Capitolo 34

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"Se me lo ricordo? Impossibile dimenticarlo.."

Appoggia la fronte contro la mia, è un gesto che non abbiamo mai perso negli anni. Un gesto che dice tutto senza dire niente ".. avrei voluto svegliarmi accanto a te" adesso non è più un problema dirle quello che sento.

Appoggia la labbra sulle mie e mi bacia castamente "Quel capodanno capii che tu eri qualcosa a cui non ero in grado di rinunciare... ma non ero pronta" mi sussurra piano "Avevo bisogno di tempo per accettare te e i miei sentimenti per te.. ne avevamo bisogno entrambe" ricordando il momento capisco che ha ragione. Non eravamo pronte, nessuna delle due lo era.

Eppure quella notte fu qualcosa di incredibile e nonostante tutto penso che.. "Se non fossimo state così orgogliose, lo avremmo immediatamente rifatto.."

Lei scoppia a ridere "Non guardare me, sei stata tu la prima a dirmi che era stato un errore"

Rido con lei "Non hai negato"

Mi stringe possessivamente i fianchi e sussurra sulle mie labbra "Beh solamente perché pensavo che fosse un errore.. da commettere più e più volte"

Ricordo che mi chiusi a riccio la mattina dopo perché ogni volta che facevamo un passo avanti ne facevamo trenta indietro. Abbasso lo sguardo un imbarazzo "Avevo paura che non mi.."

"Ti amavo già" alzo lo sguardo incontrando il suo. Il suo tono è serio e fermo. Non lascia alcun dubbio "..per questo ti ho chiesto di restare con uno stupido pretesto"

Mi chiese di rimanere per un'ultimo colpo sul tetto della caravana. Sorrido perché ripenso a come facevo violenza su me stessa per convincermi che andarmene era davvero la scelta giusta ma in fondo sapevo che non ne sarei mai stata capace "Non sarei mai andata via, non potevo" alzo le spalle e lei mi ribacia. Le metto le mani sul viso. Lei. È sempre stata lei per me. Sapere adesso che la maggior parte del tempo ero contraccambiata rende tutto ancora più reale. Più vero. Con questa consapevolezza però.. ne arriva un'altra. Mi stacco e abbasso lo sguardo.

Mi prende il mento e mi alza la testa "A cosa pensi?"

"A quando ho scoperto della tua malattia"

CINQUE ANNI PRIMA

Zulema sta morendo.

Tre parole che non hanno alcun senso messe insieme.

Non è vero, non può essere.

Entro nella sua stanza un po' titubante e mi accorgo che il resto della squadra la sta minacciando "Ehi!" Dico e tutte si voltano "Fuori!" Aggiungo sbattendole fuori. Chiudo la porta e finalmente incrocio il suo sguardo. Lei mi fa un leggero cenno di ringraziamento. Qualcosa è rotto fra di noi, non so bene cosa sia stata la causa e non credo che nemmeno mi interessi. Avanzo nella sua direzione. Giochiamo a carte scoperte. "Sono incinta" lei non si scompone neanche per un secondo "Ti ho venduta alla polizia ma il piano è andato tutto a puttane" dico tutto d'un fiato con un certo timore. Reggo perfettamente il suo sguardo strafottente ma sono a disagio. Non so cosa aspettarmi. "Tocca a te".

"Tocca a me?" Mi chiede con la solita arroganza che la contraddistingue.

"A te" annuisco seria. Dimmelo, Zulema, dimmi quello che devi dirmi.

Avvicina il viso al mio "Me ne fotto"

"Non devi dirmi niente?" Le chiedo assottigliando lo sguardo. Davvero ha intenzione di continuare a nascondermi la verità?

C'era una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora