Capitolo 7

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"Sicura che è questo quello che vuoi?"

Non rispondo. Non mi conviene. Le sue mani finiscono sui miei fianchi e li stringe possessivamente. La mia presa diminuisce e con la stessa mano che prima premeva sul suo collo le sfioro il viso. Le sue mani si intrufolano sotto la mia canotta e toccano parte della mia pelle che si riempie di brividi. Non ho alcun controllo sui miei gesti e le mie parole. "Non sono un giocattolo" ringhio. Sono infuriata e confusa, pessimo binomio sopralluogo in questo stato.

Lei mi afferra per i polsi e inverte le posizioni. Mi sovrasta con il corpo premendolo contro il mio lasciandomi senza respiro "Non ho mai detto che tu lo sia" sono convinta che me lo stia dicendo perché sa che dimenticherò tutto appena l'effetto della droga svanirà e sono altrettanto sicura che non sia vero. Per lei è tutto un gioco, la vita stessa è un parco giochi. Lei sta facendo tutto questo perché le piace avere il controllo su di me. Finito con me andrà da Hierro se non oggi lo farà domani. Perché è così, imprevedibile e selvaggia. Totalmente incontenible. Totalmente inaffidabile.

"Mi tratti come se lo fossi" appoggia le labbra sulla mia mandibola e scivola sul collo, lasciando una scia di morsi e di baci. La sua lingua mi assapora. Mi scappano una serie di gemiti che non riesco a controllare "Zulema devi smetterla" la imploro, sta giocando con i miei sentimenti e io non sono sufficientemente forte per respingerla. C'è una parte di me che adesso sta prevaricando sull'altra che vuole tutto questo, disperatamente "Mi stai fottendo il cervello"

Le sue labbra si posano sul mio orecchio "Non solo il cervello" un brivido percorre la mia schiena a causa del suo respiro sulla mia pelle accompagnato da quelle parole, il suo sguardo incrocia il mio. Sto per avvicinare le labbra alle sue, mandando a puttane tutto quanto per l'ennesima volta quando sentiamo i passi delle altre sempre più vicini. Ci allontaniamo e mi sdraio sulla mia brandina facendo finta di nulla. Oserei dire che mi hanno appena salvata da un errore madornale, un errore che avrei commesso volentieri ma che resta comunque un errore madornale.

Entrano tutte, parlano distratte fra di loro e non si accorgono di quanto siamo tese. Lei lo nasconde meglio di me, io invece potrei avere un infarto a momenti. Ed è proprio in questo preciso momento che le luci si spengono di botto e le tenebre immediatamente ci avvolgono.

Mi siedo e inizio a guardarmi intorno, riesco a malapena riconoscere le sagome nel buio "Che cazzo succede?" Chiede Saray a un secondino che passa con la luce della torcia accesa.

"Un blackout.. tornate nelle vostre celle, per favore" riconosco la gentilezza di Palacios.

"Che carcere di merda" commenta Antonia scocciata.

"Beh potremmo approfittarne per.." sento la voce della Riccia che si interrompe.

Io mi sdraio e sento che qualcuno sale sulla mia brandina. Nel buio non riconosco nulla, una mano mi sfiora la gamba salendo su e giù molto lentamente. Collego questo gesto alla frase di Kabila "Riccia smettila"

"Di fare cosa?" Mi chiede lei, la voce la sento troppo lontana. Non è lei. Non è qui accanto a me.

Spalanco lo sguardo e un profumo inconfondibile mi arriva alle narici "Zul.."

Mi tappa la bocca con una mano e mi viene totalmente sopra "Taci" mi sussurra all'orecchio. Mentre l'altra sua mano vaga per il mio corpo toccando tutti i punti giusti. La devo mordere per soffocare i gemiti. Il suo respiro sulla mia pelle. Le sue mani. Il suo odore. Non sono sicura di riuscire a respingerla.

Con la pochissima forza di volontà che mi rimane la afferro per il collo stringendo appena "Non voglio" sussurro piano e lei scoppia a ridere.

"Se è vero che non lo vuoi.. perché mi stai aprendo le gambe?" Con questa domanda mi accorgo che non solo le ho spalancate con lei in mezzo ma che sono già bagnata.

C'era una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora