Capitolo 32

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"Pensavo che saremmo stati
perfetti come il volo degli uccelli
nei cerchi e nelle svolte del destino.
Io non volo e non mi poso
io non canto
se non posso avere te pesto la terra
come chi vive contro la natura."


Quando mi svegliai, Firdaus dormiva ancora.

Steso su un fianco con una gamba sola che copriva entrambe le mie e le oltrepassava, mi dormiva addosso. Tutte le volte che respiravo, la sua testa ricciuta si sollevava insieme con il mio petto.

Quella visione – il suo viso dormiente, appena arrossato per lo sfregamento sulla mia pelle, e gli occhi gonfi e pesti, straordinariamente belli – era così invitante che inizialmente non feci nulla per sfuggirle.

Poi, però, capii che fosse arrivato il momento di smammare. Insomma, la notte prima aveva detto «sesso con zero ripercussioni domani,» e intendeva per entrambe le parti.

Non mi voleva lì quando si sarebbe svegliato, anche a costo di sbarazzarsi dell'erezione mattutina da solo.

Molto attenta a non scrollarlo troppo, appoggiai prima un piede e poi l'altro fuori dal letto, quindi scivolai di sotto e ricaddi supina per terra. Poi, a tentoni uscii dalla stanza richiudendo la porta alle mie spalle.

Nel corridoio mi investii un bel profumino di vaniglia e caffè tostato. Al diavolo, avrei dovuto battermela, però... potevo sempre grattare un cornetto e poi correre giù ad aspettare un taxi.

Eppure, quando passai dinanzi alla cucina, mi pentii subito di aver dato corda al brontolio del mio stomaco.

Terence in tenuta da notte sorseggiava un cappuccino con una gazzetta intonsa sotto al naso.

Non appena alzò lo sguardo, un tantino rimpiattato dalla montatura rettangolare dei suoi occhiali, e intercettò il mio, aggrottò i sopraccigli quasi si trovasse un fantasma di fronte. «Che...» esalò scettico «che ci fai qui, Miranda?»

«Ehm,» torcendomi le mani abbassai gli occhi sulla testata del suo giornale.

Un'azienda tedesca che si occupava di sezionare cosce e produrre bacon avrebbe chiuso i battenti entro la fine dell'anno.

Terence si tolse gli occhiali e cominciò a mordicchiarne l'astina. «Allora?»

«No, è che... ho corso nei paraggi ieri sera. Si è fatto tardi e...» mi confusi nel bel mezzo del discorso. «Diciamo, Firdaus ha pensato di invitarmi a dormire qui, dato che era scoccata la mezzanotte.»

«Mhh, capisco.» Circospetto indicò un posto: «Che ne dici di sederti? Così mangi qualcosa prima di andare via.»

Incapace di ricusare, anche perché sarebbe sembrato ancora più sospetto, gli ubbidii. Terence chiamò la signora Castro – che purtroppo nel rivedermi non si mostrò meno attonita del suo capo – per provvedere alla mia colazione.

«Così, Rendi, hai dormito in una camera degli ospiti?» Indagò Terence. «No?»

Se gli avessi mentito ora, lui avrebbe potuto smascherarmi interrogando il personale di servizio. Dovevo essere sincera. «Beh, ho dormito in camera di Firdaus. Non mi andava di mettere casino in un'altra stanza.»

«Ah, certo,» la sua voce si faceva sempre più rugginosa. «Miranda, sii sincera con me.»

«Sì, come sempre.»

«D'accordo,» disse. «Tu e mio figlio in che rapporti siete?»

Certo che la toccava piano.

«Siamo solo amici. Giuro.»

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