Capitolo 31

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‹‹Accidenti!›› mormorai, a denti stretti. Andavo di male in peggio. La navicella spaziale era sparita, Cameron pure e non avevo idea di dove andare.

Quel dannato furgone se n'era andato, ma non potevo seguirlo, perché mi avrebbero vista subito, in più andava troppo veloce ed ero a piedi.

Ero sull'orlo di una crisi di nervi. Forse però stavo solo delirando per il sonno, la fame e la rabbia di non avere mai certezze.

Camminavo nervosamente avanti e indietro, senza sapere che fare. Il documento che avevo aperto pochi minuti prima era scritto tutto in codice e non riuscivo a decifrarlo.

Ero completamente fusa.

Più camminavo, più mi mettevo ansia da sola.

Ad un tratto mi lasciai cadere sui rifiuti e mi coprii il viso con le mani. Ero un disastro. Me ne stavo lì a gironzolare per una discarica, mentre i miei genitori e Colin erano nelle mani del destino. O, molto più probabilmente, di Wilson.

Mi massaggiai le tempie, sospirando.

Ce la potevo fare, dovevo solo ragionare.

Feci per prendere il foglio dalla tasca, ma, in quel momento, Cameron mi saltò addosso, atterandomi. Finimmo dietro un cumulo di spazzatura.

Feci per parlare, ma lui mi posò l'indice sulle labbra, intimandomi di tacere.

Rimasi in ascolto, sentendo dei passi oltre la collinetta. Trattenni il fiato e chiusi gli occhi.

‹‹Avril?››. Una voce conosciuta mi fece aprire gli occhi.

Mi ritrovai a fissare Wright e Patel. Quest'ultima teneva in mano una torcia e me la puntava giusto negli occhi, così non vedevo niente.

Cameron si alzò da me e aiutò anche me ad alzarmi in piedi.

Fissai Rose e Wright con aria interrogativa, ma vidi che Wright non era arrabbiata e mi insospettii.

‹‹Johnson, abbiamo una missione, non c'è tempo da perdere›› esordì lei, passandomi una pistola. Io la presi, perplessa, ma poi mi ricomposi.

‹‹C'è un piano?›› chiesi, alzando un sopracciglio.

Rose scosse il capo. ‹‹Purtroppo no››. Quando i suoi occhi tornarono a posarsi su di me, mi rivolse uno sguardo mortificato.

Io non dissi nulla, né diedi prova di aver capito. Voleva farsi perdonare, ma avevo già capito che potevo fidarmi di lei quando mi aveva dato la chiave.

Mi accorsi solo dopo delle occhiate sospettose che Wright riservava a Cameron. ‹‹Lui chi è?›› domandò, confusa.

Lui le porse la mano, prontamente. ‹‹Cameron Scott›› rispose, lanciando un'occhiata fugace a Rose. Anche lei ricambiò l'occhiata con un sorriso.

‹‹Allora come facciamo?›› chiesi, riportando l'attenzione su di me.

‹‹Andremo in città e chiederemo in giro se qualcuno ha visto Wilson›› disse Rose. ‹‹Insomma, uno come lui non può passare completamente inosservato››.

‹‹Ci dividiamo›› precisò Wright, che era rimasta stranamente zitta fino a quel momento. ‹‹Avril viene con me›› aggiunse, osservandomi con un sorrisetto maligno.

‹‹Ne è sicura?›› chiesi, ancora, alla donna alla quale avevo chiesto se avesse visto Wilson. Eravamo solo io e Wright. Rose e Cameron erano in un'altra parte della città.

La donna mi aveva risposto di aver visto alcuni uomini in giacca e cravatta con una maschera e, tra loro, un uomo senza, con i capelli neri e gli occhi azzurri.

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