Quando rientrai nella base, mi sentivo meglio. Parlare con Amelia mi aveva fatto bene.Ma ora dovevo affrontare un'altra questione. Dovevo convincere Wright a farmi partecipare. E magari fare i conti con Colin, dato che mi aveva sbattuta contro il muro e aveva cercato di prendermi la chiave che non avevo nemmeno e che mi era stata sottratta davanti ai suoi occhi. Non c'era spiegazione al fatto che lui non se ne ricordasse.
Raggiunsi la sala riunioni, senza troppi indugi, ed entrai.
La stanza era in disordine, sembrava che un ladro fosse entrato cercando qualcosa. Dei documenti erano sparpagliati ovunque, un po' sul tavolo un po' per terra; e, tra di esse, giacevano fogli con degli schemi di attacco e alcune armi, come pistole di ogni tipo.
In fondo alla stanza, Wright e una donna discutevano animatamente, mentre Rose e Cara Murphy cercavano di ignorarle, mettendo a posto quel disordine.
Sembrava che il dibattito molto accesso tra Wright e la donna durasse da un bel po', ma non me ne importava minimante.
Mi feci strada, guadagnandomi le occhiate stupite di Wright e, successivamente, quelle della donna.
<<Che sta succedendo?>> chiesi, inarcando un sopracciglio e piazzandomi tra le due, quasi fossero delle bambine che litigavano per una caramella.
Wright aprì la bocca per rispondere, ma la donna l'anticipò. <<Sono Wendy Webb>>. Mi porse la mano ed io gliela strinsi. Non capivo ancora cosa stesse succedendo lì.
<<Sono un'insegnante della scuola>> continuò la donna. La sua presa era salda, come se volesse scaraventarmi a terra da un momento all'altro.
Mi lasciò la mano, poi mi guardò ancora. Il suo sguardo penetrante mi perseguitava.
<<Dovremmo andare>> disse Colin, impaziente, sulla soglia. Mi accorsi solo in quel momento della sua presenza. M'irrigidii.
Wright lo fulminò con lo sguardo, ma non disse nulla. Si voltò verso di me. <<Ti abbiamo cercato, Johnson>> mi disse, seria.
Certo, pensai, ma non dissi nulla. Lei era persino felice del fatto che me ne fossi andata.
Lanciai un'occhiata fugace a Rose, che, però, fece finta di non avermi vista. Voleva rimanerne fuori.
Mi girai verso Colin, cercando di decifrare il suo sguardo. Non capivo cosa gli prendesse, da quando si era comportato in modo così strano. Avevo una teoria, ma era pura fantascienza.
Incontrai il suo sguardo. Quegli occhi che non gli appartenevano. No, non erano i suoi.
<<Andiamo dove?>> chiesi, dopo infiniti minuti.
Miss Webb mi lanciò un'occhiata. <<Ma non glielo avete detto, miss Wright?>> rispose, con altra domanda. No che quella bastarda non me l'aveva detto, era troppo impegnata con il suo giochetto da bambini, ovvero escludermi e lasciarmi all'oscuro di tutto.
Miss Webb continuò a fissare insistentemente Wright, fino a che lei non incrociò le braccia al petto e sbuffò. Con quella smorfia così infantile e fastidiosa.
<<Andiamo nella stazione spaziale di Ives>> spiegò miss Webb.
Non avevo mai sentito parlare di quel posto. Bell e Anderson non avevano mai accennato ad alcuna stazione spaziale.
Non feci domande, un po' per la poca collaborazione di Wright, un po' perché sembravo una deficiente.
<<Be', non partiremo ora>> disse Wright. <<C'è ancora molto da fare. Wilson ci sorveglia>>.
In quel momento, non so bene per cosa, esplosi. Sentivo le emozioni rinchiuse dentro di me che uscivano a getto, come a voler aggredire Wright.
<<Wilson non può sorvegliarci!>> gridai. <<Sarah Smith era la traditrice, ora l'abbiamo catturata e non può più passare le informazioni! Come diavolo fa Wilson a sapere dove siamo?!>>.
Lei subito si protese in avanti, rispondendo con un altro grido. <<Non lo so, ma allora mi spieghi come ci ha trovati? Come ha rintracciato casa tua, la base e continua a seguirci?!>> rispose di getto, dopo di che, si calmò, sotto lo sguardo attento di Wendy Webb. Wright fece alcuni passi indietro, voltandosi.
<<Vattene, Johnson, fammi il piacere di andartene>> mormorò minacciosa, senza guardarmi.
Io non dissi nulla. Alzai il mento e strinsi i pugni, dopo di che, mi resi conto che non c'era nulla da fare. Non mi voleva lì. Il mio ruolo nella storia era giunto al termine. La rabbia si annidò dentro di me, la consapevolezza di non poter far nulla per salvare il mio mondo, di non aver guadagnato nulla da quell'esperienza. Di non avere più i miei amici, Colin, la nonna e i miei genitori. Non sapevo quale destino sarebbe toccato loro.
E se la base avesse fallito?
Scacciai a malincuore quei pensieri girai sui tacchi, ritornando sui miei passi. Non c'era più niente da fare ormai.
Dove sarei andata?, mi chiedevo, senza darmi una risposta.
Il mio appartamento era caduto nell'oblio, una voragine nera che l'aveva inghiottito, risucchiandolo per sempre nel silenzio della solitudine.
Camminavo lentamente, senza vedere dove andavo. Sapevo solo che dopo aver varcato quella porta, la missione non mi sarebbe più appartenuta. E pensare che solo qualche giorno prima avrei desiderato di non dovermi più preoccupare di Wilson e il resto dei problemi.
Non era questo che intendevo.
La cosa peggiore era che stavo lasciando il destino dei miei cari in mano a delle forze che non immaginavo. Non sapevo nulla in realtà sulla base. Non sapevo cosa erano capaci di fare.
Superai Cara Murphy e raggiunsi Rose, che salutai con un cenno del capo. Lei alzò la testa e mi guardò. Un'ultima volta.
Feci un altro passo, ma una mano mi afferrò il braccio. Mi voltai, trovando il viso dispiaciuto di Rose ad aspettarmi. Le sue labbra si schiusero e ne uscì un suono debole, quasi inudibile. <<Aspetta>>.
Si guardò un attimo intorno, poi mi passò qualcosa di piccolo.
<<Prendilo e non guardarlo>> mi sussurrò. Lo presi, senza abbassare lo sguardo. Era freddo e rotondo.
<<In fondo al corridoio un'ultima porta a sinistra>> bisbigliò ancora Rose. Rimasi con un'espressione perplessa, ma annuii. Lei mi lasciò andare e io ricominciai a camminare.
Lanciai un'occhiata a Colin, prima di varcare la soglia.
Era tutto finito.
Mi allontanai un po', camminando guardinga davanti agli altri agenti segreti. Appoggiai la schiena contro una parete e aprii il pugno. Rimasi a bocca aperta davanti al piccolo dischetto di metallo che mi ritrovai a fissare. Non ci potevo credere.
Era un piccolo dischetto, dal diametro di circa tre centimetri, di ottone, con dei taglietti sui lati che lo rendevano inimitabile e unico. Era una chiave. Sapevo che solo una cosa importante sarebbe stata chiusa con una serratura del genere e ciò mi faceva sentire ottimista. Rose era ancora dalla mia parte.
Ma allora, cosa apriva la chiave...?

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Blood
Ação{COMPLETA} [Ma andrebbe revisionata] Avril Johnson, una ragazza ribelle, presuntuosa, ma intelligente, è un'agente segreto che lavora per Bell, Anderson e l'affascinante Colin Murphy. Quest'ultimo si è invaghito di lei a prima vista, ma Avril non ha...