Capitolo 29

427 31 14
                                    




Charlene


Guardavo Ashton mentre sedevo sul suo letto, sbuffai e a causa dello stress evidente mi buttai a capofitto sul materasso morbido.

Lo sentii avvicinarsi. «E ora che lo sa?», proruppi io, «non ha detto niente di niente..» sussurrai alternando lo sguardo dal soffitto alla finestra.

Sospirò. «Appunto, non ha detto niente» affermò vincente prima di tirarmi verso di lui grazie alla presa ferrea sul mio polso. «Stai tranquilla».

A un centimetro dalle mie labbra mi sorrise, prima di baciarmi con impeto talmente inaspettato da cogliermi impreparata. Ridacchiaia tra un bacio e l'altro prima di aggiungere la lingua, cercai la sua ma mi morse il labbro inferiore prima che potessi avanzare ancora di più.

Mugolai contrariata. «Stronzo» bofonchiai prima di staccarmi e andarmene verso la cucina con un sorriso provocatorio.

Scesi le scale con lentezza ed ebbi la certezza che fosse dietro di me a causa dei suoi passi pesanti.

Mi seguì e mi tenne d'occhio come se fossi la sua preda, mi limitai a prendere un bicchiere e portarlo sotto al rubinetto. «Sono piuttosto sveglia questa sera» gli rifilai un'occhiata furba.

Alzò un sopracciglio e si avvicinò. «Ah si?», inclinò il volto, «neanche un po' di sonno?» continuò.

Mugugnai in disapprovazione prima di mordermi il labbro inferiore, in una falcata mi arrivò davanti e mi afferrò il retro delle coscie facendomi alzare e sedere sul bancone in marmo.

Passò le mani sulle mie coscie e mi guardò dritta negli occhi. «Mi stai provocando troppo, violetta..» mormorò in evidente difficoltà, sospirò pesantemente e portò la testa all'indietro.

Cominciai a posargli baci umidi sulla mascella e un mugolio di piacere mi invitò a continuare scendendo sul collo, poggiai le mani sui due lati e le mossi lievemente per accarezzarlo.

Mi staccai e soffiai aria fresca sopra la sua pelle, che vidi rabbrividire. «Domani partiamo per Detroit, dobbiamo... dobbiamo riposare» anticipò con la sua chioma mora prima di tagliare il contatto.

Lo guardai stranita e scossi la testa come una bambina. «Vienimi a prendere, sono stanca!» mi lagnai cercando di farlo tornare così da poter andare avanti.

Sghignazzò divertito prima di tornare da me e guardarmi per bene. «Se non la smetti di provocarmi, Charlene..», si avvicinò al mio orecchio tanto da sfiorarlo, «mi costringerai a farti urlare in questa cucina.. e non credo sia il posto migliore per la nostra prima scopata. Non credi?».

Si allontanò quanto bastava per guardarmi in viso e mi sentii ancora più eccitata, sbuffai e gli posai le mani sul torace. «D'accordo, sappi che non finisce qui» gli feci l'occhiolino.

Saltai giù e ondulai i miei fianchi fino alla camera da letto, mi appoggiai languida sulla trave e lo lasciai passare avanti. Trascinai la mano sulla porta e la spinsi per chiuderla, sbattè secca e lo intravidi sussultare di spalle.

Mi mossi lentamente verso la sua direzione. «Charlene...», mi redarguì autoritario, «smettila». Era suonata proprio come una minaccia.

Mi sporsi verso il suo orecchio pronta per lanciare la frase definitiva. «Potresti fottermi sul quel letto», lo indicai con l'indice, «oppure potresti noiosamente dormire..» alzai un lato delle labbra.

Si intrappolò il labbro inferiore fra i denti prima di sospirare. «Oh credimi, vorrei sbatterti su quel letto e farti perdere la voce..», biascicò provocatorio, «ma devi riposarti, e anche io» concluse.

Ignis facit bonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora