Capitolo 29

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La mattina del giorno seguente ci fu una veglia per Fatima. La piccola cappella del carcere non era piena, in pochi la conoscevano veramente e la verità è che la maggior parte la odiava solo per essere la figlia di qualcuno. Ricordo che Zulema chiese espressamente di non addobbarla come se fosse un matrimonio. Niente fiori, niente candele, niente musica. Una cosa semplice. Rimasi nelle ultime file a guardarla seduta accanto a Saray con il cappuccio della felpa gialla tirato su. Ricordo perfettamente che il mio unico pensiero era che stava tramando e che tutto quello era un contorno prevedibile per non dare nell'occhio. Zulema non avrebbe mai celebrato la morte di sua figlia seduta poco distante dai suoi assassini, piuttosto li avrebbe sgozzati davanti a tutti in un impeto d'ira. Ma no. Zulema è scaltra e glaciale soprattutto quando è impossessata dalla sua stessa sofferenza. Il soprannome scorpione non è dato per caso. Ti colpisce quando meno te lo aspetti, con il minimo rumore fa il massimo danno.

Palacios ci chiede di rientrare in cella e io rimango a mettere a posto le sedie. Tardo un po' e resto sola.
"Quando le mie figlie si riprendevano da una malattia, che sia influenza, tonsillite o altro, le facevo un regalo" il mio corpo si irrigidisce appena riconosco la sua voce viscida "Le portavo al cinema o a prendere il gelato. Le premiavo per aver superato la malattia con coraggio"

Non mi sono ancora voltata per guardarlo. Lui, una serpe velenosa, un viscido e disgustoso psicopatico maniaco "Che padre premuroso" gli rispondo con ironia.

"Mi devo scusare con te.. Da quando sei tornata non ho più avuto modo di parlarti" con quale coraggio di presenta dinnanzi a me? Mi volto e incrocio il suo sguardo calcolatore "Quale potrebbe essere ma giusta ricompensa per aver superato il coma?"

"Mi vengono in mente molte cose" gli rispondo frettolosamente "La verità su Fatima" gli chiedo un qualcosa di impossibile.

"Vuoi sapere che cosa adoro?" Sandoval mi osserva, mi studia, sento il suo schifoso sguardo analizzarmi meticolosamente "Che nonostante tutti i tuoi sforzi per nascondere la tua vera identità dietro la tua maschera di persona pericolosa io vedo la stessa donna che ho conosciuto il primo giorno. Quella ragazza spaventata, debole e fragile talvolta impacciata perfino ma sensibile e con una necessità atroce di amore. Per quanto riguarda il tragico incidente di Fatima Zahir purtroppo non so che altro aggiungere all'indagine che c'è già stata"

Annuisco mentre sul mio viso compare un leggero sorriso strafottente "Sei ancora il porco che mi ricordavo"

"E a che cosa devo tutta questa aggressività? Dovresti essermi grata" aggrotto appena la fronte "Come ti spieghi che una persona
così schifosa e sgradevole come mi dipingi sia stata così disponibile prendendosi la briga e la responsabilità di venire a trovarti tutti i giorni?" un buco allo stomaco, un nodo alla gola. Esteriormente non mostro nulla ma il mio corpo sta reagendo male alle sue parole. Una leggera sensazione di panico "Eh sì, sempre al tuo fianco, vicino al tuo letto. Non ti ho mai delusa. Non ti ho fatto mancare affetto neppure per un giorno e, se fosse per me, non ti mancherebbe mai" rimango a fissarlo senza proferire parola. Lui esce dalla cappella attraversando una porta secondaria. Solo allora, rimasta da sola, butto fuori tutta l'angoscia.

"Ancora dell'idea che lui non se lo merita?" Sobbalzo e la vedo appoggiata allo stipite della porta. Lei. Ha sentito tutto.

Scuoto la testa, lei non sa che in questo preciso momento vederla mi salva dalle mie stesse emozioni, mi ritrascina alla luce lei che è solo oscurità "Allora non hai capito nulla"

Devo uscire di qui, faccio per superarla ma mi afferra per un braccio "Spiegami"

"Perché sei qui, Zulema?" Le chiedo incrociando il suo sguardo.

C'era una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora