Capitolo 9

215 18 15
                                    

Gli errori nella vita si pagano.

È una consapevolezza che bisogna tenere sempre presente ogni volta che si intraprende una strada, ogni volta che si fa una scelta. Sarebbe così facile sapere già dove ti porta quella decisione, avere un cartello al bivio:

Stai attenta cazzo stai per finire in un gigantesco fosso.

Sarebbe troppo bello essere avvisati in tempo.

Il destino gioca a carte con noi e vince sempre perché conosce le nostre mosse ancora prima di giocarle.

Si fa beffe di noi lasciandoci nell'illusione di avere potere di scelta..

ma sapete una cosa? È un'enorme cazzata. Non ho scelto io di finire in carcere. Non ho scelto di dover lottare per sopravvivere. Non ho scelto di perdere tutta la mia famiglia. Non ho scelto un cazzo.

C'è chi direbbe che me lo sono meritato, probabilmente ha ragione, ritenendo che tutto questo non sia altro che il frutto di una serie di scelte sbagliate.

Ma come ho detto.. al bivio non c'è un cartello con scritto: strada sbagliata non entrare.

Il suono fastidioso dei parametri vitali mi pulsa nelle orecchie. Akame. Mi hanno picchiata a sangue. Non sono morta, provo troppo dolore. Non so se esserne felice o meno. Intorno a me sento una serie di voci familiari e avverto diverse persone nella stanza. Non ho nemmeno la forza di aprire gli occhi.

"Tu dove cazzo eri eh?" Lei. La sua voce incazzata la riconoscerei ovunque.

"Io.." questo dovrebbe essere.. non lo so, sono un po' confusa.

La voce dello scorpione lo zittisce ancora prima di parlare "Fai tanto il fidanzato che giura amore eterno ma non sei nemmeno in grado di fare il tuo cazzo di lavoro!" okay sta parlando, per non dire urlando, contro Fabio.

"Ma.." se continua a dire una parola alla volta per capirlo ci vorrà molto più tempo del previsto.

"Credevo che ti fossi trasferito per proteggerla" questo è un sibilo. Il classico sibilo che ti entra dentro e ti scombussola. Più potente di qualsiasi urlo. Più doloroso di qualsiasi pugno.

"Da te" precisa lui. Da lei? Lei non mi farebbe mai del male. Non fisicamente almeno.

E la conferma da parte sua non tarda ad arrivare "Ma quanto sei ridicolo!" Lo dice facendo uscire una risata, una di quelle un po' glaciali.

Apro gli occhi e impiego tutte le mie energie per dire "Zu..." non riesco ad aggiungere altro. Tra i farmaci e il dolore non ho la forza per fare nulla.

"Maca!" Esclama Riccia che mi viene subito vicino e mi prende la mano premurosa.

In un attimo ci sono tutti intorno a me. Tutti tranne quella che vorrei davvero. La cerco con lo sguardo e la vedo di schiena, guardare il muro.

"Mancarena, come stai?" Mi chiede Fabio accarezzandomi il viso dolcemente. Lo guardo e gli sorrido appena.

"Amore mio, stai bene?" Mi chiede Sole stampandomi un bacio sulla fronte.

Mi sento un po' sopraffatta da emozioni contrastanti, confusa e spaesata. Avere tutti qui intorno mi crea uno stress immotivato. Non rispondo, non dico altro. Mi limito a guardarli tutti, vorrei essere più felice di averli qui accanto ma la verità è che mi vergogno. È colpa mia, Zulema mi aveva avvisata. "Zulema" il suo nome esce dalla mia bocca senza averlo premeditato e lei si volta di scatto. Le ho chiesto spazio ecco perché mi sta così lontana ma appena ha sentito il suo nome si fa spazio tra gli altri e mi viene accanto. Mi guarda negli occhi. Non dice nulla. Non mi chiede nulla. Non mi tocca nemmeno. Me lo legge in faccia che non voglio niente di tutto questo, non voglio essere trattata da malata, non voglio essere compatita.

C'era una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora