Capitolo 44

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Tornai nella villa che si ergeva in tutta la sua bellezza. Dovevo trovare un modo per scappare da quell'incubo.

La notte passò e guardai l'alba illuminare il cielo.

«Milady, la colazione è servita!» Esclamò Joséphine irrompendo nella stanza.

Aprì le finestre facendo filtrare l'incessante luce che abbagliò per un attimo la mia vista.

«Joséphine, io non capisco. Come ci sono finita qui?» Esclamai cercando risposte.

Joséphine sospirò e tenne le braccia incrociate al petto con un andatura composta. «Milady, lei ha perso la memoria. Il dottore verrà a visitarla nel primo pomeriggio. Ora, le consiglio di sbrigarsi perché sua signoria la sta aspettando nella sala da pranzo.»

Mi tolse le coperte e mi alzai impaurita. Chi diavolo era quell'uomo?

Entrarono delle ragazze che dagli indumenti parevano le domestiche e mi fecero sedere rapidamente davanti ad una specchiera.

Venni pettinata e vestita in poco tempo. Non male come vita.

Scacciai quel pensiero del tutto insulso mentre camminavo nei lunghi corridoi che portavano in delle porte mai esplorate.

Joséphine si fermò di scatto davanti ad una porta ad arco e di conseguenza lo feci pure io.

L'aprì di scatto e guardai la sala seguendo Joséphine che si mise composta. Puntai gli occhi verso l'uomo che era seduto a capo di una lunga tavolata e sudai freddo.

Jake.

«Jake!» Urlai precipitandomi verso di lui.

Jake spalancò gli occhi e mi guardò confuso. «E chi diavolo è Jake, Eve?» Tuonò.

Mi allontanai aggrottando la fronte. Era lui, perché faceva finta di non conoscermi?

«Cosa stai dicendo?» Mormorai.

Vidi le sue nocche diventare bianche mentre stringeva i lembi della tovaglia.

«Eve, abbiate un po' di contegno. Siamo in pubblico.» Borbottò guardando le domestiche quasi con vergogna.

«Jake, ma cosa -» Mi interruppe ancor prima che potessi finire.

«Eve, sedetevi. Avrete sicuramente fame. Joséphine mi ha informato della vostra momentanea amnesia.» Esclamò con voce controllata.

Mi sedetti all'altro capo della tavolata e continuai a fissarlo mentre delle domestiche versavano della minestra nei nostri piatti.

«Bene, adesso che siamo finalmente insieme vi posso comunicare della mia partenza. Il Conte di Dorset mi ha convocato per un'udienza. Tornerò tra due giorni.»

Spalancai gli occhi. «Oh, no. Cosa stai- cosa state dicendo?» Esclamai ricordandomi di quel stupido voi.

«Eve, cercate di non spazientirmi. Credo che Joséphine vi abbia informata dell'arrivo del dottor Marshall.» Disse pulendosi con grazia gli angoli della bocca con un tovagliolo di seta.

«Tutto questo è assurdo!» Borbottai fissando i fagioli nella minestra.

«Prego?» Squittì Jake fissandomi.

Mi schiarii la voce e lo guardai sorridendo. «Scusatemi ma non ricordo, come vi chiamate?»

Lo vidi digrignare i denti. «Tristan.» Rispose con voce rauca prima di prendere un cucchiaio di minestra.

«Quando ci siamo sposati? Abbiamo figli?» Domandai a raffica.

Mi scambiò un'occhiata e scosse la testa in senso di negazione.

«Eve, vi ho avuta in sposa nell'autunno dello scorso anno.»

Continuammo a mangiare in silenzio e qualche volta ci scambiavamo delle occhiate come due sconosciuti che si stavano conoscendo per la prima volta.

«Milord, avete una visita.» Parlottò il maggiordomo, Jasper.

Si spostò lasciando spazio ad una donna che entrò con grazia e fierezza nella grande sala. I suoi occhi da cerbiatta erano fissi su Jake, i capelli biondi e ondulati erano perfettamente raccolti in una cosa bassa ma nascosti da un vistoso cappello viola che si intonava ai suoi guanti e al vestito pomposo in pizzo del medesimo colore.

Senza capire il perché mi sentii un inetta di fronte a tale bellezza.

«Conte Jones, Contessa . . . » Esclamò con voce graziata accompagnata da un breve inchino.

«Baronessa Williams!» Esclamò Jake alzandosi dalla sedia e vidi una scintilla nei suoi occhi che mi irritò.

Chi diavolo era?

IL RICHIAMO DELLA ROSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora