Capitolo 30

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La mia testa pulsava dal dolore e strizzai gli occhi nel disperato bisogno di alleviare quella atroce agonia. Aprì gli occhi cercando di focalizzare l'ambiente intorno a me ma una fitta più potente delle altre mi fece gemere dal dolore e richiudere gli occhi in una morsa.

«Finalmente sei sveglia.»

Una voce calma e melodiosa mi fece scuotere dal mio dolore e mi sedetti di fretta sul letto. Il mio cuore sprofondò e riemerse nel notare Jake a petto nudo, con le braccia incrociate al petto fissarmi divertito.

«Non di nuovo.» Mormorai più in una supplica.

Il mio cuore sprofondò ancora una volta quando il suo petto venne scosso da una risata rauca ma allo stesso tempo melodiosa, accantonai la mia emicrania e mi gustai il suo corpo tonico venire verso di me e sedersi all'angolo del letto.

«Dopo quel episodio spiacevole sei svenuta e non ho potuto fare altro che portarti da me. Prima che scappi, oggi è giovedì per cui non lavori. Ti chiederai come lo so ma nel dubbio, non chiedermelo.» Disse senza smettere di fissarmi.

«Tu, ah . . .» - Ringhiai ma venni fermata da una fitta che mi trafisse la testa e che mi fece portare una mano sul punto dolorante. - « . . . non può essere che ogni volta mi ritrovo nel tuo letto. Mi seguivi?» Finì assottigliando lo sguardo.

Roteò gli occhi e seguì la sua figura mentre si siedeva su una poltrona adiacente al letto. «Ma grazie, Jake. Non c'è di che, Eve. Oh, non preoccuparti a ringraziarmi.» Esclamò scimmiottando la mia voce e alzando una mano verso di me.

«D'altronde ogni sera esco a salvare giovani ragazze dai squilibrati che aleggiano in città.» Continuò ironico.

Imitai la sua posa portandomi le braccia al petto e lo trucidai con lo sguardo. Ero dolorante, stanca per la serata infernale e confusa per come ero arrivata a casa di Jake. In tutto ciò lui era più che tranquillo mentre scimmiottava la mia voce e se ne stava comodamente sulla poltrona a fissarmi come chi ne sa più di me.

«Hai voglia di scherzare tutto il tempo?»

Si alzò di scatto e sussultai indietreggiando col busto di riflesso. I miei occhi spalancati seguirono la sua camminata lenta e sicura verso di me finché posò le braccia ai lati delle mie ed inclinò il suo viso.

«A dire il vero, con te ho sempre voglia di scherzare.» Sussurrò.

«Sai, a volte ho la sensazione che tutto quel che faccio non sia mai abbastanza. A volte mi sembra che le persone mi guardino per lo sporco e crudele poliziotto che non concede mai diritto di replica. Senza volerlo ho guardato nell'abisso della mia anima . . .» Si alzò e prese il bicchiere di whisky dal comodino. « . . . e sai qual è il fatto che mi ha sconvolto di più? . . . vederla sporca di inchiostro. Un inchiostro che si è radicato, fin dall'infanzia. Maledizione, non so nemmeno perché ti sto dicendo tutto questo, forse ho solo bisogno di parlare.»

I suoi occhi si incastrarono nei miei e sussultai nel perdermi in quel colore vivido. Le sue parole non potevano nascondere più verità di quanta lui non ne avesse già detta, la sua anima era macchiata. La scorsa notte avevo visto il tormento e la rabbia nei suoi occhi mentre teneva quell'uomo ancorato alla parete. I suoi demoni lo torturavano, disinibivano e si prendevano gioco della sua fragilità che nascondeva dietro la corazza grazie al suo lavoro che non gli permetteva di mostrarsi fragile.

«Jake, io devo andarmene.» Balbettai.

Non volevo farmi trascinare in quel nero che contornava la sua anima. Finalmente la mia vita aveva preso la giusta piega, non trovavo alcun motivo per rimanere accanto a lui e dargli conforto.

«Certo, piccola e indifesa Eve. Forse, è giusto così.»

Ridacchiò per poi andarsene rapidamente dalla camera.

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