Capitolo 16

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Salii le scale, velocemente come sempre, seguita da Colin. Quella sera avevo proprio fame e non sapevo nemmeno se c'era qualcosa da mangiare in frigo. Di solito mi arrangiavo con una scatoletta di tonno, ma non era andata a fare la spesa quella settimana e le scatolette di tonno non apparivano da sole in dispensa. Avevamo rimandato la missione finché non avremmo scoperto chi era il traditore. Non potevamo andare avanti con Wilson che ci osservava.

Arrivammo al pianerottolo, aprii la porta e mi precipitai dentro. Le luci erano spente, ma non ebbi il tempo di premere l'interruttore, perché Colin mi spinse contro il muro e per poco non mi fratturai la colonna vertebrale con la maniglia della porta. Iniziò a baciarmi, facendo scivolare le mani sui miei fianchi.

<<Colin...>> sussurrai, prendendogli la testa tra mani. Stavamo per baciarci ancora, quando le luci si accesero. Strizzai gli occhi e misi a fuoco.

La nonna era dall'altra parte della stanza, la mano sull'interruttore, e ci osservava sorpresa. <<Vi sembra l'ora di tornare?>> chiese. <<Mi è venuto un colpo, pensavo fossero dei ladri>>.

Io mi misi a ridere, senza sapere bene perché. L'espressione spaventata della nonna era troppo divertente. Colin mi rivolse uno sguardo confuso, si stava chiedendo anche lui perché stessi ridendo. Tornai in me e mi trattenni nel ridere ancora.

La nonna si schiarì la voce. <<Giovanotto, giù le mani da mia nipote>> disse, alzando un sopracciglio.

Colin si allontanò da me, ricordando di tenermi incollata al muro. <<Oh, giusto>>.

La nonna sospirò. <<Bene, proprio non mi aspettavo di trovarti tra le braccia di un ragazzo al mio ritorno>> confessò.

In quel momento mi resi conto che lei era tornata da Oxford! Corsi ad abbracciarla. <<Mi sei mancata>> sussurrai, mentre anche lei mi stringeva. Mi staccai da lei, per osservarla. <<Come è andata?>> chiesi, leggermente timorosa.

Lei sorrise. <<Mi hanno assunta>> disse, raggiante. <<Cercherò un appartamento lì>>. Il mio sorriso si spense. Avrei lasciato Londra, non avrei mai sconfitto Wilson.

<<Tu non verrai>> disse, di punto in bianco.

Io aggrottai la fronte, confusa. <<Come?>>

<<Avril, comincerò ad insegnare a settembre, per l'iniziò della scuola tu avrai già diciotto anni>>.

Rimasi allibita. Era vero, come avevo fatto a non pensarci? Presto avrei potuto vivere da sola, magari non proprio sola... con Colin. Ma c'era un altro problema. Non potevo progettare il mio futuro con Colin se ancora non sapevo se avrei avuto un futuro. Non avevo ancora sconfitto Wilson.

Quella notte Colin rimase a dormire lì. Ci stringemmo nel mio letto, come l'ultima volta. Feci fatica ad addormentarmi, avevo troppi pensieri per la testa. Avevo paura che non sarei mai riuscita a sconfiggere Wilson. Che sarebbe stato lui a sconfiggermi. E se avessi sbagliato qualcosa? Il più piccolo errore poteva compromettere l'intera missione. E se non fossi stata all'altezza? Per le piccole missioni, le incursioni degli scagnozzi di Wilson andavo bene, ma affrontarlo una volta per tutte era tutta un'altra cosa.

Caddi in un sonno agitato, disseminato di incubi, pieni di sparatorie, diamanti e provai ad immaginare anche i miei genitori, riversi entrambi in una pozza di sangue, con delle pallottole nel petto. E per ultimo, un proiettile mi colpì in pieno petto e fu così reale che mi parve sentire persino il dolore. Mi svegliai di soprassalto, il respiro affannoso.

Mi guardai intorno, ma non c'era più niente di quello che avevo sognato. Era la mia stanza, disordinata come sempre. Lanciai un'occhiata alla sveglia. Le tre di notte.

Era tutto a posto, era stato solo un sogno. Appoggiai di nuovo la testa al cuscino, accarezzando il braccio di Colin che mi cingeva la vita. Chiusi gli occhi, tentando di riaddormentarmi, ma il sonno non arrivò. Ancora troppi pensieri, troppe immagini macabre, la convinzione di non essere adatta per il mio compito. Sospirai, aprendo gli occhi. Qualcosa catturò la mia attenzione, un piccolo luccichio sul mio comodino. Mi liberai dall'abbraccio di Colin e mi misi a sedere.

Sul comodino giaceva la chiave con la catenella. La presi, osservarla. Avrei dovuto controllarlo. Un'ultima volta.

Aprii il cassetto. La luce del diamante mi illuminò il viso e sorrisi. Era ancora lì e nessuno sospettava che fosse lì.

<<Che stai facendo?>>. La voce assonnata di Colin, mi fece chiudere di scatto il cassetto. Mi voltai verso di lui. Che si fosse accorto di qualcosa?

<<Avril...>>. Mi guardò negli occhi. <<Altri segreti? Per favore, non potevi aspettare almeno domani?>>. Si mise a sedere, continuando a fissarmi <<Che hai fatto?>> mi chiese, serio.

<<Niente>> mentii, nascondendo la chiave dietro la schiena.

Colin si alzò, lanciando un'occhiata la cassetto.

<<NO!>> gridai, coprendo il comodino con il mio corpo. Lui mi guardò come se fossi un ostacolo. E se si fosse accorto che si trattava proprio del diamante?

<<Avril, che mi stai nascondendo?>> chiese, con aria di rimprovero.

<<Colin, ti prego>> lo supplicai. No, non era possibile che anche lui lo volesse, dovevo già nasconderlo da troppe persone. Lui era quello a cui avevo appena tolto l'etichetta di traditore. Io lo amavo, non volevo nascondergli qualcosa.

<<Che cosa c'è in quel cassetto?>> mi domandò, quasi arrabbiato.

Perché lo avevo aperto? Perché lo avevo fatto? Perché non mi ero comportata da persona responsabile? Perché non potevo essermene tornata a dormire tranquillamente?

Colin mi scostò bruscamente di lato, facendomi cadere sul pavimento. Ci misi un po' a tornare in me, ma quando lo feci era troppo tardi. Colin aveva già aperto il cassetto e osservava sorpreso il diamante bianco. Il mondo si fermò. Colin Murphy aveva scoperto la posizione del diamante. Aveva scoperto che ero stata io a nasconderlo fino a quel momento.

<<Ce l'hai sempre avuto tu>> constatò, rivolgendomi un'occhiata incredula. <<E lo hai tenuto nascosto a Wilson fino adesso?>>

Mi alzai, lentamente, e, con mia grande sorpresa, vidi Colin richiudere il cassetto.

<<Tu... non sei tentato?>> domandai sorpresa. <<Non vuoi... prenderlo?>>

Colin si avvicinò a me, prendendomi tra le braccia. <<Certo che no>> sussurrò. <<E scusami per averti spinto>>.

Io... io non ci potevo credere. Colin Murphy non voleva il diamante, era dalla nostra parte e mi amava.

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