Quando raggiunsi Wright e Patel nella sala riunioni, mi osservarono sorprese. Wright si bloccò con delle carte in mano.
Inarcai un sopracciglio. ‹‹Cosa c'è?›› chiesi, senza capire. Sinceramente mi interessava di più sapere cosa erano le carte che teneva in mano Wright.
Patel sorrise, confondendomi ancora di più. ‹‹Sei meravigliosa, Avril›› mi spiegò, ma io la guardai stizzita. ‹‹Miss Johnson›› le rammentai. Non pensavo di essere così tanto "meravigliosa" come diceva. Anche loro stavano benissimo con le uniformi.
Poi mentre venivo in sala riunioni, mi ero legata i capelli in una coda alta, che mi dava un'aria tutt'altro che adorabile. Sembravo molto più seria e incutevo quasi timore.
‹‹Non direi proprio››, ammisi. ‹‹Comunque... cosa sono quelle carte?›› chiesi indicando i documenti che Wright aveva appena appoggiato su un tavolo.
Wright puntò i suoi occhi azzurri su di me. ‹‹I rapporti sul tuo caso››.
Il mio... caso? Mi ero chiesta solo poche volte perché in quella scuola tutti mi conoscessero e perché mi studiassero. Wright mi aveva detto che ero uno dei massimi esempi di eroismo. No. Io ero uno dei massimi esempi di problemi, segreti sul mio passato. Loro volevano scoprire cosa mi era successo. Come mai qualcosa non era andato per il verso giusto nella mia vita. Come ero finita da Bell e Anderson.
Patel si avvicinò a me. ‹‹Avril...››.
Ma io la fermai. ‹‹Rimani dove sei!›› le ordinai. Chiusi gli occhi, che mi pizzicavano. Sapevo che erano un po' rossi, ma non volevo che loro se ne accorgessero. Non avrei pianto davanti a loro. Davanti a nessuno.
‹‹Scusate, ho bisogno di un minuto›› dissi, uscendo in fretta dalla stanza.
Non ero un eroe, ero un disastro. Un caso da risolvere. Nulla di più.
Mi misi a correre in corridoio. Dovevo uscire da lì, prendere un taxi e tornare a casa.
Una lacrima mi scivolò sulla guancia e me l'asciugai in corsa. In quel momento andai a sbattere contro qualcuno.
Alzai lo sguardo per scusarmi, ma mi ritrovai a fissare Gilles. Lei mi osservò stupita. non ero sicura se fosse perché non pensava di vedermi lì o perché non credeva che avrei pianto.
In quel momento sentivo di non essere in me, di aver bisogno di conforto. L'abbracciai, stringendola a me, e scoppiai a piangere.
Credevo che mi avrebbe respinta, invece, mi strinse anche lei. Non rimasi nemmeno molto sorpresa da quel gesto, forse perché in quel momento avevo bisogno di conforto.
‹‹Avril, andiamo››. Non potevo vedere il suo viso, ma sapevo che non era arrabbiata. Mi aiutò a tornare in me.
Mi staccai da lei e drizzai la schiena. Dovevo farmi coraggio. Ero pronta a scusarmi per il mio comportamento poco professionale, quando vidi che lei mi stava sorridendo dolcemente. Io deglutii. Sentivo ancora la rivelazione di prima nelle orecchie, ma ormai sembrava soltanto un brutto ricordo. Non potevo fare niente per cambiare la realtà. E tanto meno scoppiare a piangere tra le braccia di un agente segreto che conoscevo da pochi minuti.
Amelia mi osservava ancora, mentre continuavo a pensare. Alzai lo sguardo sul suo volto e annuii. ‹‹Andiamo›› mormorai.
Lei mi afferrò una mano, facendomi coraggio e infondendomi sicurezza. Abbozzò un sorriso. Lei sapeva cosa avevo passato e poteva capirmi. Se anche lei era un agente segreto di quella scuola, aveva studiato il mio caso, sapeva che fine avevano fatto i miei genitori e come mi avevano trovata Bell ed Anderson.
Quando entrammo in sala riunioni, Wright e Rose Patel mi osservarono dispiaciute. Ma io non ero arrabbiata con loro. Loro volevano aiutarmi. Ero arrabbiata con chiunque avesse fatto del male ai miei genitori.
Amelia non lasciò la mia mano e quando mi sedetti su una sedia, lei rimase accanto a me, accarezzandomi il dorso della mano.
‹‹Scusaci, Avril, ti prego›› disse Rose, avvicinandosi a noi, ma io alzai un braccio per fermarla. ‹‹È tutto a posto, Rose. Non è colpa vostra››. Lei sorrise sollevata. Era una ragazza meravigliosa. Forse era solo felice perché l'avevo chiamata per nome, chissà.
‹‹Mi esponete il caso, signorina Patel?›› chiesi, sorridendo.
Rose strappò i fogli dalle mani di Wright, fregandosene che lei la stava guardando con uno sguardo assassino. ‹‹Allora, miss Johnson...›› cominciò sfogliando le carte. ‹‹Tutto cominciò nel 1987, quando siete nata. Un pomeriggio di agosto...››. Alzò lo sguardo su di me. ‹‹Per caso volete che vi esponga anche tutte le vostre caratteristiche?››.
Io ridacchiai. ‹‹No, grazie, non serve››.
‹‹Ok...››. Sfogliò un altro po' i documenti. ‹‹Nel 1989, ovvero due anni dopo, i genitori di miss Johnson furono rapiti dagli scagnozzi di Wilson. Avril fu presa in affido da Adam Bell, quest'ultimo non le rivelò mai la fine dei suoi genitori. Aveva in programma, insieme al suo collaboratore, Leopold Anderson, di mostrarle una finta tomba a Belgrave Square Garden.››
Espirai sonoramente sentendo ancora l'imbroglio di Bell e Anderson. Sentivo che presto sarei scoppiata, ma non a piangere. Avrei ucciso quei due bastardi.
‹‹Johnson fu istruita da loro due, ma intraprese comunque gli studi in una scuola privata. La scuola serviva a miss Johnson solo come copertura per convincere lo Stato. Johnson iniziò la carriera di agente segreto a tredici anni, nel 2000. Iniziò con semplici missioni, come per esempio fare da tramite per recapitare oggetti illegali. Bell e Anderson, all'inizio, la sfruttarono solo per i loro commerci sul mercato nero. I veri problemi iniziarono nel 2002, a quindici anni, quando la mandarono da Duncan Wilson. All'inizio volevano che anche lei entrasse nella missione "recupero diamante", ma Avril capì subito da che parte stava Wilson. Bell e Anderson stettero al gioco, facendole credere di star facendo la cosa giusta. In realtà, la sfruttavano per sapere i progressi di Wilson nella ricerca del diamante. Mesi dopo, furono costretti ad assumere un nuovo collaboratore››. Rose alzò lo sguardo su di me, di nuovo, e mi porse un foglio.
‹‹Non sappiamo molto su Colin Murphy, ma tutte informazioni sono su questo foglio›› spiegò.
Io lanciai un'occhiata fugace ad Amelia, poi afferrai il foglio. Vedere di nuovo la sua faccia, mi fece uno strano effetto, anche se era solo una foto. Lessi solo poche righe, dopo di che passai il documento ad Amelia, per distrarla. Mentre lei leggeva, mi portai una mano al viso. Non riuscii a trattenere un singhiozzo e subito i miei occhi divennero lucidi e rossi.
Amelia abbassò lo sguardo su di me e mi abbracciò da dietro. ‹‹Avril,››. Sentivo la sua voce rotta, il suo respiro mozzato sul mio orecchio destro.
Wright si alzò dalla sedia, sulla quale era seduta, e mi raggiunse. Strappò il documento dalle mani di Amelia e lo lesse velocemente. Si fece seria. ‹‹Sua sorella è scomparsa all'età di dodici anni e i suoi genitori sono morti in un incidente?››.
Io ero stata un mostro. Murphy aveva avuto una vita difficile ed io mi ero permessa di insultarlo quanto mi pareva solo perché non era il mio tipo. Io ero stata molto più fortunata di lui. I miei genitori potevano essere ancora vivi, i suoi non sarebbero più tornati. Io non avevo perso una sorella, l'unica cosa che gli era rimasta della sua famiglia. Io non avevo cominciato a fare l'agente segreto per scoprire dove era finita mia sorella e quale sorte le fosse capitata. Io avevo ancora la speranza di una vita normale, lui no. Lui era solo.
Mi sentii male. Ero stata una persona orribile, senza alcun motivo. E lui aveva comunque provato ad aiutarmi, nonostante io gli avessi dimostrato quanto me ne importava di lui.
Ero stata presuntuosa e cattiva. Ma il vero problema era che me ne ero resa conto solo in quel momento.

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Blood
Action{COMPLETA} [Ma andrebbe revisionata] Avril Johnson, una ragazza ribelle, presuntuosa, ma intelligente, è un'agente segreto che lavora per Bell, Anderson e l'affascinante Colin Murphy. Quest'ultimo si è invaghito di lei a prima vista, ma Avril non ha...