𝙋𝙖𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤𝙣𝙚

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PICCOLO DISCLAIMER: non ho la malattia menzionata nella storia, la mia non è una vera e propria malattia, ma comunque la storia doveva avere un lato totalmente tragico.

Buona lettura❤️

LUCA'S POV

Mi svegliai nel letto di Gaia, ma ero ancora da solo. Mi alzai di fretta, poi andai in cucina a farmi un caffè.

La vidi seduta sulla sedia accanto al fratello, e mi parve quasi come una visione.

"Amò!" esclamai vedendola

Le andai vicino, e la strinsi forte a me. Cominciai a lasciarle mille baci sulla testa, mentre lei mi stringeva ancora più forte come se fosse una bambina indifesa.

"Ma dove sei stata?" le chiesi preoccupato.

"Da Vanessa, sono tornata quando voi ve ne siete andati tutti. Avevo bisogno di stare con lei, senza nessun altro" mi raccontò.

"Da lei siamo passati ma ha detto che non c'eri" le dissi.

"Lo so, gliel'ho chiesto io. Luca, avevo bisogno di stare con lei e basta. Non volevo saperne di nessun altro" sbuffò nervosa.

Non dissi nulla ma la abbracciai ancora, non volevo perdermi un solo secondo con lei. Dio, mi era mancata.

"Oggi niente scuola direi, sono le dieci ormai. Io vado a studiare da Michele, se volete passare dopo noi rimaniamo fino a stasera probabilmente" disse Stefano.

Voleva lasciarci soli per parlare dato che io ieri sera ero veramente distrutto, ma mai quanto lui.

"Vuoi andare a dormire?" le chiesi.

"Parliamone Luca, non è necessario evitare l'argomento" sospirò lei.

La presi per mano e la portai in camera sua, ci sedemmo sul letto e lei mi si sdraiò sopra.

"Vanessa mi ha raccontato: è l'angina pectoris. Non si può curare, ormai è troppo tardi per farlo. Vanessa è diabetica, e oltretutto fumava un sacco perciò è peggiorato. Morirà Luca, senza troppi giri di parole" mi spiegò.

Rimasi scioccato dal modo in cui lo diceva, parlava con scioltezza. Ma la capivo, non aveva più la forza né di gridare, né di parlare.

"Vieni qui" mi strinsi più forte che potevo a me.

Era la sua migliore amica, non potevo nemmeno immaginare il dolore che stava provando. Una cosa, però, la sapevo, ovvero che dovevo starle vicino il più possibile.

"Abbiamo parlato tutta la notte, abbiamo riso tantissimo e ci siamo confidate segreti mai raccontati a nessuno. Sai, ha anche detto che vorrebbe che lo facessi per la prima volta prima di andarsene" mi raccontò con occhi da sognatrice.

La guardavo ammaliato, come se non avessi mai visto niente di più bello di lei. E detto onestamente, era così.

"Sì?" chiesi ridendo, e lei annuì divertita.

"Se vuoi esaudire questo suo desiderio, basta dirmelo" sussurrai provocante, cercando di sdrammatizzare.

"Ci penserò" ridacchiò lei.

Passato il resto della mattinata in silenzio a farci le coccole sul letto, e non potevo far altro che sorridere. Mi faceva bene stare con lei, mi tranquillizzava sempre.

Con lei ero calmo, non mi arrabbiavo mai, riusciva a tenermi la testa a bada anche se era più testa calda di me.

Lei mi faceva bene, eppure non sapevo se questa cosa avrebbe avuto un finale felice. Tutte le cose cambiano, nulla resta uguale per sempre, ma avevo la certezza che noi due, anche fra cent'anni, saremmo stati qui.

Magari non insieme come coppia, ma lei sarà sempre il mio punto debole. La persona che, appena sentirò nominare, mi farà sorridere.

"Ti va se pomeriggio mi accompagni a fare shopping? Non so che mettere a Natale, non è che manchi così tanto alla fine" mi chiese teneramente.

"Sì amò, certo" le sorrisi io.

Odiavo fare shopping, ma se dovevo accompagnare lei non fiatavo e andavo. Stavo diventando tipo uno schiavo, ma se la padrona era lei chi si lamentava?

Alle 16:00 uscimmo di casa, diretti al centro di Salerno per girare in qualche negozio e trovare un vestito per lei.

Mi prese per mano e mi trascinò in un negozio. La vedevo sorridere come una bambina mentre girovagava per i vari reparti dei vestiti.

Prese qualcosa al volo senza nemmeno darmi il tempo di vedere, e si catapultò nel camerino.

Uscì col primo vestito addosso, e rimasi senza fiato per quanto era bella.

"Che ne pensi?" mi chiese speranzosa, mentre continuavo a fissarla.

I miei occhi scesero sul suo sedere, bello sodo. Altro che sedere, aveva un cazzo di panettone!

"Ti sta bene, ma non permetto agli altri di vedere che porno sei gratuitamente, perciò direi di provarne un altro" le intimai con voce provocatoria.

Lei ridacchiò e rientrò nel camerino, ma poco dopo mi chiamò chiedendomi di avvicinarmi.

"Dopo mi puoi portare da Vane?" mi chiese.

La sua voce mi faceva impazzire, era delicata e sottile, ma non stridula, era dolce. Mi piaceva tanto ascoltarla, e a lei piaceva parlare perciò questo faceva bene al caso mio.

"Sì bimba, appena usciamo da qua ti porto" le dissi sorridendo, anche se lei non poteva vedermi.

Il pensiero che da lì a poco avrebbe perso la sua migliore amica, mi faceva male da morire. Eppure lei sembrava tranquilla, come se fosse tutto normale.

Quando eravamo a casa mi disse che questa malattia le concedeva almeno altri tre anni di vita, perciò non si voleva far scappare nemmeno un secondo con lei.

Uscì dal camerino con un altro vestito addosso. Questo era un po' più lungo dell'altro, ma più attillato, e ciò mi faceva venire i brividi in tutto il corpo e pensieri impuri in testa.

"Sei bellissima" sospirai.

Lei si avvicinò di scatto a me e mi baciò, mentre io portavo le mie mani sui suoi fianchi.

"Mi piace tanto questo, Luca" disse guardandosi allo specchio.

La guardavo ma non parlavo, era uno spettacolo troppo bello da vedere in silenzio. Mi piaceva che si piacesse, dato che non era una che si apprezzava molto.

Il vestito le stava d'incanto, perciò decise di prenderlo senza problemi.

Arrivammo alla cassa, e la commessa che si trovava lì mi guardava sorridendo. L'avevo capito che mi aveva notato, da quando eravamo entrati in quel negozio.

"Sono venti euro" disse con quella vocina che mi urtò i nervi.

Gaia mi stringeva forte la mano mentre con l'altra prendeva il portafogli, ma la fermai prendendo il mio.

"No Luca, non ti azzardare" mi fulminò con lo sguardo.

"Non ti azzardare tu. Voglio farti un regalo amore, dai" sussurrai, rendendomi conto solo dopo di come l'avevo chiamata.

Non l'avevo mai chiamata amore, solamente amò. Beh, alla fine le avevo detto che la amavo, perciò...

Pagai il vestito, e quando la commessa prese i soldi sfiorò delicatamente la mia mano, facendomi innervosire.

Gaia, però, non si fece scrupoli. Prese di scatto il mio viso e mi baciò con passione, facendomi rilassare e poi sorridere. Lo fece per marcare il territorio, per far capire a quella ragazza che ero suo.

Che poi, ragazza, avrà avuto almeno 6 o 7 anni più di me, io ne avevo solo 16, per me era una donna, non una ragazza.

Uscimmo dal negozio ridendo, e poi la portai a casa della sua amica.

Passare il pomeriggio così, con lei, mi piacque molto, e mi fece staccare la testa da tutti i pensieri che avevo.

Ricordi di queste sere, parlando di stare insieme Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora