Capitolo 13

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Aprii gli occhi e mi resi conto di essere sveglia. La luce che filtrava dalla finestra doveva esserne stata la responsabile.

Mi girai sul fianco e osservai Colin, che stava ancora dormendo. Sorrisi e gli spostai un ricciolo castano dalla fronte e, così facendo, svegliandolo. Si mise comodo e mi guardò negli occhi con un sorriso sghembo sulle labbra. <<Buongiorno, principessa>> disse, in tono pacato.

<<No, niente soprannomi come "amore", "tesoro" o "principessa">> stabilii, seccata. <<Solo "Avril", in casi estremi "miss Johnson">>.

<<Quindi adesso... stiamo insieme?>> domandò, quasi intimorito. Io annuii. <<Sì, più o meno>>. Mi misi a sedere, portandomi il lenzuolo al petto per coprirmi.

<<Che vuole "più o meno"?>> chiese lui, ridendo.

Il mio sorriso si spense. Non era uno scherzo. <<Significa che sarà per un breve periodo>> mormorò. <<Se anche riusciremo a sconfiggere Wilson, ci sarà un prezzo da pagare>>. I miei occhi si fecero lucidi. Ed io sarò la prima a pagare.

Mi voltai verso Colin, che si era fatto serio. <<Non permetterò che ti uccidano, Avril>>. Si mise a sedere pure lui. Mi prese la testa tra le mani e appoggiò la fronte contro la mia. <<Non ti porteranno mai via da me.>>

Un ricordo lontanissimo mi tornò in mente.

<<Non ti porteranno mai via da me>> disse, osservandomi. Io non staccai gli occhi dal cielo. Quel posto, sul tetto del condominio in cui abitavo, era il nostro posto. Io mi voltai verso di lui. <<Sono un agente segreto, prima o poi, andrò, che ne so, in America, Australia... Cose così>> dissi.

<<Allora io ti seguirò, Avril>> mi promise. Una delle tante promesse che mi aveva fatto senza mantenerle. <<Ovunque>> specificò.

<<Non ci riuscirai>> dissi, di punto in bianco, con tono freddo. Colin aggrottò le sopracciglia.

<<Non ci riuscirai come non ci è riuscito lui>>. Mi alzai di scatto e iniziai a rivestirmi. Colin mi seguì. <<Che cosa stai dicendo, Avril?>>.
I miei occhi si riempirono di lacrime e fui costretta a spingerlo via. Doveva lasciarmi in pace, lui non poteva capire.
Uscii dalla stanza, mentre ancora mi abbottonavo la camicia. Corsi, ma Colin mi raggiunse. <<Avril, che succede?>> chiese, smarrito. E doveva rimanere tale.

<<Lasciami sola, Colin>>. Lo fissai per un secondo, lo sguardo spento, privo di ogni emozione. Lui mi lasciò andare, paralizzato. Neanch'io volevo lasciarlo così, ma avevo bisogno di stare da sola.

Uscii dall'appartamento e salii le scale fino al tetto. Mi sedetti sul parapetto e guardai giù. La città di Londra continuava tranquillamente senza di me e così sarebbe continuato ad essere. Non avrebbero mai saputo chi li aveva salvati dalla tirannia di Wilson. Sempre se ci fossimo riusciti.

Ripensai a lui un secondo e scoppiai a piangere. Mi mancava, avevo bisogno di lui nei momenti più difficili. Quello era il nostro posto. L'ultima volta che l'avevo visto avevo quindici anni, il giorno che mi aveva detto che se ne sarebbe andato. Quel giorno mi aveva detto che era finita, non potevamo più stare insieme e, per non farmi soffrire, sarebbe partito quel giorno stesso. Sarebbe andato a New York e poi chissà.

Non l'avevo più rivisto e non sapevo dove l'avrei trovato. E francamente non m'interessava. Lui era uscito dalla mia vita e mai più sarebbe tornato.

<<Che cosa c'è che non va?>>. Una voce mi fece voltare.

<<Colin>> constatai. Lo sapevo che mi avrebbe seguita, ma non volevo che lui mi vedesse in quel momento. <<Va' via>> gli dissi.

<<No>> rispose fermamente lui, avvicinandosi. Mi osservò, così io distolsi lo sguardo, continuando a guardare Londra. Era una città enorme, chissà quanto lo era New York. Chissà se lui era ancora lì.

<<Avril, che succede?>> mi domandò, preoccupato. Io mi voltai verso di lui, asciugandomi le lacrime. <<Non capiresti>>.

Mi abbracciò ed io ricominciai a piangere. <<Che cos'hai, Johnson?>>.

<<L'aveva detto anche lui>> dissi, la voce rotta dai singhiozzi.

<<Chi?>>.

<<Cameron Scott>>. Alzai la testa e lo fissai negli occhi. <<Anche lui aveva detto che non mi avrebbero portata via da lui. Invece, è stato lui ad andarsene>>.

<<Chi è Cameron Scott?>> chiese Colin, ancora smarrito. Contrassi la mascella. <<Il mio ex ragazzo.>>

Colin non rispose, rimase in silenzio per parecchi secondi. <<Non mi avevi detto di aver già avuto un ragazzo>>.

<<Lui... era molto diverso>> sussurrai, senza riuscire a guardarlo. <<Non c'è mai stato nulla di serio tra noi. Era più che altro un migliore amico, dato che entrambi odiavamo gli appuntamenti e poi c'era il problema che io ero già un'agente segreto. Se non ci fossimo baciati sarebbe rimasto semplicemente un migliore amico.>> Aspettai una sua reazione che non tardò ad arrivare: <<Quanti anni avevi?>> mi chiese Colin, assottigliando le palpebre.

<<Quindici>> risposi. Lui deglutì. <<Ah>>.

<<Te l'ho detto che non era nulla di serio>>. Riportai lo sguardo su di lui. <<Lui non è importante come te... Tutto quello che ho, te lo darò, anche il mio cuore. Sei nella mia mente, Colin Murphy>>.

Le sue labbra si scontrarono con le mie. Mi prese tra le braccia, facendomi scendere dal parapetto.

<<Ti darò tutto, perché sono tua>> mormorai, tra un bacio e l'altro. <<Se anche tu mi vuoi, dimmelo. Dimmi che anche tu mi vuoi>>.

<<Ti voglio, Avril Johnson>>. Le sue mani scivolarono sui miei fianchi, attirandomi ancora di più a sé. Le nostre lingue si intrecciarono, le guance divennero roventi, le sue labbra contro le mie. Non sentivo nient'altro, solo il richiamo del mio cuore. Che lo voleva. Che voleva Colin.

Quel bacio non doveva finire più, io ero sua e lui era mio. Sentivo tutto e niente. L'aria fredda che prometteva pioggia non esisteva, i rumori del traffico erano muti. Esistevamo solo noi. Io e lui. E niente, nemmeno Wilson, questa volta mi avrebbe portato via ciò che amavo.

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