Capitolo 7

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A New York ci sono due laghi che valgono la pena di essere menzionati: il Seneca e il Cayuga. Nella cartina sembrano due zampate azzurre che hanno squarciato la tela verde metallizzata della Big Apple. Nella parte terminale della zampata a forma di U del lago Cayuga, se aguzzate ben bene la vista, potreste avvistarvi una cittadina di nome Ithaca. Era lì che stava la nostra villa, a pochi metri di distanza da una delle sponde del Cayuga.

Nella zona alta delle colline di Hancock Street, infatti, presso Ithaca, a circa dieci minuti di macchina dalla città, si trovava la villa Prescott con dépendance e più di venta ettari di terreno. La villa era una vecchia cascina di granito spesso precedentemente divisa in tre edifici in cui si contavano anche le residenze dei guardiani e dei genitori dei nonni, villa acquistata molti decenni prima appunto dai miei nonni paterni, cui Ithaca piacque per la serenità delle montagne, la placidezza delle acque del Cayuga, e anzitutto la vicinanza a Moravia, città natale di nonno Nathan.

Col tempo, cioè quando l'ebbe presa in eredità mio padre, la villa padronale di circa cinquecento metri quadrati fu ristrutturata senza però stravolgerne la connotazione di stile manifestatamente vittoriano.

Si sviluppava in tre diversi livelli: il piano terra, il primo piano e il seminterrato, in tutto una dozzina di camere, ognuna coi servizi, con due sale da pranzo, tre cucine e tre soggiorni spaziosi – al primo piano c'era un salone doppio con disimpegno.

La villetta o dépendance era invece di centonovanta metri quadrati, con due piani, ma il secondo, seppure potesse fungere da abitazione, era usato come magazzino, mentre il primo aveva l'ingresso, il salotto, due camere matrimoniali, una cameretta (che fu la vecchia nursery di tutt'e tre i figliuoli Prescott), il vecchio gabinetto del nonno e due bagni.

Un terrazzamento naturale aveva creata una balconata da cui andavo beandomi delle incantevoli viste sulle colline ithachiane e grazie ad un sentiero mi era possibile raggiungere il parco di quasi venti ettari con vigneti, pozzi, impianti di irrigazione e giardino all'italiana.

Per raggiungere il mare di Wayne, invece, si dovevano percorrere sessantaquattro miglia di macchina.

La residenza padronale era preceduta da una dozzina di scale e da una ringhiera in ferro battuto. Una palma estesa in orizzontale offriva accidentalmente una piccola zona d'ombra a ponente, molto comoda e suggestiva, se soltanto il dondolo non si fosse trovato dall'altra parte.

«Mamma, quando arrivano Terence e Firdaus?» Sebastien stava impalando dinanzi al portone le cataste di bagagli delle due splendide donne di famiglia, io e mia madre ossia, che dal canto nostro avevamo un ruolo molto limitato ma non meno faticoso: facevamo attenzione che nessuno rompesse le nostre parure di gioielli.

«Verso sera, Seb, così abbiamo il tempo di far sistemare la dépendance.»

«Che vuoi farci, Brigitte?» Mio padre fumava osservando la lunga distesa di terra dove da bambino si era sbucciate entrambe le ginocchia per rincorrere il suo leggendario levriero Wilson. «Terence e Firdaus dormono in villa.»

«Lo so ma, quando li porterò a fare il giro dell'abitazione, che diranno nel vedere la dépendance in disordine?» Mia madre gli fece gli occhi dolci e mio padre capitolò.

«Hai ragione tesoro, adesso la rimettiamo a nuovo,» quindi ordinò ai domestici di andare tutti in dépendance per sistemarla come si doveva.

Di sera, mamma fece apparecchiare dalla governante la tavola del porticato, poiché la bava di venticello che batteva era davvero incantevole. Il cielo andò incanutendosi, ingobbito, foruncoloso di stelle, e a quel punto Terence arrivò a bordo di una preziosa Bugatti col suo odioso figlio.

Firdaus appena scese si trovò a dover stringere la mano a mio padre che stava ripetendogli in continuazione: «Grazie per aver salvato mia figlia da un trafficante di organi! Grazie, grazie!» e a dover rincuorare mia madre sul fatto che il tizio non mi aveva sfiorata di striscio, davvero, era intervenuto in tempo, né un minuto prima né uno dopo, anzi no, che diceva? Era intervenuto un momento prima, certo.

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