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Ormai era tardi, la metropolitana stava per chiudere e io dovevo assolutamente trovare un posto per passare la notte.
C'era solo un posto dove potevo andare, così mi diressi verso la metro nella direzione nord della città. Jason aveva ragione, non avevo nessuno, i miei genitori erano morti 4 anni prima in un incidente stradale, così non avendo nessuno da cui stare passai dai miei 14 ai miei 17 anni in una specie di casa famiglia, dove conobbi Daisy, aveva la mia stessa età, i suoi genitori erano persone poco raccomandabili così viveva lì, era diventata la mia compagna di stanza e ci facevamo forza a vicenda nelle giornate buie.
Non saprei come considerarlo quel posto, non avevamo regole, se non quella di tornare in istituto entro la mezzanotte, potevamo frequentare le scuole pubbliche, fare sport, uscire, avere un cellulare purché usassimo i nostri soldi, e alle istitutrici poco importava di come ci pagassimo le cose, così io con i soldi lasciatomi in eredità dai miei genitori continui ai a frequentare pole dance e provai a vivere la mia vita nel più normale dei modi viste le circostanze.
Senza Daisy non ce l'avrei mai fatta, lei e i suoi ricci capelli neri mi davano la forza di affrontare le giornate, soprattutto quelle scolastiche dove se provenivi dal nostro istituto non eri visto di buon occhio. Lei era una secchiona e aveva il massimo dei voti, io mi limitavo ad arrancare, copiavo i suoi compiti e mi accontentavo della sufficienza, motivo per il quale non avevo proseguito con gli studi a differenza sua.

La vita nell'istituto non era rosa e fiori, era frequentato da persone di ogni tipo, alcolizzati, drogati, spacciatori insomma chiunque fosse sotto la maggiore età e non avesse una famiglia in grado di mantenerlo. Questa cosa mi indirizzo in età abbastanza al fumo delle sigarette e a quello che io definivo l'uso terapeutico della marijuana . Non era un vero e proprio vizio, ma un paio di volte a settimana la fumavo, in un primo momento era per sentirmi grande ed invincibile, poi diventò un abitudine, una parte di me.

Essendo l'istituto lontano dalla mia vecchia casa, dovetti cambiare scuola, e di conseguenza persi tutti gli amici, ma proprio lì insieme a Daisy conobbi Jason, così iniziammo ad uscire da subito e iniziò la nostra storia. Appena compiuti i 17 anni io i trasferì da Jason ma dato che io e Daisy eravamo inseparabili a tal punto che ci eravamo tatuate un cuore insieme sul costato e lei non aveva un posto dove vivere decidemmo di farla trasferire con noi.

Jason non aveva mai dato segni di violenza prima della convivenza, c'é da dire che i nostri unici momenti di intimità dove eravamo soli erano i pomeriggi a casa sua, dove c'era sempre qualcuno.
Dopo che alzò le mani per la prima volta, si scusò, sembrava veramente dispiaciuto dell'accaduto e mi promise che non sarebbe più successo. Daisy ed io all'epoca avevamo pensato ad andarcene ma non avevamo nessuno, non avevamo abbastanza soldi, un lavoro stabile, inoltre io lo amavo, era stato il mio primo e unico ragazzo, e loro due andavamo veramente d'accordo, quindi rimanemmo nella speranza che le cose non peggiorassero.

Purtroppo con il passare del tempo le litigate diventarono molto più frequenti e specialmente nell'ultimo periodo Jason iniziò a bere, cosa che contribuiva a far sfociare le nostre discussioni in liti violente da parte sua.

La peggiore fu quella della settimana scorsa, avevamo discusso perché volevo provare a partecipare alle regionale di pole dance, cosa che lui non approvava, e non so nemmeno come da uno semplice scambio di opinioni sono finita sul pavimento mentre mi tirava calci e pugni su tutto il corpo.
Quando qualche ora dopo Daisy entrò in casa, mi trovò rannicchiata nell' esatto punto dove Jason mi aveva lasciato, piena di lividi e di escoriazione, ricoperta dalle mie stesse lacrime e mi disse che io dovevo andarmene, per il mio bene, che nessuno avrebbe creduto ancora a lungo che i lividi che avevo erano causati dalle abrasioni che mi facevo a lezione sul palo (cosa che effettivamente capitava spesso, ma non erano mai così dolorosi e gonfi, e soprattutto non sanguinavano).
Ora capivo perché diceva che ero io a dovermene andare, se me ne fossi andata avrei lasciato Jason e lei sarebbe stata libera di farsi sbattere da lui.
Che ingenua sono stata a fidarmi di lei.

Riemersi dai miei pensieri e mi ritrovai a piangere sui sedili della sudicia metropolitana di Toronto.
Il tragitto durò circa mezz'ora e con fastidio mi resi conto all'uscita della metro che il tempo non era migliorato, anzi. Pioveva a dirotto e faceva abbastanza freddo per essere agosto, sbloccati il mio telefono è iniziai a cercare l'indirizzo al quale andare. Di notte le strade sembravano tutte uguali, era facile perdere l'orientamento soprattutto mentre correvo sotto la pioggia senza ombrello ma lo riconobbi subito non appena ci arrivai davanti.

Un piccolo condominio di pochi piani, saranno stati sei al massimo, cosa rara per essere a Toronto ma comune per essere un tranquillo quartiere residenziale. La costruzione era in mattoni rossi, me lo ricordavo benissimo nonostante ci fossi venuta un paio di anni fa solo di sfuggita. Il portone d'ingresso era aperto, esitai prima di entrare ma non avevo scelta, o dento o fuori sotto la pioggia a dormire per strada. Guardai nuovamente il telefono, era l'una di notte. Ormai anche volendo non sarei potuta tornare in dietro in tempo con la metro e non avevo intenzione di farlo, dovevo provare a darmi una possibilità e voltare pagina. Mi feci coraggio ed entrai in ascensore. Mi trovai di fronte ad uno specchio. Se prima in camera la mia immagine era pietosa adesso poteva solo peggiorare. Gli occhi erano gonfi per il pianto e il trucco era sbavato, i capelli come i miei vestiti gocciolavano per la pioggia. Almeno le mie dottor Martin's fucsia mi avevano tenuto i piedi all asciutto.
L'ascensore si fermò all ultimo piano, era ben illuminato e il piccolo corridoio conduceva verso la porta dell'unica abitazione presente nel intero piano.
Bussai alla porta e quando si aprì mi si presentò davanti una figura maschile sconosciuta.

Era alto, tanto alto. Indossava dei jeans neri strappati sulle ginocchia e una canottiera bianca che gli metteva in risalto le muscolosa braccia tatuate. La barba di qualche giorno e un piercing al labbro mi condussero verso i suoi occhi verdi. Un verde bellissimo, quasi smeraldo, due occhi verdi che mi guardavano confusi.
" Allora splendore, sei qui per la festa? Io sono Davon piacere, entra accomodati" esordì lo sconosciuto spalancando le braccia indirizzandomi verso il soggiorno.
Sbiascicava leggermente, doveva aver bevuto qualche bicchiere di troppo visto che non aveva detto nulla dei due borsoni che avevo in spalla e del fatto che grondavo d'acqua, tanto bello quanto sbronzo.

"No non sono qui per la festa, sto cercando Ilan" dissi entrando nell'appartamento.

"Ei Ilan, qui c'è una che ti cerca" urlò alle sue spalle .

"Hope" quando lo sguardo di Ilan si incrocio con il mio ebbe un sussulto, probabilmente dopo il mio comportamento di qualche ora prima non si aspettava di vedermi, soprattutto in queste condizioni.

«Cosa ti è successo, chi è stato a farti questo?"disse serrando la mascella «dimmi cosa cazzo ti è successo!»

Diversi sguardi si erano posati su di me, incluso lo sguardo di Davon.
Avevo interrotto quella che aveva l'aria di essere una festa. Diverse ragazze nei loro vestiti striminziti e sui loro tacchi vertiginosi mi stavano fissando confuse.

«scusami tanto, non volevo disturbare ma io... io non sapevo dove andare e ho pensato a te, ho bisogno di un posto per questa notte, per favore»
Non mi ero accorta ma dai miei occhi iniziarono a scendere lacrime.

«Ok ragazze la festa è finita» disse Davon intuendo la situazione, un vocio di dissenso si levò dalle partecipanti e solo in quel momento realizzai che fossero tutte ragazze.

Ilan non aveva staccato gli occhi dai miei, in poche falcate mi raggiunse e mi strinse a se in un abbraccio dove io mi sciolsi.
Respirai affondo il suo profumo, esattamente lo stesso da anni, Dio solo sa quanto mi era mancato, lui, le sue forti braccia, i suoi profondi occhi neri e i suoi capelli dello stesso colore.
"Sssh, va tutto bene, adesso sei a casa sorellina, puoi restare quanto vuoi" sussurrò al mio orecchio .

HoneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora