Capitolo 5

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Suonai il campanello, si trattava di una vecchia casa stile vittoriano, un po' trascurata ma per nulla spaventosa, - Chissà se mi ritroverò davanti una vecchietta con dei biscotti caldi in mano ad accogliermi che di notte come serie B fa la spacciatrice. - pensai mentre la porta si apriva lentamente.

Una donna sulla trentina, minuta e piena di tatuaggi mi si parò davanti e la osservai attentamente.

Anche se per telefono sembrava molto più paurosa, di presenza mi sembrò una normale donna di casa o in carriera, con un certo fascino dato dai tanti tatuaggi e un viso abbastanza gradevole, niente a che fare con me che se mi avessero rinchiuso in un programma televisivo per cambiare look, persino il regista se ne sarebbe andato via.

«Sei la figlia di quel vecchio decrepito?» Chiese con un pizzico di odio e fastidio.

Prima poteva anche starmi simpatica, in quel momento invece avrei voluto prenderla per i capelli e cambiarle pettinatura.

«Quel vecchio decrepito ha un nome, comunque sì.» Risposi usando lo stesso tono.

Si spostò leggermente, il giusto spazio per farmi entrare ed entrai senza farmelo ripetere due volte, all'interno la casa era meno accogliente di quanto potesse sembrare da fuori: era piena di bottiglie d'alcool vuote, mozziconi di sigarette, tappeti bruciati dai mozziconi e avanzi di mangiare sul tavolino del soggiorno.

- direi il modo perfetto per accogliere qualcuno in casa. - pensai mentre mi fermai al centro del salotto aspettando che lei mi dicesse dove sedermi.

Non mi fidavo tanto nel mettere i miei jeans su uno di quei divani vecchi, dall'aspetto mai puliti quindi anche puzzolenti e Dio solo sapeva cosa erano le macchie gialle che lo contornavano.

Mi fece un cenno verso la poltrona e sospirai, meglio del divano sicuramente.

Mi sedetti sulla poltrona mentre lei prese una lattina di birra dal tavolino e si buttò sul divano, stendendosi le gambe sul tavolino.

Strinsi i braccioli in legno della poltrona e inaspettatamente un bracciolo si staccò, rimanendo con il pezzo di legno in mano e lei che mi osservava quasi divertita per la mia espressione inorridita.

Cercai di rimetterlo a posto ma non ne volle sapere e andai subito in panico, - E se mi uccide adesso perché le ho rotto la poltrona? - pensai aspettando che facesse una qualsiasi mossa.

«Lascialo pure per terra, quel rottame è da buttare, non ti preoccupare!» Esclamò ridendo mentre sorseggiava la birra dalla lattina.

«Se lo avessi saputo non mi ci sarei appoggiata.» Tentai di giustificarmi senza sapere il perché.

«Passerotto, dove sei?»

Una voce maschile catturò la mia attenzione, sbucò un uomo da una camera con solo un paio di boxer addosso.

Girai la testa di riflesso, anche perché mi faceva proprio schifo vedere come gli uomini lo sventolassero come una bandiera.

«Gioia sono con una piccoletta, aspettami in camera.» Gli disse per poi finire con un'occhiolino.

Che poi, io piccoletta?

«Allora, andiamo dritte al sodo!»

Appena l'uomo se ne andò, la donna tirò la lattina dietro di sé come se ci fosse un cestino dove fare strike e mi rivolse un sorriso di circostanza.

«Tuo padre aveva un debito con me, non sono stata io ad ucciderlo ma so chi potrebbe essere stato . . .»

IL RICHIAMO DELLA ROSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora