Capitolo 18

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<<Mi sento una troia>> ammisi, fissando il mio riflesso nello specchio. Mi osservavo disgustata da un po' di tempo. In realtà non mi dispiaceva il mio aspetto, ma il fatto che avrei dovuto usarlo per provarci con uno dell'organizzazione di Wilson, mi faceva rabbrividire.

Rose mi sorrise. <<No, stai benissimo>>. Mi sistemò per la quindicesima volta il trucco chiaro e appena accennato, che mi dava un aria innocente, quasi adorabile. Quasi.

Il vestito che indossavo era bianco e, anche se non era quello rosa che mi ero categoricamente rifiutata di indossare, mi faceva sentire comunque un confetto. Il tessuto lucido era scollato sulla schiena, per fortuna. Odiavo solo il pensiero di dovermi mettere in mostra.

Era corto, mi arrivava a metà coscia, e metteva in mostra i miei fianchi.

<<Come si chiama quello con cui dovrò fare la puttana?>> chiesi, svogliata.

<<Dimitrij Petrov>> rispose Rose, mentre si metteva un rossetto rosso sangue.

<<È russo>> constatai. <<Mi spieghi perché ti sei presentata come HomeSlice, prima?>>.

<<Tutti nella nostra base abbiamo dei nomi in codice. Il mio fa schifo però>>. Fece una smorfia ripensando al fatto che il suo nome in codice fosse casalinga.

<<Qual è il vero nome di Cut-Throat?>> domandai.

<<Sarah Smith>> rispose lei, alzandosi.

La porta si schiuse e Sarah infilò la testa nella stanza. <<Sono arrivati>>. Poi chiuse la porta e la sentimmo allontanarsi.

Feci una smorfia e mi alzai, lanciando un'ultima occhiata allo specchio. Quasi adorabile.

Percorsi il corridoio, cercando di reggermi sui tacchi color crema che Rose mi aveva fatto indossare. Non era poi difficile camminare sui tacchi, ma il vero problema era che erano scomodi. La suola era dura come un mattone.

Rose intanto mi seguiva. Anche lei si era agghindata come me, ma non capivo perché lei aveva il permesso di mettere un vestito nero ed io no. Dovevo ammettere che però lei riusciva sempre ad apparire adorabile.

Quando tornammo nella stanza principale della locanda, notai subito gli uomini in giacca e cravatta che stavano seduti al bancone.

Mi chiedevo cosa avrebbe detto Wilson se avesse scoperto che alcuni dei suoi frequentavano locali del genere.

Mi avvicinai a Rose e bisbigliai: <<Qual è?>>.
Lei li guardò un secondo, poi sussurrò: <<Quello con i capelli neri e gli occhi scuri. Quello a destra>>. Io seguii il suo sguardo.

Dimitrij Petrov era un uomo giovane, forse aveva l'età di Colin, i capelli corvini e gli occhi neri, di quelli che mi facevano impazzire. Cercai di non badare alla somiglianza con quelli di Colin e mi avvicinai lentamente.

Non avevo la più pallida idea di cosa dovessi dire, ma continuai a camminare. Nessuno mi notò. Arrivai dietro Dimitrij Petrov e mi schiarii la voce, richiamando la sua attenzione. Lui si voltò e mi osservò, compiaciuto.

<<Salve>> dissi, facendo finta di non averlo notato. Mi sentivo una deficiente.

<<Salve>> ribatté lui, mentre il suo sguardo si posava sulle mie gambe. Un sorrisetto gli spuntò sulle labbra. Aveva un forte accento straniero, si vedeva che non era inglese.

<<Posso sapere il vostro nome, bella signorina?>>. Il suo sguardo penetrante incontrò il mio glaciale.

Mi sforzai di sorridere. <<Ellen... Murphy>> inventai al momento.

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