Capitolo 33

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 ‹‹Corri!››. La voce di Rose e lo scalpiccio dei nostri passi erano gli unici suoni che riuscivo a percepire. Il panico regnava sovrano mentre cercavamo di uscire dall'edificio.

Era strano correre stringendo una corda legata ai polsi di Wright. Mi sembrava di portare al guinzaglio un cagnolino. Ma l'ilarità della cosa sembrava non sfiorarmi mentre percorrevo correndole interminabili scale del grattacielo.

Dovevamo uscire da lì prima che una bomba non identificata esplodesse. Quando aveva avuto il tempo di piazzarla Wright? Non riuscivo comunque a pensarci, in quel momento. Esistevano solo i nostri piedi che picchiavano il pavimento rovinato delle scale.

‹‹Presto!››. Ogni tanto le esclamazioni nel panico di Rose riempivano quello scompiglio fatto di respiri affannosi per la corsa e passi veloci. In qualche modo però riuscivano a farmi tenere il contatto con la realtà, altrimenti sarei impazzita.

Cameron correva da solo, anche se ogni tanto sentivo il suo respiro pesante riempire l'aria. Wright, dietro di me, tentava di tirarmi, ogni tanto, ma io tiravo la corda tra le dita tremanti, ferendole i polsi.

Non mi avrebbe impedito di salvare me stessa, Rose e, soprattutto, Cameron. A costo di lasciarla lì.

Quando raggiungemmo il settimo piano ci accorgemmo che il tempo scorreva troppo in fretta e non avremo raggiunto l'uscita in tempo. Rose fu la prima a bloccarsi, lanciandomi occhiate di puro terrore.

‹‹Ci devono essere delle scale di emergenza››, fu la prima cosa che mi venne in mente. Mi guardai intorno e vidi una finestra. Mi precipitai davanti ad essa e la spalancai. Proprio sotto c'era il pianerottolo delle scale in ferro.

‹‹Andiamo!›› gridai, uscendo da lì. Tirai la corda di Wright, con fretta. ‹‹Muoviti o ti lascio qui!›› le intimai, impaziente.

Una manciata di secondi dopo, fummo tutti fuori, a correre per salvarci la vita. Almeno lì ci sarebbe stata un'altra parete tra noi e la bomba.

Non era una via più veloce di quella di prima, ma, il fatto di aver cambiato strada, ci infuse una sensazione diversa dalla paura che scambiammo quasi per felicità, ci fece aumentare l'andatura.

Corsi talmente tanto che per poco non mi inciampai nei miei piedi.

Stava andando tutto bene fino a quel momento, quando, arrivati al primo piano, Wright si fermò di scatto, piantando i piedi a terra che per poco non caddi in avanti. Mi bloccai anch'io, voltandomi verso di lei con un'espressione infuriata. ‹‹Che stai facendo?›› dissi, fulminandola con lo sguardo. ‹‹Non mi importa della tua incolumità, quindi bada a quello che fai›› l'avvisai.

Lei mi sorrise, con un ghigno spaventoso. ‹‹Pensi di mettermi i brividi, Johnson?››.

Lanciai un'occhiata fugace a Rose e Cameron che ci fissavano in attesa. ‹‹Voi iniziate ad andare, io vi raggiungo›› dissi loro. Sperai che Wright finisse la sua scenata presto, dato che non ci tenevo a vedere con i miei occhi l'esplosione della dannata bomba che aveva piazzata.

Rose annuì, ricominciando a scendere le scale.

Dopo essermi occupata di quel problema, tirai la corda legata ai polsi di Wright. ‹‹Spero che tu non ne abbia ancora per molto›› mormorai, spazientita.

Lei non mi badò e si guardò intorno con lo stesso sorriso da folle. ‹‹Lo senti questo, Johnson?››.

Roteai gli occhi. ‹‹Oh, davvero?›› dissi, sbuffando. ‹‹Fai sul serio?››. La fissai, con aria interrogativa. Che problemi aveva?

‹‹È il suo suono›› sussurrò, senza badarmi. ‹‹Sta per esplodere, Johnson››. Nell'esatto secondo in cui i suoi occhi incontrarono i miei, un rumore assordante mi fece quasi esplodere i timpani e una forza invisibile ci spinse verso il parapetto e, in qualche modo, ci ritrovammo dall'altra parte di esso. Vidi l'edificio scomporsi, i pezzi dei muri volare nel cielo quasi completamente azzurro.

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