Capitolo 42

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«Merda!» Sputai.

La mia vita era cambiata e non sapevo come affrontare quel cambiamento repentino.

Di giorno ero una normale impiegata nella società Jones & Jones mentre di sera diventavo un mostro. La trasformazione non era semplice da controllare.

Crash!

Sobbalzai e mi girai velocemente verso la porta del mio appartamento. Boccheggiai nel vederla per terra e davanti a me un uomo vestito interamente di nero.

I capelli erano perfettamente tagliati ai lati, occhi di un penetrate azzurro. Si avvicinò lentamente a me che indietreggiai. Chi era?

«Eve Roberts. Fai la brava e seguimi.» Esclamò sorridendo.

Mi impuntai cercando di sembrare sicura di me. «Chi sei?»

Fermò la sua camminata e si guardò intorno con fare annoiato.

«Non ho motivo per rispondere al tuo terzo grado. Se mi seguirai di tua spontanea volontà non ti succederà nulla.»

Deglutii e cercai di ricordarmi le mosse insegnatemi da Jake. Probabilmente avrei perso, mi avrebbe comunque acciuffata ma non potevo arrendermi semplicemente.

Spostai il peso del corpo sulla gamba sinistra e ruotai portando la gamba destra in alto. Lo colpii con la gamba sul viso e lo vidi arretrare leggermente.

Ne approfittai per scappare. Iniziai a correre approffitando della innaturale velocità. Nel correre mi ricordai di Jake e presi dalla tasca il telefono digitando di fretta il suo numero.

«Jake, c'è qualcuno che mi rincorre!» Urlai appena lo sentii rispondere.

«Cerca un nascondiglio sicuro. Sto arrivando

«Ma chi è?» Urlai ancora in preda al panico.

«Sono i cacciatori di vampiri.»

La chiamata si interruppe e mi rifugiai nella boscaglia fitta. Continuai a guardarmi intorno mentre cercavo di calmare la mia paura.

Aaaah!

Urlai per il dolore appena una freccia si scagliò su di me colpendomi nel braccio sinistro.

Osservai il sangue sgorgare dalla ferita e stringendo i denti tolsi la freccia.

Pensai che sarebbe bastato per rimarginare la ferita ma il dolore lancinante non si affievoliva.

«È inutile che ci provi.» Una voce parlò e quando alzai lo sguardo vidi che si trattava dell'uomo che era entrato nel mio appartamento.

Notai una freccia nelle sue mani e mi scambiò un'occhiata maliziosa giocando tra le mani con la punta affilata. «Questa lama è avvelenata. Morirai.»

Ridacchiò.

Bastò per far innescare dentro di me la mia furia innaturale. Gli occhi diventarono rossi, sul viso comparvero delle crepe rosse simili ad un lampo dagli occhi fino alle guance e gli incisivi si allungarono.

«Io non te lo consiglio.» Esclamò prevedendo le mie mosse.

Capii che se l'avessi affrontato sarei morta. Non ero ancora pronta per combattere.

Continuai a correre finché non vidi più nessuno alle mie spalle. Mi guardai intorno e venni attratta da un miscuglio di foglie raggruppate in una posa innaturale.

Spostai con la suola dei stivali le foglie e sospirai nel vedere una porta di ferro che conduceva presumibilmente ad una botola.

L'aprii ed entrai controllando che nessuno mi vedesse.

Rabbrividii nel sentire un silenzio strano e spaventoso. Più camminavo e più sentivo di avvicinarmi a qualcosa di potente.

Continuai a percorrere il lungo corridoio e mano a mano che mi avvicinavo intravedevo una luce bluastra

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Continuai a percorrere il lungo corridoio e mano a mano che mi avvicinavo intravedevo una luce bluastra.

Svoltai l'angolo trovandomi davanti ad un muro irreale, sembrava più un cerchio bluastro.

Un vortice.

Mi avvicinai lentamente, la mia curiosità ingorda mi portò ad avvicinare la mano verso quel vortice.

La forza che sprigionava era immensa.

Venni attratta e la mia mente si annullò.

Chiusi gli occhi ma quando li riaprii rimasi scioccata, non ero più nella botola.

Le persone intorno a me erano vestite in modo strano, quasi ottocentesco.

Le donne estremamente graziate portavano lunghi abiti pomposi e decorati da merletti, pizzo e tanto altro. Gli uomini vestivano con calzoni, camice larghe, molti lo si capiva che erano aristocratici.

Abbassai lo sguardo e vidi che indossavo un vestito dritto e bianco, impreziosito da uno scollo a barca, merletti e uno scialle marrone sulle spalle.

I miei capelli non erano più legati ma liberi sulle spalle.

Dove ero finita?

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Dove ero finita?

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