Capitolo 39

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Uscii dall'ufficio e scappai via. Non mi importava di perdere il lavoro. La vita di Jake era in pericolo e la colpa era solamente mia.

Continuai a chiamare ma rispondeva sempre la segreteria telefonica.

Il telefono continuò a squillare e dopo vari tentativi sentii una voce affaticata rispondere.

«Jake, dove sei?» Dissi allarmata e continuai a guidare senza una meta.

«Eve . . . incontriamoci tra cinque minuti. Ti mando la posizione, stai attenta.»

Chiusi la chiamata e il telefono vibrò col messaggio della posizione di Jake.

Quando arrivai sul posto mi guardai intorno vedendo solo edifici abbandonati. Mi chiesi cosa ci facesse in quel posto.

Uscii dall'auto e guardandomi intorno iniziai a girovagare fermandomi ad ogni minimo rumore.

«Eve!»

Trasalii e mi girai di scatto vedendo Jake venire verso di me. La luce del lampione illuminava in parte il suo corpo ricoperto di sangue.

Mi portai una mano sulla bocca scioccata nel vedere il sangue sulla sua camicia e corsi preoccupata verso di lui. «Cosa ti è successo?» Piagnucolai.

«Quell'uomo, il tuo collega.» Rispose ansante.

«Sei ferito.» Decretai.

Scosse la testa. «No, sto bene. Le ferite si sono rimarginate.»

Aggrottai la fronte e mi tornarono in mente le parole di Ashton. Jake un vampiro. Non era possibile.

«Tu lo sapevi.» Realizzai.

Mi allontanai da lui e continuai a fissarlo con sgomento. Il suo sguardo era colpevole. La vista di tutto quel sangue mi annebbiava gli occhi.

«Eve, avevo il sospetto ma non volevo dirtelo. L'ho fatto per il tuo bene.» Borbottò.

Scossi la testa in segno di negazione ripetutamente e osservai il cemento grigio sotto le mie scarpe.

«Tu sei come lui.» Mormorai più a me stessa.

Il suo silenzio confermò le mie parole. Alzai lentamente lo sguardo incurante delle lacrime che volevano uscire a tutti i costi. La mia espressione divenne schifata. Il pensiero che Jake mi abbia preso in giro per tutto quel tempo mi faceva prova un odio puro verso di lui.

«Volevi . . . proteggermi?» Ridacchiai.

«Tu non dovevi proteggermi, cazzo!» Strillai infastidita dal suo silenzio.

Mi avvicinai infischiandomene della paura che provavo per lui come per Ashton. In quel momento la rabbia e l'adrenalina presero il sopravvento su di me.

«Io mi sono fidata di te. Ti ho confidato tutto. E cosa sei, ah

Si tolse la giacca di pelle sgualcita buttandola nella sua auto con passo calmo.

«Un vampiro. Appartengo alla stirpe nobile del 1780. La mia famiglia ha visto nascere la contemporaneità. Ashton è asservito alla mia famiglia ma come gran dei vampiri ha sete di potere.»

Si aprì le maniche della camicia bianca portandosele sui gomiti e tornò con lo sguardo su di me che ero pietrificata.

La mia mente era satura di informazioni. Stirpe? Asservito?

«Pensava di essere l'unico vampiro in città e soggiogandoti ha capito che si sbagliava. Adesso vorrà avere un suo gruppo, dei fedeli.»

Il suo racconto venne interrotto da un battito di mani e una risata che riconobbi all'istante. Mi voltai e tremai nel vedere Ashton a pochi passi da me.

Il suo viso era irriconoscibile per via delle macchie di sangue e il suo smoking nero celava le altre probabili macchie.

«Vedo che siamo in vena di confessioni. Mio caro, hai detto bene: sono asservito a te. La mia vita dipende dalla tua, motivo per cui non posso ucciderti.» Decretò passeggiando con le mani nelle tasche dei pantaloni gessati.

«Ma posso fare un qualcosa di ancora più strabiliante.» Mormorò.

Il mio sguardo si spostò su Jake che lo vidi spalancare gli occhi e gridare il mio nome ma stranamente lo sentii ovattato. La presenza di Ashton su di me era disarmante, per secondi che mi parvero interminabili il mio collo chiedeva pietà e gridai dal forte dolore.

La mia mente si liberò. Il mio corpo divenne leggero, sentii solamente la presenza di Ashton essere spazzata via prima di cadere sul cemento.

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