Capitolo 26

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Mi avvicinai a Wright, appoggiandomi alla parete con la spalla, dato che mi aveva bloccato nell'angolo. <<Non lo elimineremo, ma basta coinvolgerlo nelle missioni>> stabilii. <<Ha già scoperto abbastanza>>. Mi liberai e tornai in sala riunioni, tenendo gli occhi fissi su Colin. Lui ricambiò lo sguardo di sfida. Era una... provocazione?

Distolsi lo sguardo e puntai gli occhi azzurri in quelli castani di Rose. Era impossibile non trovarla adorabile e innocente, ma ricordai a me stessa che non potevo fidarmi di lei. Mi risultò difficile. Con me era sempre stata gentile.

<<Come si procede?>> chiesi, risvegliandomi da sola dal mio stato di trance. Wright mi passò accanto, tirandomi una spallata. Affiancò Rose e mi riservò un'occhiata provocatoria. Inspirai silenziosamente, cercando di tenere le emozioni dentro. La missione, adesso importava solo questo.

Wright inarcò un sopracciglio. <<Prenderemo anche noi una navicella>> disse, con quell'aria di superiorità. Voleva provocarmi per poi sbattermi fuori. Dovevo finirla di essere così suscettibile.

<<Ok>> risposi solamente. Dovevo rimanere calma. <<Allora andiamo>>. Feci per voltarmi, ma la voce di Wright mi fece bloccare. <<Non ora>>. Incontrai il suo sguardo, inspirando.  

<<Prima dobbiamo escogitare un piano per passare inosservati>>  continuò. Mi irrigidii. Ma che cosa c'era da escogitare? Tanto Wilson ci controllava.

Ma non dissi niente. Oppormi avrebbe fatto firmare la mia condanna a morte.

<<Va bene, da dove cominciamo?>> domandai, ormai rassegnata. Mi avevano in pugno, avrei fatto qualsiasi cosa per rimanere lì.

Wright mi si avvicinò, incrociando le braccia al petto. <<Tu non partecipi>> disse. <<Scusa, Avril, ma dobbiamo fare in modo che meno persone possibili sappiano il piano>>.

<<Ma...!>> tentai di ribattere, ma mi bloccai. Mi stava tagliando fuori, mi mandava via. Non gli servivo più. In realtà non gli ero mai servita veramente. Ero solo stata un peso inutile, per tutto il tempo.

Lanciai un'occhiata prima a Rose, poi a Cara Murphy, senza ottenerne niente. MI guardarono con aria mortificata, senza dire niente. Ancora quello sguardo compassionevole che mi faceva andare in bestia. Perché la gente nel momento del bisogno diceva solo "mi dispiace" e poi si tirava indietro? Sempre.

Inspirai, ancora, e girai sui tacchi, muovendomi a lasciare la stanza. Se loro non avevano bisogno di me, allora anch'io non avevo bisogno di loro.

Mi avviai per i corridoi della base. La gente sembrava non notarmi nemmeno. Camminavo a passo svelto, sapevo dove volevo andare. Raggiunsi la stanza della mia prigionia e frugai tra i vestiti che avevo ficcato in una valigia. Recuperai la mia uniforme e la indossai. Vedevo ancora l'alone di sangue sul tessuto.

Fatto ciò, non avevo idea di cos'altro fare. Niente mi avrebbe permesso di partecipare al famoso piano di Wright, così decisi che sarei uscita a schiarirmi le idee. Avevo solo bisogno di staccare per un po'.

Non conoscevo bene la strada per uscire, da quella stanza, così scesi nella base.

Ero quasi all'ascensore, quando sentii dei passi alle mie spalle. Mi voltai lentamente e subito mi ritrovai incollata al muro, i polsi bloccati sopra la testa. Mi ricordò quando Petrov mi aveva bloccato contro il muro della locanda. Rabbrividii.

<<Cosa credi di fare?>> chiesi, cercando di sembrare impassibile.

Colin mi scrutò con quegli occhi che non sembravano i suoi, ma non disse nulla. Mi accarezzò il collo, scostandomi l'uniforme nera. Mi dimenai, senza riuscire a fuggire. <<Non mi toccare!>> gridai, cercando di spingerlo via.

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