.

- Quel pezzente che ha dato lo sperma per mettermi al mondo ha dichiarato il mio decesso più o meno quando avevo otto anni - spiegai.

- Cosa? - chiese Sofia scioccata.

- Già...- dissi - Ho chiamato l'anagrafe per quei documenti e mi hanno dato questa risposta. Non possono mandarmi un cazzo perché effettivamente sono morto. Devo andare là, per risolvere la questione e dare conferma che sono ancora vivo, per la disgrazia di quel coglione -

Sofia sospirò e fece il giro della poltrona per venirmi di fronte e mettendomisi in braccio.

- Devi...controllare tutta questa rabbia e smetterla con il rancore - mi disse passandomi le mani tra i boccoli - Abbiamo già affrontato una situazione del genere, con me, ti ricordi? -

- Come potrei dimenticarlo - ammisi ricordando la nostra avventura a Matera.

- Quindi dobbiamo andare là, risolvere la situazione e dire a tuo padre di ritirare le sue affermazioni -

- Quello è tutto tranne che un padre - ribattei.

- Io ho perdonato mia madre, perché tu non puoi fare lo stesso con lui? - mi chiese Sofia.

Sbuffai e le accarezzai la schiena per calmarmi.

Era bellissima e io non ero riuscito nemmeno ad ammirarla fatto bene con quel vestito che aveva comprato apposta per quel giorno. Quel giorno che per noi doveva essere il più bello, un passo più vicino alla nostra vita insieme.

- Sei bellissima - le dissi.

- Non cambiare discorso Fabio - rispose alzando gli occhi al cielo.

- Ma lo sei, e non avevo ancora avuto il tempo di dirtelo - dissi.

Lei sorrise e mi baciò a fior di labbra.

- Fabio...non mi importa del matrimonio ok? Dico sul serio, la cosa più importante è averti al mio fianco e sapere che stai bene, che va tutto bene - disse.

- Importa a me - ammisi - Importa a me che diventi mia moglie -

- Sono già completamente tua -

- Lo so - risposi mettendole i ciuffo di capelli dietro l'orecchio.

La guardai.
I suoi occhi luminosi e preoccupati per me, le sue labbra rosse e perfette che non mi sarei mai stancato di baciare, il suo cuore che batteva al ritmo del mio sotto la mia mano.

Era per lei che facevo tutto, era per lei che ero cambiato ed era per lei che vivevo.
E sempre per lei avrei fatto questo sforzo. Per renderla felice, per non perderla, avrei abbandonato il mio orgoglio e avrei provato ad andare avanti con la storia dell'uomo che mi aveva messo al mondo.
Solo per lei.

- Che c'è? - mi chiese.

- Stavo pensando...che ti amo troppo - dissi.

Sorrise.

- Anche io ti amo troppo Fabio, davvero troppo per descriverlo - rispose per poi chinarsi su di me e baciarmi.

Sei il mio per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora