Quando Maria ci chiama sulle gratinate per una comunicazione d'urgenza, nonostante tutto ciò che sia accaduto, non faccio a meno che notare la mancanza di Christian sui gradini.
Mi giro verso Mattia, che sembra confuso quanto me, e gli chiedo dove stia il moro, ma il barese non sembra sapermi rispondere.
Rivolgo il mio sguardo allora a Dario, che ha le mani unite davanti al viso e gli occhi spalancati, come se avesse realizzato qualcosa di evidentemente non bello, che forse non volevo realizzare.
"Come state, ragazzi?"
Si solleva un'ondata di "bene" e "tutto apposto" che sembrano significare qualcosa solo per un paio di persone.
"Aimee, Rea, tutto ok tra di voi?" La bionda mi guarda ed io le rivolgo un sorriso.
Non so come io sia riuscita ad ascoltarla e perdonarla tanto velocemente, quando non riesco nemmeno a guardare Christian in faccia senza volergli tirare un ceffone enorme.
"Tutto ok." Dico, dando la mano a Rea, che mi sorride a sua volta con occhi lucidi.
"Sono contenta che abbiate chiarito, c'è bisogno di un clima di supporto e unanimità in questo momento. Volevo che foste tutti e steste tutti bene per questa notizia."
Ma non siamo tutti.
"Ma manca Chri, Maria." Esclama Mattia grattandosi la mascella, facendo annuire alcune persone, tra cui me.
"È proprio questo ciò di cui volevo parlarvi." Afferma lei, facendo una pausa per farci eventualmente parlare.
"È successo qualcosa?" Chiede Alex, dall'altra parte della stanza, con un tono particolarmente preoccupato.
"Si." Afferma secca Maria, e subito il mio cuore inizia a battere troppo velocemente.
"Non sta bene? Ha avuto una ricaduta?" Sono io questa volta a parlare, spaventata per quello che potrebbe essere successo.
Mi guardo intorno e noto come Dario sia sempre più agitato e consapevole di ciò che dice Maria, confermando la mia ipotesi che lui sappia qualcosa.
"Non ha l'influenza." Afferma la conduttrice.
"E cosa ha allora? Il covid? Non capisco Maria." Ammetto, questa volta sull'orlo delle lacrime.
"Da quando tempo è che non lo vedete fare un pasto completo, ragazzi?"
Restiamo tutti in silenzio, a interrogarci sulla domanda appena posta. Io per prima, che mi accorgo di come effettivamente non lo abbia proprio visto mangiare nelle ultime due settimane, di quante volte lui aveva detto di aver mangiato o che avrebbe mangiato dopo, quando poi in realtà nessuno lo sapeva.
"Ecco." Dice Maria. Poi continua: "La produzione lo ha confrontato a riguardo, io ci ho parlato personalmente, e c'è una grande possibilità che domani sia il suo ultimo giorno all'interno della casetta."
Un brusio si alza e le lacrime che cercavo di trattenere in ogni modo, inevitabilmente cadono.
"Lo mandate via? Perché non lo aiutate, come avete fatto con me? Non capisco." Dico freneticamente, cercando di asciugarmi le guance.
"Glielo abbiamo proposto, è stato lui a dire di voler andare a casa."
Perchè dovrebbe volere una cosa del genere?
"Vi lascerò parlare tra di voi, a dopo ragazzi." Sono le ultime parole di Maria, prima di interrompere il collegamento.
"Tu lo sapevi." Dico subito, in direzione di Dario.
Lui annuisce.
"Ho trovato un foglio, credo sia per te."
Me lo porge, dopo averlo tirato fuori dalla tasca, e subito inizio a leggere.
'Sono le due e trentadue di notte, e io penso a te. Penso a come tu sia riuscita a stravolgere ogni mia singola abitudine in troppo poco tempo, facendo in modo che la monotonia in cui vivevo si rompesse totalmente, riportandomi a un senso di novità e curiosità che sentivo mi appartenesse.
Sono le due e trentaquattro di notte, e io penso a te. Penso al tuo brusco carattere che nessuno sopporta, da cui le persone hanno cercato di mettermi in guardia prima che fosse troppo tardi, un'impresa non riuscita visto com'è finita la storia.
Sono le due e trentasei di notte, e io penso a te. Penso a quanto siamo diversi, ma allo stesso tempo dannatamente simili, in un modo che sembrava quasi farci completare a vicenda, ma che ha portato solo sofferenza e un pizzico di rancore, un grande pizzico.
Sono le due e trentotto di notte, e io penso a te. Penso al tuo sorriso, che la maggior parte delle volte causa in me un dolore al petto, non dovuto a problemi di salute, dovuto solo alle forti emozioni e sentimenti che non posso fare a meno di provare per una persona come te, con un sorriso così.
Sono le due e quaranta di notte, e io penso a te. Penso a come sarebbe potuta andare in un'altra vita, in cui i nostri pianeti non erano tanto vicini, capaci di scontrarsi in qualsiasi momento, senza che lo volessimo, una vita in cui i nostri pianeti orbitano con un ordine perfetto, che non è tanto affascinante se non eseguito insieme.
Sono le due e quarantadue di notte, e io penso a te. Penso a come tu ti sia sentita, ai miei errori, che sono sempre stati tanti, ma anche ai tuoi che non riesci ad ammettere nemmeno sotto tortura. Non te ne faccio una colpa, so che sei fatta così, che sei così tanto simile a me da provocarmi tanto dolore quanto sollievo, nella stessa quantità ma non nello stesso momento.
Sono le due e quarantaquattro di notte, e io penso a te.
Non so con che coraggio io possa pensarti ancora, ma so che è più forte di me, che il tuo nome è sempre stato un piccolo puntino fisso nel mio cervello, che non sono riuscito a cancellare.
Ora io andrò a dormire, con il pensiero di te in testa.
E domani, svegliandomi, penserò ancora a te, così il giorno dopo, dopo ancora, e così andando.
Sono le due e quarantasei di notte, ed io penso solo e sempre a te.'
Con le lacrime nuovamente agli occhi, giro il foglio, intravedendo tra gli scarabocchi la scritta 'Sono solo.'
È davvero così che si sente Christian?
Ed è davvero solo come pensa?
STAI LEGGENDO
Strawberries and Cigarettes. || Christian Stefanelli
Fanfiction"Lo sai che a Lecce ha nevicato oggi?" Mi chiede lei tutto d'un tratto. Spezzando il brutto silenzio che si è formato "Davvero?" Domando, sognante, con la voce bassa e timida. Sono abituato a vedere la neve quando sono a casa per Natale, ma quest'an...