Capitolo 17

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Ashton

Ripensai alla chiamata della riccia della scorsa sera, non avevo risposto.
Avevo il tempo per parlare ma il ricordo del nostro contatto fisico e di quanto mi fosse piaciuto mi aveva reso freddo e infastidito, perciò avevo scelto di scappare inutilmente da lei.

"non scappare, non serve"

Sbuffai e uscii dal bagno con rapidità, il solo pensiero di averla affianco per la colazione mi urtava. Mi dava fastidio perché avrei voluto posarle il braccio sulle spalle come l'altra volta, mi piaceva il contatto fisico che avevamo preso.
Lei era uguale alle altre, dovevo ripeterlo.

Avrei solo dovuto provare a creare un contatto casto con altre ragazze e finalmente avrei notato come non ci fosse niente di speciale in quella ragazzina insopportabile, perché quello era.

La porta sbattè prepotentemente contro il muro grigio chiaro delle pareti rivelando Ivan con espressione preoccupata e infastidita, si appoggiò al muro e sospirò.

«Avete visto Charlene?»

Un sussurro che era sembrato un urlo di disperazione.

All'improvviso pensai alla chiamata, al fatto che non gli avevo permesso neanche di dire una parola, avevo agito d'impulso come ogni volta. Mi aveva richiamato due volte, e ogni volta lasciavo che si spegnesse la chiamata automaticamente.
Pensai all'uomo che l'aveva seguita fuori dal cinema, al fatto che l'unico che avrebbe potuto chiamare ero io. E forse lo aveva fatto sperando nel mio aiuto, che io da bravo coglione gli avevo negato per egoismo.

Mi indirizzai di scatto verso la porta e senza perdere tempo a parlare con i due nella stanza mi diressi verso la sua camera. Era non tanto distante dalla nostra e fortunatamente ci avevo messo poco ad arrivarci.

Bussai due volte.
La porta venne aperta e la sua amica bionda si mostrò di lato, aveva lo sguardo preoccupato e da quello avevo percepito che non era tornata in camera.

«Non c'è..» affermò.
«Non la vedo da ieri pomeriggio»

E ancora una volta le immagini di me che andavo a prenderla al cinema tornarono in mente. La sua voce spensierata di quel giorno sulla spiaggia si mescolò con quella turbata di quella sera.
Tramite quel cellulare mi aveva fatto capire quanto fosse angosciata, mentre ieri sera non l'avevo neanche fatta parlare.

Cazzo, ero un coglione.

«Manda via la ragazza che c'è di solito oltre a te e Charlene» affermai.
«Chiamo gli altri e verremo qui dentro a parlare» dissi e senza aspettare la sua risposta mi diressi verso la stanza di Ethan e Adam.

Bussai nuovamente anche nella loro e il rosso mi aprì sbadigliando.

«Charlene è scomparsa, ci troviamo nella sua stanza tra tre minuti» mormorai.
«Niente ritardi» aggiunsi vedendo la faccia sconcertata del rosso poi me ne andai lasciandolo sulla porta.

Cristo.. ero stato così incosciente a non ascoltarla, a non lasciarla parlare e a chiudere la chiamata.
Si era sicuramente sentita messa da parte. Si era fidata chiamandomi e io aveva sputato su quel piccolo atto di fiducia per i miei pensieri del cazzo, mentre ora che cazzo ne era di lei?

Quell'uomo era venuto fin qui per prenderla? e se ci fosse riuscito?

Dio non me lo sarei perdonato, se le fosse successo qualcosa mi sarei dato la totale colpa. Perché alla fine era solamente colpa mia.
Dall'inizio.

Le avevo chiesto di aiutarmi con quell'uomo, lo aveva fatto alla perfezione senza fare troppe domande come non avrebbero fatto le altre. Ci aveva riso sopra e non era scappata sentendo lo sparo, aveva intuito che ero stato io a ucciderlo ma nonostante questo era rimasta e non aveva detto nulla.
Non aveva aperto bocca su quello che la prima sera aveva visto, anzi mi aveva aiutato col prossimo.
E la scorsa notte le avevo negato l'aiuto che aveva bisogno, fregandomene completamente. Suo fratello Ivan non mi avrebbe mai perdonato e neanche lei, forse neanche le era importato più di tanto ma sicuramente era in pericolo. E dov'era? Le avevano già fatto del male? ma soprattutto cosa volevano da lei?

Ignis facit bonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora