Capitolo 9

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Amelia non mi rivolse la parola per tutto il viaggio di ritorno. Era ancora arrabbiata con me per il bacio con Colin. Anche a me dispiaceva, ma sapevo di aver fatto la cosa giusta, una volta tanto. Amy non si muoveva, nell'auto nera che mi avrebbe portata a casa e avrebbe poi portato lei alla base, insieme al teletrasportatore. Si era spostata il più in là possibile per starmi lontana, come se fossi un disgustoso insetto, e non la biasimavo. Mi sentivo esattamente così.

Respiravo a fatica, l'aria sembrava densa. Era tesa. Avevo perso per sempre Amy. Non mi avrebbe mai più rivolto la parola. Cercai di guardare fuori dal finestrino, ma lo sguardo mi cadeva sempre su di lei. Avevo paura di perderla. Noi eravamo uguali, saremmo state buone amiche se solo non avesse visto ciò che aveva visto, le avrei spiegato che io amavo Colin e se ne sarebbe fatta una ragione.

Era una bella ragazza, intelligente, avrebbe trovato presto qualcuno in grado di sostituirmi.

Speravo di sì, lei era mia amica, volevo solo il meglio per lei.

Quando l'auto nera si fermò davanti a casa mia, mi voltai un'ultima volta verso Amy, ma non dissi nulla. Non sapevo cosa dirle.

Lei non si girò nemmeno per guardarmi, allora aprii la portiera e scesi. <<Ciao>> le dissi, con un gesto della mano. Lei non mi badò, inspirò profondamente, come se si stesse trattenendo nel strozzarmi.

Non riuscii a dire nient'altro, così chiusi la portiera. Stavo per girarmi e raggiungere casa mia, quando il finestrino del conducente si aprì. Riconobbi la ragazza che avevo incontrato quel primo giorno alla base. Quella vestita per andare al Polo Nord. Solo che, questa volta, anche lei portava l'uniforme della scuola.

<<Che hai combinato, Johnson?>> mi domandò, mentre i suoi occhioni scuri mi scrutavano attentamente.

Io sospirai. <<L'ho fatta arrabbiare. Non potrò mai scusarmi abbastanza per quello che ha visto>> spiegai, fissandola a mia volta. Mi era stranamente familiare. <<Scusami, ma non ricordo il tuo nome.>>

Lei abbozzò un sorriso malizioso. <<Murphy>> disse. <<Cara Murphy>>. Osservò soddisfatta la mia espressione incredula e chiuse il finestrino. Mi fece un cenno di saluto con la testa, prima di partire a tutto gas.

Non ci potevo credere. Avevo appena visto la sorella scomparsa.

Quando mi svegliai era mattina inoltrata. Uscii dalla mia stanza e trovai la nonna che stava per uscire. Aveva appena agguantato la sua borsa, quando si accorse di me. <<Avril! Finalmente ti sei svegliata, stavo per uscire... ti avevo lasciato un biglietto.>> Mi indicò il frigo, che raggiunsi subito e staccai il bigliettino che c'era sopra. Mi fermai un secondo a leggere. <<Che significa questo?>> le chiesi arrabbiata, sventolandole il biglietto davanti alla faccia. 

Parto per Oxford, se mi va bene mi assumeranno come insegnate universitaria e ci trasferiremo lì. Baci, la Nonna.😉

<<Cos'era tutto quel discorso sul fatto che non posso vivere da sola, ho bisogno di prendere il diploma e altre stupidaggini varie?>> continuai, inferocita.

Lei socchiuse gli occhi, osservandomi severa. <<Pensavo non vedessi l'ora che me ne andassi>>.

Io mi trovai spiazzata. Aprii la bocca più volte prima di parlare. <<Questo potrebbe mettere a repentaglio tutta la mia vita, proprio quando ero riuscita a risollevarla>> risposi fredda, senza tradire nessuna emozione, come avevo fatto spesso con Colin. Non era solo per questo e lo sapevo bene, ma non volli farlo notare alla nonna.

La nonna rimase sgomenta dalla mia risposta. <<Pensavo fossi cambiata>> disse, con sguardo truce. <<Invece mi sono sbagliata, sei la solita ragazza insensibile>>. Detto ciò, si caricò il borsone in spalla e uscì, sbattendo la porta.

Mi avvicinai alla porta. Sarebbe tornata, lo sapevo. Però non successe. I secondi si succedevano velocemente, senza che la nonna aprisse la porta, per permettermi di scusarmi, per dirle che le volevo bene. Aspettai e aspettai. Appoggiai la fronte contro la superfice della porta e le assestai un pugno, incavolata con me stessa. Ora sì che l'avevo fatta grossa.

Poi ebbi un colpo di genio. Mi fiondai alla finestra, ma era troppo tardi, la nonna stava per salire su un taxi. Aprii in fretta la finestra, consapevole che il mio piano fosse andato a farsi benedire. <<NONNA!>> gridai, più forte che potessi. Non me ne fregava dei vicini, della buona educazione. Per fortuna, lei si accorse di me e si girò.

<<NONNA, MI DISPIACE! TI VOGLIO BENE!>> urlai, perché potesse sentirmi. <<NON VOLEVO CHE TU SAPESSI CHE LA VERITÀ ERA CHE MI SARESTI MANCATA, VOLEVO SEMBRARE FORTE!>>.

Lei sorrise, salutandomi con la mano. <<Non importa, tesoro>> disse. <<Anch'io ti voglio bene>>. Il tassista nel frattempo suonò il clacson, stufo di aspettare, e la nonna salì sul veicolo.

Per la prima volta, da quando era cominciato tutto quel casino, ero di nuovo felice. Sorrisi, osservando il taxi che si allontanava, verso Heathrow.

Ora capivo: dovevo sistemare i casini che avevo combinato per sentirmi di nuovo così.

Appena entrai nella base segreta, ricevetti occhiate riconoscenti da tutti, che ricambiai. Il mondo mi stava sorridendo una volta tanto, dovevo soltanto ricambiare. Una volta chiarito con Amy sarebbe andato tutto per il meglio.

Raggiunsi la sala riunioni, dove trovai Wright e Rose. Rose mi corse subito in contro e mi saltò addosso, invece, Wright mi sorrise da lontano.

<<Sei veramente l'agente segreta migliore del mondo!>> mi disse Rose, stringendomi fino ad impedirmi di respirare.

Wright rise. <<Detto da te suona così patetico,>> sospirò. <<Ma hai proprio ragione>>.

Si avvicinò a me e Rose si staccò da me. Wright mi strinse la mano. <<Ottimo lavoro, Johnson>>. Anch'io sorrisi. Quel posto mi faceva sentire a casa, le persone che c'erano erano meravigliose.

Wright si voltò verso la porta. <<Andiamo>>. Rose fu la prima a scattare dopo quell'invito. Si fiondò fuori dalla porta, correndo per il corridoio.

Lanciai un'occhiata a Wright. <<Dove andiamo?>>.

Lei abbozzò un sorriso malefico. <<Ora che abbiamo il teletrasportatore ,possiamo prendere Wilson>> mi spiegò. <<Destinazione Winona, un pianeta dopo plutone.>>

<<E Amy?>> chiesi, pensando che fosse una domanda innocente. <<Non viene anche lei?>>.

Wright si voltò verso di me, l'aria dispiaciuta. <<Avril...>>. Per la prima volta mi chiamò per nome, e capii che si trattava di una cosa seria. <<Cosa è successo?>> domandai, seria.

<<Lei... lei ha lasciato la base>>.

Il mondo mi cadde addosso. Non era vero che il mondo mi sorrideva, né quel giorno né altri giorni. Amelia Gilles se n'era andata per colpa mia. Tutta colpa mia.

Wright osservò il vuoto nei miei occhi. <<Avril, era già da mesi che progettava questo trasferimento. Voleva convincere il direttore dell'altra base nella lotta contro Wilson, sapeva che loro non erano ancora stati corrotti.>> Frugò nelle tasche dell'uniforme e ne tirò fuori un biglietto. <<Questo è per te. Me l'ha dato dicendomi che ti sarebbe servito per contattarla.>>

Presi il biglietto. Non c'era scritto nulla, a parte un numero di telefono. Annuii, in silenzio. <<Va bene. Grazie. Adesso andiamo, Rose sarà già arrivata>>. Risi, cercando di convincerla che ero divertita. Wright si unì a me, ma non completamente convinta.

Percorremmo il corridoio. Io non osai osservare nessuno, ma ogni tanto sentivo lo sguardo di Wright su di me. Improvvisamente la mia felicità era sparita. Era bastata una sola, misera frase.

Arrivammo alla piattaforma del teletrasporto, dove Rose ci stava già aspettando. Era stranamente identica a quella di Bell ed Anderson.

Alla postazione c'era la ragazza dai capelli rossi che avevo visto quel giorno insieme a Cara Murphy. Adesso che ci pensavo avrei dovuto parlare con Colin del fatto che avessi trovato sua sorella.

Sì, parlare con lui mi avrebbe sicuramente distratto da tutta quella faccenda con Amy.

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