31

248 30 8
                                    





Inutile dire che nei giorni seguenti mi sono buttata sul cibo, tentando invano di occupare il vuoto con le schifezze presenti nel mio frigorifero. Subito dopo è sopraggiunto il senso di colpa, dovuto alla scorpacciata e soprattutto a quello che avevo fatto a Mike. Così ho iniziato a svegliarmi all'alba, infilandomi la tuta per poter andare a correre. Ad ogni chilo preso, correggo la rotta facendomi chilometri e chilometri di strada con musica nelle orecchie per poter allontanare i pensieri. Tutto questo per due settimane. Questi quattordici giorni non sono stati facili, e l'imminente partenza per Parigi mi rammenta che non ho voglia di fare niente ma lo devo a Zoe e perciò la accompagnerò. Raggiungiamo il gate e saliamo a bordo, accomodandoci nella fila centrale in attesa di decollare. Ci vogliono più di dieci ore per poter arrivare al Charles de Gaulle, perciò mi distendo con la schiena sciogliendo i nervi del collo. Alla fine del viaggio, mi si incorda provocandomi un dolore lancinante che mi accompagna per tutta la giornata. All'arrivo in hotel, ricordo di dover aggiornare i miei genitori. Ultimamente non sono in contatto con loro quanto dovrei, e gli ultimi accadimenti di certo non hanno migliorato la situazione. Mi tengo a distanza per non dover dire a mia madre che ho messo il punto ad un'altra relazione, forse la più seria che io abbia mai avuto in ventotto anni.

Ho parlato ai miei genitori di Mike, ma ho evitato di fare le presentazioni ufficiali. Lui mi ha presentato a suo figlio, mi ha fatto conoscere sua sorella e lei mi ha aiutata a rendere il compleanno di Mike memorabile, organizzando ogni cosa al posto mio persino con un minimo preavviso. Elle è stata molto dolce, e mi ha fatta sentire come una di famiglia nonostante non sapesse quasi nulla di me. Forse la scarsa esperienza di suo fratello in fatto di relazioni serie, l'ha resa incline ad accettarmi con più facilità. Mando un messaggio a mia madre, dichiarando l'assenza di rete nell'hotel e così evito che mi chiami per tutta la durata del soggiorno a Parigi. La nostra prima tappa è il Museo del Louvre, dove Zoe sa che ho intenzione di girovagare tra i corridoi per osservare le opere esposte. Un posto dove lei non si sente completamente a suo agio ma me lo deve, visto che ho accettato di seguirla a Malibu. Dopo una breve sosta al Cafè de Flore, dove assaporo l'odore inebriante dei croissant appena sfornati, proseguiamo per Saint-Germain-des-Prés ammirando i palazzi alti e i balconi tutti decorati da bouquet floreali esposti sulle ringhiere. In serata mi invita a rinchiuderci in un ristorante per poter consumare una vera cena francese, con formaggi ed escargot. Evito di mangiare le lumache però accetto di seguirla, indossando un abito bianco per camminare lungo la hall pavimentata in marmo e sentendomi come Julia Roberts in Pretty Woman. 

Siedo dietro il tavolo, accavallando le gambe e le luci soffuse mi rammentano la cena con Mike allo Sky Bar. Tiro su con il naso, e sorrido alla mia amica che mi conforta con un solo sguardo. Lei sa sempre cosa fare, ed ha sempre le parole giuste ma questa volta sceglie il silenzio perché sa che ho solo bisogno di allontanare i pensieri. Io e Mike non ci siamo lasciati. Ci siamo presi una pausa, ed anche se non lo sento e non lo vedo da più di due settimane, mi manca ogni giorno sempre di più e lo penso costantemente forse anche più di prima. Più di quanto non mi è capitato questa estate, quando sovente ripensavo a quell'intensa settimana al mare che lui ha reso la più bella della mia vita. Istintivamente prendo il cellulare per controllare se ci sono messaggi, e dopo lo lascio a faccia in giù sulla tovaglia bianca godendomi la cena con la mia migliore amica. Il tempo in questa bellissima città sembra trascorrere molto in fretta. Sotto richiesta di Zoe ho provato le lumache, che mi hanno dato il voltastomaco facendomi correre in bagno. Al nostro rientro in patria, quando torno in una casa vuota e troppo silenziosa, ricordo un certo particolare che mi è sfuggito nell'ultimo mese.

Immediatamente faccio un salto in farmacia per comprare il test di gravidanza, che mi conferma il dubbio che è sorto quando ero ancora a New York, il che vuol dire che sono incinta da più di un mese e con tutte le cose che sono successe non ho dato importanza al mio calendario. Dovrei parlarne prima di tutto con una persona, confrontarmi con lui e capire cosa fare. Ciò nonostante, mi ritrovo sullo zerbino di casa dei miei genitori. I miei nipoti mi corrono incontro, saltandomi in grembo per potermi baciare sulle guance.

"Pensavamo portassi il tuo nuovo ragazzo. Mark, giusto?" domanda papà. "Si chiama Mike. Comunque no, non è qui. Doveva lavorare" mi sfilo il giaccone, avvicinandomi al camino acceso. Ecco che cosa amo dell'inverno. Mamma mi squadra dalla testa ai piedi, soffermandosi sul mio viso. "Uh, tesoro. Hai il viso smunto. Stai mangiando, spero".

"Mamma, sto mangiando anche troppo ma mi alleno perciò non assimilo un granché". Per qualche minuto mi parla di diete e quant'altro, per poi chiedermi se resto da loro per cena. Mi sfioro la pancia da sopra il maglione. "Volentieri".

Dopotutto non so dove andare. Non voglio trascorrere un altro giorno da sola, e non so dov'è Mike. A questo punto potrebbe essere a Boston, o a New York per provare ad essere un padre amorevole e presente per Chris. Potrebbe anche essere ad Aspen, visto che secondo Nicole ci passa tutti gli inverni. Prima di sedermi a tavola con la mia famiglia, prendo il cellulare e scorro i numeri in rubrica fermandomi alla M. Il pollice indugia su quel nome, esitando nel cliccare sul tasto di chiamata. Tiro un grosso respiro e blocco lo schermo dal tasto al lato, instillandomi un po' di coraggio per poter proseguire la giornata senza apparire troppo avvilita o nostalgica. Sotto gli sguardi curiosi della mia famiglia, trangugio con gusto la salsa di peperoni accompagnata da un'insalata di patate e tonno. "Speravamo ci portassi uno dei tuoi quadri. Secondo Zoe stanno avendo un enorme successo nella galleria della tua insegnante d'arte" subito sgrano gli occhi. "Avete parlato con Zoe?".

"Ci chiama più di quanto stai facendo tu, tesoro" replica mamma, facendo una mezza smorfia. Mi offre un calice di vino, ma lo rifiuto agitando la mano all'altezza del bicchiere. Questa azione dovrebbe già insinuare il dubbio però i miei genitori non sono così perspicaci. Dopo cena, i miei nipoti mi tirano per le braccia, invitandomi a giocare con loro nel soggiorno. Sistemano il trenino sul tappeto persiano, e mio cognato mi chiede di sfidare lui e mia sorella a Monopoly. "In tre non c'è gusto" mio padre alza la mano. "Giochiamo anche io e tua madre".

"Sapete giocare?". "Non ci vuole Einstein, Paige". Durante la partita, il telefono squilla e scoprendo che è Zoe mi allontano per poter rispondere, fermandomi nel corridoio. "Tesoro, dove sei?". "A casa dei miei. Tutto bene?". Faccio di sì con la testa e poi lo confermo anche a lei. Non le ho detto nulla della gravidanza. Mi forzerebbe a parlarne con Mike ed io non sono ancora pronta. Non so nemmeno se lo voglio un bambino.

"Sì, ma ho bisogno di te. Domani devi accompagnarmi da una parte. Non farmi domande. Non posso dire nulla" accetto il suo essere sfuggente e dopo la saluto, tornando in soggiorno. La serata prosegue tra risate e racconti risalenti alla mia infanzia. "Amore..." inizia a dire mia madre, portandosi il tovagliolo sul naso "...hai quasi trenta anni. Spero davvero che Mike sia quello giusto. Avrei tanto voluto conoscerlo". Deglutisco, terrorizzata. "Lo conoscerete, presto. Anche lui non vedeva l'ora, ma è stato trattenuto". Mia sorella mi rivolge un certo sguardo, come se avesse capito qualcosa. Non sarebbe la prima volta. Lei sì che è intuitiva. Ci ha sempre saputo fare, e ai suoi occhi sono sempre stata trasparente, perscrutabile. A fine serata, quando mi avvicino alla porta per poter andare via, mi sento richiamare dalla cucina. È lei e mi fulmina con i suoi penetranti occhi neri. "Non mi freghi, Paige Elizabeth Hawkins. Che cosa succede? Hai rotto con Mike?".

"No, io..." prendo tempo, cercando le parole giuste da dirle. "Hai rotto con lui?". "Non abbiamo rotto. Mi sono solo presa una pausa". "E per quale assurdo motivo, me lo spieghi?" tiro un grosso respiro, ricordando il volto di Francesca. Il modo in cui ha tentato di allontanarmi da Mike. Ha usato suo figlio, perché sapeva che non gli avrei mai impedito l'amore di un padre. "Non mi fido di lui. O meglio, non mi fido della donna con cui stava. Ho paura che Mike possa ritornare l'uomo che era un tempo, e non posso permettermelo. Soprattutto adesso che io..." temporeggio, riflettendo sul da farsi. "Adesso che tu cosa?". "Io..." mi porto una mano alla bocca, come se avessi un rigurgito. Mia sorella sembra comprendere. Sgrana gli occhi e i lati della sua bocca si sollevano a dismisura, mostrandomi un sorriso entusiasta.

𝙏𝙝𝙚 𝙇𝙞𝙛𝙚𝙜𝙪𝙖𝙧𝙙 | 𝘾𝙝𝙧𝙞𝙨 𝙀𝙫𝙖𝙣𝙨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora